Nella meravigliosa cornice del centro storico di Palermo, precisamente nel complesso del centro sociale Anomalia, giovedì si è svolto un incontro a porte aperte in occasione della presentazione ufficiale del nuovo libro di Renato Curcio dal titolo "La società artificiale – Miti e derive dell'impero virtuale".
Si ritiene necessario un breve ma dettagliato "excursus" per comprendere chi sia l'autore del libro. La figura di Renato Curcio è indissolubilmente legata alla cronaca italiana del ventennio che dalla fine degli anni sessanta fino agli albori degli ottanta ha caratterizzato un lungo, doloroso e turbolento periodo storico in cui movimenti extraparlamentari di estrema sinistra nati dalle ceneri della rivoluzione studentesca si convinsero della necessità di intraprendere una lotta armata tesa a sovvertire lo Stato italiano ritenuto politicamente baluardo di un capitalismo che sfruttava e umiliava la classe proletaria. Tra i fondatori delle Brigate Rosse, Renato Curcio, nato a Monterotondo nel 1941, dette vita ad uno dei principali e longevi gruppi di lotta armata che gli storici chiamarono "gli anni di piombo" che sconvolsero gli equilibri sociali e politici di una Italia stretta in una morsa sovversiva dalla quale non fu facile liberarsi. Nel 1974 Curcio fu arrestato e nonostante una sua clamorosa evasione fu riacciuffato e condannato a 28 anni di reclusione. Non avendo mai ucciso nessuno e non essendosi mai dissociato dal gruppo terroristico, Curcio sollevò aspre critiche e proclamò la fine delle BR scontando la sua pena ed uscendo dal carcere con 4 anni di anticipo ma avendo trascorso 12 dei 28 anni in regime di carcere duro.
Dal 1998 ad oggi Renato Curcio ha aperto gli occhi al suo nuovo futuro fatto di nuove tecnologie e nuove forme di socialità che lo hanno indotto e ispirato nella sana scrittura di ricerche e saggi raccolti in vari libri stampati e distribuiti dalla sua nuova casa editoriale dal nome "Sensibili alle foglie". Preziose "socio analisi" che trattano temi di grande spessore come l'ultimo libro che traccia una precisa e dotta visione delle nuove tecnologie digitali, della loro repentina diffusione e dell'inevitabile "controindicazione" che tende a disumanizzare e in certe forme ad umiliare l'uomo rendendolo soggetto succube, manovrato e manipolato nella cieca rincorsa di profitti ottenuti dal controllo delle nostre abitudini, preferenze e scelte divenute informazioni e dati indispensabili per le multinazionali ossessionate da guadagni sempre più facili grazie a pubblciità mirate. L'attenta e sapiente socio analisi di Curcio porta ad affermare con estrema chiarezza che progresso sociale e implementazione tecnologica non sono assolutamente la stessa cosa. Il modo di pensare del 900 nelle analisi delle aree anarchiche e marxiste ritenevano infatti che il progresso della società era direttamente favorito dall'evoluzione delle teconologie della produzione e tale giovamento avrebbe "accompagnato l'uomo verso nuovi spazi di progresso sociale con benefici estesi alla vita sociale, al lavoro all'arte e alla cultura.
Dalle parole dell'autore si intuisce con chiarezza quanto sia importante oggi prendere coscienza e consapevolezza delle trasformazioni sociali e delle implicazioni digitale che oramai sono parte integrante della nostra vita: "Possiamo oggi dire con assoluta certezza, e lo dico in pieno rispetto di questo pensiero che mi è appartenuto in tutti questi anni, non è assolutamente vero che il progresso tecnologico, da oggi in poi, coincida con il progresso sociale. Da oggi in poi quello che noi vediamo, sperimentalmente sul campo come implementazione tecologica è solo un asservimento sempre maggiore della nostra vita sia "online" che "offline" e siccome noi non ce ne possiamo tirare fuori nè dall'una nè dall'altra allora ci dobbiamo porre il problema di come starci non in una modalità "tecnofoba" perchè non dobbiamo esserne ostili ma starci con l'intenzione ad istituire una cultura diversa, un immaginario diverso dell'uso delle teconolgie a fini sociali. Oggi potrebbe apparire molto improbabile e probabilmente lo resterà ma è importante che se ne parli anche nelle università. Accresciamo la nostra sensibilità a ciò che ci riguarda personalmente perchè tutto ciò ci mette in una condizione, non credo di esagerare, una nuova condizione di sudditanza dove il suddito oggi non fa più riferimento ad un totalitarismo di Stato come nel 900 ma ad un totalitarismo invisibile, globale e intrinseco assorbito dalle tecnologie di gestione della vita".
Paolino Canzoneri