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22/01/2018 10:00:00

L’elogio di Edoardo Alagna scritto da Nino Marino

di Leonardo Agate - Mi è capitato tra le mani, e l’ho letto, il libretto di Nino Marino, “Cinquant’anni prima – Cinquant’anni dopo. Elogio di Edoardo Alagna – Avvocato socialista”, Edizioni Il Vomere, 2015. Si tratta, come dice il titolo, dell’elogio del politico e avvocato Edoardo Alagna, che morì prematuramente durante una seduta del consiglio comunale il 15 maggio 1965, alle ore 21,40. Stava intervenendo, e gli mancarono le forze e la vita. Fosse vissuto ancora chissà quanto altro avrebbe potuto fare, data la sua capacità professionale e politica.

L’elogio, scritto da Nino Marino, è ben documentato. Commissionatogli dal figlio del defunto, on. Egidio, che ha fornito anche materiale all’autore, tratteggia in stile appassionato e aulico la figura di Edoardo Alagna, che ne esce limpida e veritiera.
Quando, però, l’autore lascia il personaggio per considerazioni storiche di carattere nazionale, allora è un altro paio di maniche. Riporta errori e superficialità, indotte probabilmente dalla sua fede politica
Secondo l’autore, quando si votò per il referendum istituzionale, nel 1946, il ministro dell’Interno Giuseppe Romita fronteggiò “le mene di Casa Savoia”, e “non fosse stato per Giuseppe Romita chissà cosa sarebbe successo.” Questo non è vero, perché il Re voleva soltanto differire il passaggio delle funzioni a De Gasperi, quando la Corte di Cassazione si sarebbe pronunciata definitivamente sull’esito referendario. Le pressioni per allontanare il Re si fecero più intense da parte degli ufficiosi vincitori del Referendum. Il sovrano cedette, per evitare ulteriori dilacerazioni nella nazione, e prese il volo per il Portogallo il 13 giugno, da Ciampino. La Cassazione proclamò ufficialmente l’esito referendario il 18 giugno. De Gasperi, che unilateralmente aveva assunto prima le funzioni di capo dello Stato, ne assunse tutti i poteri dopo la pronuncia della Cassazione. Li tenne fino al 28 giugno, quando l’Assemblea Costituente elesse il nuovo capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola.

La Cassazione non poté pronunciarsi prima perché i dati trasmessi dal Viminale non erano completi: vennero spediti i voti a favore e contro, ma non il numero delle schede bianche o nulle. Questo alimentò la polemica su possibili brogli.
Dopo la proclamazione della Repubblica, per alcuni anni si discusse di possibili brogli in occasione del referendum. Gli studiosi e gli storici analizzarono tutto quel che poterono, e giunsero alla conclusione che, se anche tutto fosse stato accertato di nuovo, e non fu più possibile perché molte schede elettorali erano state distrutte, avrebbe vinto sempre la Repubblica, ma con un margine di differenza notevolmente minore.