Pubblichiamo una scheda scritta da Petronilla Russo sul vescovo Antonio Lombardo, per cui si sta portando avanti la richiesta di intitolargli una via o una piazza a Marsala. Ecco chi era mons. Lombardo
Il vescovo Antonio Lombardo è il personaggio di cui i marsalesi dovrebbero andare fieri, se non altro perché donò alla città un patrimonio di inestimabile valore: otto arazzi fiamminghi che insieme formavano una camera, ossia insieme servivano ad arredare le pareti di un salone. Lo si deduce sia perché trattano episodi di un unico evento storico, la presa di Gerusalemme da parte dei romani, sia per la cimasa che li inquadra, uguale per tutti gli arazzi, sia dalle dimensioni che sono uguali in altezza e diverse in larghezza. Che trattino della presa di Gerusalemme lo dice lo stesso Lombardo nel suo atto di donazione redatto a Messina, presso il Notaio Padovano de Costa il 10 luglio 1589.
Per stili, temi e cimasa sono stati datati attorno al 1570, periodo aureo dell’arte arazziera fiamminga. Negli arazzi in esame c’è ricchezza di particolari e composizioni in un’unità equilibrata in cui le figure del primo piano si fondono bene con gli sfondi panoramici. Sembra che la tessitura si fondi con la pittura. Gli arazzi fiamminghi del XVI secolo lavorati a Bruxelles venivano sottoposti a rigidi controlli prima di immetterli sul mercato, con lo scopo anche di prevenire eventuali contraffazioni, così come prevedeva la legge del 15 aprile 1525. Dell’autenticità degli arazzi di cui discorriamo fa fede il marchio delle due “B” separate da uno scudo rosso, che si trova in cimosa orizzontale bassa, che stanno ad indicare la città di Bruxelles, nella regione di Brabant.
Per ulteriore garanzia, la legge prevedeva di riportare anche la sigla del direttore della bottega. Infatti nella cimosa verticale di destra, in basso, sono tessute un “T” sovrapposta ad una “C”, che rimandano a Cornelius Tons che operò a Bruxelles e Anversa nella seconda metà del XVI secolo. Sembra che posa essere un dono di Mons. Antonio Lombardo il trittico fiammingo, per alcuni mesi esposto nella pinacoteca di Marsala. Altri doni dello stesso prelato sono paramenti sacri in seta ricamati in oro, già catalogati dalla Soprintendenza per il loro valore artistico e culturale. Tutti questi oggetti saranno esposti nel realizzando museo della Matrice, nell’ex Chiesa del Collegio dei Gesuiti, di cui l’illustre prelato contribuì alla costruzione, costituendo un forte richiamo turistico e culturale, con positivi effetti sulla città e sugli abitanti.
Inoltre, nel 1561 mentre era arcidiacono della cattedrale di Agrigento, dotò l’abside dell’antica Chiesa Madre di un’icona marmorea in sostituzione di altra lignea già molto rovinata. L’icona dell’Assunta fu commissionata ad Antonio Gaggini nel 1561, che la consegnò nel 1567. Di essa oggi rimangono due pannelli e la statua principale a tutto tondo della Madonna, collocati in una cappella laterale della Chiesa Madre.
Antonio Lombardo è l’ottavo figlio dei coniugi Nicolò e Antonella de Vitali. Nacque a Marsala nel 1524 e visse 71 anni. Piccolo di statura, fu perspicace, intelligente e colto, con carattere forte e spiccata personalità. Dedicò la sua vita al sacerdozio. Nel 1547 prese gli ordini sacerdotali e ben presto si conquistò la stima del vescovo Girolamo II Termini che gli affidò subito l’incarico di Canonico della Cattedrale di Mazara, con la prebenda delle decime di Castelvetrano. Successivamente fu arciprete di Marsala. Nel 1550 fu inviato in Spagna per perorare uno sgravio fiscale per tutta la Valle di Mazara, vessata dalla corte spagnola da balzelli insostenibili. Oltre a raggiungere l’obiettivo, si guadagnò la stima dei Reali che lo insignirono di onorificenze e incarichi vari. Sorvolando sulle varie onorificenze, ci soffermiamo sugli incarichi. I più importanti sono: vescovo di Mazara nel 1572, vescovo di Agrigento per 6 anni dal 1579, e nel gennaio 1584 arcivescovo di Messina, dove resse la chiesa per 11 anni, fino alla morte avvenuta 1595. Un anno dopo la salma fu traslata a Marsala e inumata in un artistico sarcofago, eseguito probabilmente su disegno di Jacopo Del Duca, che in quegli anni lavorava a Messina, dopo un periodo di lavoro a Roma con Michelangelo. È in marmo bianco: sulla parte superiore sono scolpiti due angeli ai lati di una conchiglia che sostiene la mitra vescovile. Sovrastano il sarcofago, incassati nella parete, un mezzo busto del prelato e la lapide che ricorda le fasi salienti della sua vita. Il sarcofago trova posto nel transetto destro della chiesa madre, rinominato cappella della Purificazione di Maria e a tale scopo vi fu collocato un grande dipinto su questo tema che porta la firma di Antonio Riccio, voluto e realizzato da Mons. Antonio Lombardo nel 1593, mentre era arcivescovo di Messina, su copia di un capolavoro di Jeronimo Alibrandi. In questo dipinto si intravede, in basso a sinistra, un mezzobusto del committente con le mani giunte e il pallio al collo.
Questa volontà di ritornare, dopo morto, nella città natia sta a dimostrare che egli non dimenticò mai le sue origini. Anche noi non dovremo dimenticare un nostro benefattore, tanto illustre.