Carabinieri e vigili urbani hanno letteralmente cinturato, in un diametro di quasi un chilometro, l’intera area di contrada Ventrischi in cui, la sera del 31 maggio 2016, fu ferito a morte il maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi.
Per oltre due ore, l’intera zona è stata “blindata” per consentire l’udienza-sopralluogo della Corte d’assise di Trapani presieduta da Piero Grillo sul luogo del delitto. Neppure ai giornalisti è stato consentito di avvicinarsi.
“Spiacenti, ma una udienza a porte chiuse” è stato detto a un cronista arrivato quasi sul posto. E a maggiore distanza sono stati tenuti parenti e amici dell’imputato, il 46enne bracciante marsalese Nicolò Girgenti, che si sono presentati con cartelli sui quali era scritto: “E’ tutto un errore giudiziario”, “Indagate sui veri colpevoli”, “Nicolò è innocente”, “La verità verrà fuori”, “Libertà per Nicolò”.
Una protesta composta organizzata dall’ex moglie di Girgenti, Annalisa Marino (l’attuale compagna dell’imputato, Rosa Abate, pare preferisca mantenere un profilo basso), che al difensore Genny Pisciotta ha detto che nonostante siano trascorsi oltre 13 anni dalla fine del suo matrimonio lei lotta ugualmente per l’ex marito, sia perché lo crede innocente, che per tutelare i due figli. Il sopralluogo era stato disposto dalla Corte perché, nel corso del processo, il partinicese Francesco D’Arrigo, a cui Girgenti aveva ceduto la gestione delle serre circa tre mesi prima dell’omicidio, ha dichiarato che lui aveva chiuso dall’interno tutti i portelloni della serra con fili di ferro, uscendo poi dalla porta principale, che chiuse a chiave. Nell’ipotesi, dunque, perseguita dagli investigatori secondo cui Girgenti, insieme a qualcun altro, la sera del 31 maggio 2016, stesse rubando delle piante di marijuana (6 mila quelle scoperte nella serra) e vistosi scoperto dai carabinieri vi fece fuoco contro, i fili di ferro con cui erano stati chiusi i portelloni dovevano essere tranciati. Ma il sopralluogo, pare, non abbia sciolto tutti i dubbi. “Il filo di ferro del portellone dal quale, nell’immediatezza dei fatti, i carabinieri entrarono nella serra – spiega l’avvocato Genny Pisciotta – l’abbiamo trovato tranciato. In quello accanto, invece, il filo di ferro l’abbiamo trovato a terra. Ma se D’Arrigo dice che i portelloni della serra non si potevano aprire dall’esterno, allora chi rubava le piante di marijuana aveva le chiavi della porta principale. E questo potrebbe cambiare tante cose”. Ma non è chiaro se la porta, la sera del delitto, fu trovata aperta o chiusa. Per altro, all’epoca, la serra non fu neanche sequestrata. Al sopralluogo, oltre al difensore dell’imputato, erano presenti il pm Anna Sessa, i legali di parte civile per la famiglia Mirarchi (avvocati Giacomo Frazzitta, Roberta Tranchida e Piero Marino) e per l’appuntato Antonello Massimo Cammarata (avvocato Walter Marino), che quella sera rimase illeso. Sette, infatti, sarebbero stati, secondo la ricostruzione degli investigatori, i colpi di pistola esplosi contro i due militari non appena questi, impegnati in un servizio di appostamento, imposero l’alt, qualificandosi, a persone che si muovevano nel buio nell’area incolta di fronte le serre e che parlavano in siciliano. Si scoprirà, poi, che questi stavano portando via piante di marijuana. Per gli inquirenti, Girgenti sarebbe stato un “socio infedele” di D’Arrigo. Probabilmente, dicono gli inquirenti, temeva di non incassare i compensi pattuiti per la cessione della gestione delle serre e per questo intenzionato a recuperare rubando le piante di marijuana. Girgenti, intanto, continua a ripetere di essere innocente. E anche lui è stato presente all’udienza-sopralluogo. Per i carabinieri è lui uno dei due uomini ad aver premuto il grilletto contro i due militari. Sulle sue mani e sui suoi vestiti, infatti, sono state trovate tracce di sostanze contenute nella polvere da sparo. Sostanze che, però, per la difesa, sono anche nei fertilizzanti che Girgenti utilizzava nel suo lavoro, ma per il Ris sono riconducibili all’uso di armi da fuoco. Il sopralluogo, durato un paio d’ore, è stato effettuato anche lungo il margine della strada di fronte alle serre nel punto in cui il maresciallo Mirarchi fu colpito e nell’area incolta da cui, a circa 50/60 metri di distanza, partirono i colpi. Anche la traiettoria e del proiettile è campo di scontro tra accusa e difesa.