“Avanziamo un anno di stipendio. Siamo stanchi, delusi ed arrabbiati”.
Loro sono una quindicina di ex dipendenti della società cooperativa Insieme, che da anni si occupa di immigrazione gestendo, fino a poco tempo fa, lo Sprar (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati politici) a Castelvetrano. Ad oggi però, sembra che l’unica cosa che rimanga loro da fare, sia il decreto ingiuntivo.
Una situazione complicata, che va avanti da troppo tempo: “Per noi operatori doveva essere un lavoro e in quanto tale avrebbe dovuto essere remunerato – hanno aggiunto – ma così non è stato”.
Non hanno ricevuto gli stipendi da giugno del 2016 a luglio del 2017. Ed oggi, visto che i progetti Sprar sono chiusi, sono pure rimasti senza lavoro.
La lunga odissea era approdata in un incontro nel novembre scorso, con il commissario straordinario Salvatore Caccamo, il presidente della cooperativa Insieme, Giuseppe Scozzari, i responsabili del settore, ed una delegazione di ex dipendenti. In quell’occasione erano state avanzate varie richieste, come la possibilità che il comune pagasse gli stipendi, senza l’intermediazione della cooperativa. Oppure attraverso la compensazione dei fondi del Piano di Accumulo Capitale (Pac) di circa 70 mila euro che il comune deve alla stessa cooperativa.
Abbiamo incontrato il commissario straordinario Salvatore Caccamo, al quale abbiamo chiesto che tipo di risposte è possibile dare agli ex dipendenti della cooperativa insieme.
Già nel 2016, l’amministrazione comunale aveva ipotizzato di potersi sostituire alla cooperativa nel pagamento degli stipendi ai dipendenti, erogando in modo diretto le somme ricevute dal Ministero. Ma, viste le somme che devono essere restituite allo stesso Ministero, questa non è stata considerata una strada percorribile. Si è valutata anche la compensazione con i cosiddetti PAC. Ma l’ipotesi è stata scartata dall’ufficio legale, perché si tratta di cose completamente diverse.
Come mai ci sono somme da restituire al Ministero?
Purtroppo, in riferimento agli anni precedenti, è emerso che molte spese non sarebbero state rendicontabili. Ed il Ministero ha ritenuto di dover fare una verifica puntuale di tutte le rendicontazioni, a cominciare dal 2014. Situazione che sarebbe sovrapponibile, da quello che i tecnici mi dicono, anche al 2017. Verosimilmente occorrerà restituire determinate somme al Ministero, così come è avvenuto negli anni precedenti. Se ci fossero state delle economie da questi progetti, si sarebbe potuto anche ipotizzare il pagamento diretto ai dipendenti, ma non abbiamo la possibilità di poter far fronte alle loro legittime esigenze.
Che consiglio può dare per la loro tutela?
Credo che l’unico strumento giuridico per tutelarsi, è un mio personale parere, sia il decreto ingiuntivo degli stessi nei confronti della cooperativa. L’esecuzione forzata potrebbe essere fatta anche presso altri soggetti. Mi risulta che la cooperativa Insieme gestisca dei progetti anche in altre provincie siciliane. Potrebbero quindi intentare anche il pignoramento verso terzi.
La cooperativa Insieme però ha fatto una cessione del credito ad una società (Ifitalia). E si tratta di un credito nei confronti del Comune di 340 mila euro.
Si tratta però di somme ancora non erogate dal Ministero, che attendevano di essere rendicontate. Siamo di fronte quindi ad un credito che non può essere considerato certo ed esigibile. Tra l’altro, questo vuol dire che qualunque somma il Comune versasse alla cooperativa non potrebbe essere erogata ai dipendenti, perché finirebbe direttamente all’istituto cessionario del credito.
Possibile che tutti questi soldi non abbiano trovato opportuna rendicontazione? In passato, il presidente della Cooperativa aveva lamentato al riguardo una sorta di ostruzionismo da parte degli uffici comunali.
Prima che arrivassi io, si era appena conclusa l’ispezione da parte del Ministero dell’Interno per una verifica contabile e già avevano rilevato delle incongruenze. Si tratta di rendicontazioni molto puntuali, che se non sono perfettamente rispondenti alle linee guida, le voci non vengono prese in considerazione e vengono escluse completamente dal piano economico. I dipendenti comunali si sono attenuti alle indicazioni del ministero, che sono molto stringenti, anche alla luce delle ispezioni che si erano verificate.
Un appunto che gli ex dipendenti fanno è relativo al perché il Comune abbia continuato il servizio nonostante le critiche e i disagi lamentati dagli operatori del progetto già nell’ aprile 2017. In fin dei conti il Comune, in quanto ente attuatore preposto al controllo e alla vigilanza, non avrebbe dovuto già allora interrompere il servizio?
I motivi di questa prosecuzione progettuale non sono stati determinati da una volontà dell’amministrazione comunale o del Ministero. Si è avuta una particolare criticità con uno dei progetti (Disagio Mentale): un beneficiario non voleva lasciare il centro che lo ospitava da molto tempo. Era stato vittima di un incidente stradale, con conseguenti menomazioni fisiche ed un disagio psichico che hanno reso complicata anche la possibilità di sistemazione in altra struttura. Ciò ha comportato l’impossibilità di poter chiudere il progetto, nonostante una serie di interlocuzioni col servizio centrale e col Ministero. Improvvisamente, la persona che beneficiava del servizio si è allontanata di sua spontanea volontà e solo allora è stato possibile chiudere il progetto.
Quindi, ad oggi Castelvetrano non è titolare di progetti Sprar?
I progetti sono chiusi e non c’è nessun decreto di prosecuzione. Il dottor Scozzari invece ritiene di sì, perché ad agosto scorso il Ministero ha emanato dei decreti. Questi però non autorizzavano la prosecuzione dei progetti, ma finanziavano nuove progettualità.
Tra l’altro non sono più stati assegnati beneficiari per i progetti Sprar, perché il Ministero non ha più inviato nessuno.
Quella dei progetti Sprar (da non confondere con i Cas, cioè i centri di accoglienza secondaria) è stata sempre una questione molto complicata. Ce n’eravamo occupati sin dal luglio del 2016, quando decine di dipendenti dovevano, anche allora, ricevere 7 mesi di stipendio arretrato. Poi siamo tornati ad occuparcene nei mesi di marzo e maggio 2017, quando ciò che riportava il presidente della cooperativa Insieme, Giuseppe Scozzari, veniva smentito dall’allora segretario Livio Elia Maggio. Il quale, dopo un po’, veniva smentito a sua volta da Giuseppe Barresi, che nel 2013 era dirigente del settore Servizi al Cittadino. Nel 2018 sembra che si sia arrivati al capolinea di un viaggio tormentato, dove a farne le spese sono stati soprattutto i dipendenti della cooperativa.
Egidio Morici