Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
18/03/2018 21:40:00

Marsala, lettera aperta di Paolo Paladino: "Voglio la tessera del Pd"

Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata alla nostra redazione da Paolo Paladino. Il noto penalista marsalese, in passato anche assessore comunale, scrive al segretario provinciale del Pd, Marco Campagna,  per avere la tessera dei democratici. Ecco di seguito le sue motivazioni. 

***

Mi chiamo Paolo Paladino. Sono nato il 30 maggio del 1953 a Marsala ove ho sempre vissuto e lavorato.

Ho sempre militato nella sinistra democratica: prima nel PSI, compresa ahimè l’era craxiana, e poi nel PD. I miei punti di riferimento ideali più recenti, senza affondare alle radici culturali e forse anche per ragioni anagrafiche, sono stati Sandro Pertini ed Enrico Berlinguer, per alcuni aspetti anche Aldo Moro. Avevo sperato, nel momento della sua costituzione, che il PD potesse rappresentare l’evoluzione moderna ed attuale ed infine la sintesi dei loro pensieri. Speranza presto delusa.

Nondimeno e nonostante le recenti involuzioni, continuo a pensare che solo il PD possa essere il luogo politico nel quale quella speranza possa realizzarsi.

Ho sempre votato a sinistra. Con due sole eccezioni nelle quali, e non ne sono pentito, piuttosto che le ragioni politiche ed ideali ho lasciato prevalere l’affetto personale verso due persone alle quali va tuttora la mia stima incondizionata (Salvatore Ombra e Stefano Pellegrino). Alle ultime elezioni amministrative della mia città ho votato Alberto Di Girolamo, come si suol dire “mettendoci la faccia”. Alle recentissime elezioni politiche ho votato per la Lista Bonino. E nonostante la sostanziale inutilità di tale mio voto, non ne sono pentito. D’altro canto, votare una qualunque altra lista di centro-sinistra, Leu compreso, per me avrebbe avuto il solo significato di contribuire o a pericolose derive scissioniste, ovvero a non meno pericolose svolte niente affatto compatibili con la mia visione della sinistra democratica.

Ora che il PD, tanto in ambito generale che locale, è impegnato nell’analisi del voto elettorale nazionale e, seppur molto tardivamente, regionale, permettimi qualche personalissima considerazione.

Dire della cause che hanno prodotto il doppio tracollo è tanto facile, quanto, forse, inutile.
In ambito regionale non vedo altra possibilità se non quella di rendersi interpreti di una sana e consapevole opposizione al Governo palermitano e alla sua maggioranza all’ARS. I deputati del PD sapranno cosa fare e non ho suggerimenti da dare, se non quello di essere “seri” (non è poca cosa).
In ambito cittadino – parlo di Marsala, dove vivo – la mia idea (ripeto: personalissima e senza alcuna pretesa) è che occorre prendere atto del fatto che, seppure i due recenti insuccessi elettorali non siano certo addebitabili al Sindaco e alla sua Giunta (espressione quasi monocolore del PD), da parte loro sia comunque necessaria una qualche revisione critica del proprio operato. C’è qualcosa che non va e che deve essere rivisto. Aberto Di Girolamo e i suoi assessori hanno l’intelligenza necessaria per capirlo e trovare le soluzioni più acconce. Lo stesso vale per i consiglieri comunali che, più o meno formalmente, si dichiarano del PD: mi permettano solo di dire che il postulato della rivendicata appartenenza al PD implica l’idea dell’inclusione e del rispetto reciproco, anche quando i punti di vista non collimano del tutto ma il pensiero di fondo è comune.

Ovviamente non ho titolo per parlare degli organi locali del PD. Nella tradizione di sinistra – non sono nostalgico, forse ancora una volta mi frega l’anagrafe – all’insuccesso elettorale seguiva l’autocritica. Qui insuccessi elettorali tre ed in rapida successione: referendum, regionali, politiche. Fragorosi, eppure dal partito di Marsala non un battito di ciglia. Non va bene. Le belle assemblee di una volta (non resisto alla nostalgia).

Vorrei, con qualche malcelata presunzione, parlare di cose grosse: del PD nazionale e del ruolo che i suoi eletti dovrebbero interpretare nello scenario politico generale.

Mi auguro che il dato elettorale dello scorso 4 marzo valga almeno ad insegnare che divisi non si vince e non si convince. Le diaspore vanno riassorbite e, con pazienza e buona volontà da parte di tutti, venga recuparata l’anima inclusiva del PD: partito democratico, aldilà delle etichette, significa in primo luogo che opinioni anche diverse possono/debbono convivere, purchè condividano il denominatore comune della visione progressista ed europeista (nel chè, forse ormai soltanto, quel che resta della cultura della sinistra storica). Ma è già tanto.

Leggo di propositi aventiniani. Spero non sia vero. La storia insegna che per quella via si ottiene soltanto l’esatto contrario di ciò per cui l’isolamento era stato voluto. Non posso credere che il prosegretario Martina (persona che apprezzo senz’altro più che il suo invadente predecessore), i gruppi parlamentari che andranno a formarsi e i deputati e senatori nominati (non è un lapsus) possano scegliere di “chiamarsi fuori”. La loro lealtà, infatti, non deve andare verso chi li ha nominati; la loro responsabilità è verso il Paese, l’intero popolo italiano; anche verso quei cittadini che – e non sempre senza ragione – non li hanno votati.

Il PD, almeno con questi numeri, non può pensare di “dare le carte”. Ma ha ancora energia, qualità, idee e senso di responsabilità per incidere nelle scelte di governo, ponendosi a servizio del Paese e dando disponibilità alla formazione di un Governo. Certo non sarà il Governo che avremmo voluto, ma potrà essere il Governo che interpreti quanto più possibile le istanze di centro-sinistra. La scelta, dunque, dovrebbe essere conseguenziale.

Il PD non può contraddire se stesso e tradire il suo popolo: Salvini, Meloni e Berlusconi, al netto dello loro reciproca compatibilità, sono incompatibili con la natura essenziale del PD, con la sua storia e le idee della stragrande maggioranza dei suoi elettori. L’abbraccio sarebbe mortale e non lascerebbe scampo alla pur minima speranza di affermare idee e realizzare propositi di centro-sinistra.

Resta M5S. Grillo non mi piace, ma è meglio della Meloni. Di Maio è un oggetto ancora misterioso, sarà da vedere in che misura il suo recente aplomb governativo farà premio sulla provenienza movimentista, ma è certamente più affidabile di Salvini (le cui idee non sono affatto misteriose, per quanto – direi fortunatamente – irrealizzabili) e di certo più confacente e disponibile a condividere proposte di centro-sinistra. Buona parte dei voti andati a Di Maio, del resto, provengono da elettori tradizionalmente di centro-sinistra. Diciamo che ci possono essere delle affinità, che almeno un dialogo sia possibile. Diciamo pure che, messe da parte le rivalità elettorali, il senso di responsabilità degli eletti M5S (c’è fra loro tanta brava gente, persone serie e competenti) possa convergere su tanti punti programmatici del PD. Ecco di cosa dovrebbero parlare i responsabili del PD.

Ora, mio caro Marco Campagna – Segretario Provinciale del PD: mi rivolgo a te che stimo personalmente ed anche perché non saprei proprio a chi altro dirlo – permettimi di rivolgerti una richiesta. Ho il desiderio e sento il dovere di fare qualche cosa, di dare per quel che posso il mio contributo. Se c’è posto e non reco disturbo, posso riavere la mia tessera del PD?

P.S.: chiunque pensasse questa che questa lettera abbia secondi fini, appena diversi da quelli che vi ho enunciato, o è in mala fede o non mi conosce.

Paolo Paladino