“Era un can’i mannara!”.
Spesso erano liquidati così, fino agli anni sessanta e settanta, quei “piccoli” mafiosi che venivano uccisi perché “non si piegavano al volere dei capi” e volevano fare a modo loro.
Il Cane della mafia è un divertissement, un’opera leggera nata appunto per divertimento dello scrittore trapanese Salvatore Mugno, la cui biografia ed il nutrito elenco delle sue pubblicazioni sono consultabili su Wikipedia, cliccando QUI.
Un libretto molto interessante, che si legge d’un fiato, dove s’imparano un sacco di cose sulla natura del cane di mannara e sul suo rapporto coi siciliani. Viene fuori un cane con due anime contrapposte che, proprio come la Sicilia, rapisce, affascina e a volte spaventa.
I cani di mannara “Per certi aspetti – scrive l’autore – potrebbero perfino essere ritenuti i ‘cani della mafia’, cioè quelli che, per prossimità, temperamento e ‘formazione’, sarebbero più vicini alla mentalità mafiosa”. E aggiunge: “Se si valuta che il fenomeno e la cultura mafiosa hanno avuto uno dei retroterra più propizi nel mondo della pastorizia, quest’associazione non sembrerà poi così peregrina”.
In effetti, campieri e cani di mannara sono sempre stati guardiani della roba altrui. Autorizzati tutti e due, racconta Mugno nel suo libro, “ad usare violenza contro i ‘lupi’ che volessero azzannarla”.
Non un meticcio da gregge, dunque, ma un vero e proprio cane di razza, descritto magistralmente anche nei particolari delle sue fattezze e delle caratteristiche del suo pelo. Che oggi sarebbe però in via d’estinzione . Un po’ come i campieri. “Quest’ultima è una perdita che, comunque, accettiamo di buon grado” sottolinea l’autore, aggiungendo che “Adesso che questi singolari quadrupedi starebbero per estinguersi, rimane il paradosso che, in Sicilia, i soli ‘can’i mannara’ rimasti, e pare ve ne siano non pochi, siano degli umani!”.
Ma non c’è solo la mafia. Per esempio, sarebbe stato siciliano perfino Argo, il cane di Ulisse che, rivedendolo dopo vent’anni, “Ormai moribondo, imbrattato di escrementi di buoi e muli e assaltato dalle zecche, riconosce subito Odisseo, travestito da mendicante. Privo di forze, l’animale gli dà il benvenuto agitando la coda e abbassando le orecchie. Dopo averlo così salutato, si consegna alla morte. E Odisseo, per la prima volta, verserà di nascosto una lacrima”.
Quello di Salvatore Mugno si rivela un piccolo saggio prezioso, quasi tascabile, che racchiude in 80 pagine le informazioni e le riflessioni migliori su un cane siciliano affascinante. Ormai praticamente scomparso.
Egidio Morici