Il governo regionale guidato da Nello Musumeci sta mettendo mano ad una serie di abolizioni e accorpamenti di enti, per ridurre le spese di gestione di settori che contribuiscono al tracollo delle finanze regionali. Ci sono sempre tante difficoltà nel far quadrare i conti. Eugenio Tumbarello, segretario della Uil in provincia di Trapani, i sindacati sono punti di osservazione privilegiati su quello che succede nel mondo del lavoro e nell'economia di un territorio. Cosa ne pensa di queste manovre del governo?
Ci sono molte difficoltà a postare risorse su una iniziativa senza toglierle da un'altra partita. Questa è la sintesi della situazione che vivono le amministrazioni locali che avrebbero anche altre opportunità, come quella di contrastare l'evasione, per ottenere risorse. Noi abbiamo pubblicato i dati che dicono che ci sono solo due comuni, Marsala e Partanna, in provincia di Trapani che hanno fatto una lotta all'evasione che ha portato nelle casse dei Comuni delle risorse importanti.
Hanno applicato le nuove norme anti evasione.
Se i comuni si attrezzano possono avere risorse aggiuntive, oltre a rappresentare un esempio di legalità e di responsabilità civica. Si parla spesso di equità sociale nei diritti, ma si deve allargare questa equità anche nei propri doveri. E' chiaro che ogni amministratore guarda spesso anche alle esigenze elettorali. Bisogna essere sempre amministratori senza se e senza ma, e bisogna ricorrere anche a questi sistemi per ottenere le risorse.
Così come altri sistemi sono quelli che permettono di attingere ai fondi europei, spesso però , da Regione a Comune, si è impreparati.
La programmazione è fondamentale. Poi c'è il tema della burocrazia, che non consente di essere veloci. La macchina amministrativa, soprattutto quella regionale deve essere più spedita, e a 100 giorni dall'insediamento del Governo Musumeci non vedo grossi passi.
Cosa si aspetterebbe da Musumeci? Basta abolire e accorpare enti per risolvere i problemi della Regione?
Noi abbiamo un dovere come sindacato che è quello di monitorare, segnalare e stimolare. Nel 2015 abbiamo fatto un elenco di tutte le cose che non funzionavano in Sicilia. A distanza di 3 anni quelle criticità sono tutte in campo. Non sono state risolte dal governo Crocetta, ma spero che si risolvano adesso. Il sindacato non può avere governi amici o nemici. Ha governi con i quali contratta. Abbiamo chiesto a Musumeci di sentirci presto in merito alle singole questioni. Sentirsi dire che i risultati si possono vedere non dopo 100 ma dopo mille giorni mi fa pensare che è troppo tardi per questa terra che esige interventi immediati.
Uno dei motivi per cui ha perso le elezioni il centrosinistra è la riforma della buona scuola. Un argomento a lei caro. Immaginiamo che il suo sindacato sia sommerso da lamentele di siciliani che da anni sono confinati nelle scuole di altre regioni, e che non sopportano che i neo assunti siano nelle scuole del proprio territorio.
E' accaduto che questa non è una buona legge. Una legge con un solo articolo e 119 commi, votata con la fiducia, quindi immaginiamo che margini di intervento avevano i parlamentari, nonostante qualcosa noi l'avevamo suggerita anche ai parlamentari del nostro territorio.
A Pamela Orrù, ad esempio?
A tutti quanti. Dentro questa legge c'era un comma che parlava della possibilità che queste persone nonostante fossero immesse in ruolo nella prima provincia che esprimevano nella domanda, andassero a finire in un'altra provincia per effetto di una mobilità straordinaria.
Un gran pasticcio.
Tratteneva in Sicilia le persone che avevano fatto il concorso in Sicilia e metteva in un circuito nazionale tutti quelli che erano inseriti nelle graduatorie ad inserimento, stiamo parlando quindi di persone che hanno alle spalle già diversi anni di insegnamento, a volte prossime alla pensione. Questo ha determinato il disastro. Non si era mai sentito che un governo facesse una cosa così importante, di 100 mila stabilizzazioni, e non raccogliesse consensi. Si vede che non era una buona legge.
Perché?
La gente è stata intimorita dagli slogan. Passava il messaggio che le graduatorie ad esaurimento sarebbero state chiuse se le persone non avessero fatto la domanda. Le persone si sono spaventate perché gli slogan erano forti. Poi le graduatorie sono rimaste, le persone che non sono andate a Nord continuano a lavorare qui da preari. Questa terra è abituata al precariato, e quello della scuola è una sorta di precariato garantito. Un precariato che vuole essere un'arma nelle mani di qualcuno. Io spero che siano sempre meno le persone, i politici che pensano che il bisogno delle persone possa essere utilizzato come arma. Dentro questa legge ci troviamo anche elementi di utilità. Come l'alternanza scuola lavoro.
Che si può fare anche nei sindacati, voi avete ragazzi che fanno questo progetto?
Assolutamente sì. Hanno conosciuto l'organizzazione e il valore del lavoro. Abbiamo costituito un tavolo permanente dell'alternanza mettendo insieme la parte datoriale con i dirigenti delle scuole dove non si applicava l'obbligo della scuola lavoro. Ci siamo resi conto non solo che non c'è la cultura del lavoro dentro quelle scuole, ma anche che non c'è la possibilità di poter ospitare nelle aziende i ragazzi in alternanza. In questa provincia manca la cultura del lavoro.
Come si parla ai giovani di lavoro in una terra che demoralizza?
Abbiamo fatto iniziative per i giovani del territorio, come quella per far conoscere loro le ricchezze del territorio. Abbiamo messo insieme il direttore del museo Pepoli di Trapani, il presidente del Distretto turistico, abbiamo coinvolto i ragazzi, abbiamo fatto relazionare sulle opportunità delle misure messe a disposizione. Abbiamo fatto fare un'esposizione di opportunità utile per crearsi un lavoro. C'è tanto disagio perchè ci sono tanti giovani che non sono impegnati neppure nella ricerca di lavoro, i cosiddetti Neet, che non studiano, non hanno un lavoro e neanche lo cercano. Cosa fanno tutto il giorno? Magari anziché stare face to face, stanno tutto il giorno su Facebook, in quella società liquida che spesso è pericolosa e rispetto alla quale noi abbiamo il dovere di fare una azione sociale.