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07/04/2018 06:00:00

Stefano Parrinello: un marsalese allievo di Pierfrancesco Favino, con il teatro nel sangue

di Katia Regina. Stefano indossa la sua bellezza mediterranea con grande naturalezza, pur essendone cosciente. Ha messo, per la prima volta, i piedi sulle tavole di un palco quando aveva sette anni, nel ruolo del Brutto anatroccolo, la sua prima recita scolastica. Quattro anni di laboratorio teatrale già nelle scuole elementari, e, proprio verso la fine di questo precoce percorso, capisce che quello sarebbe stato il suo sogno da inseguire. Lo trascura però per qualche anno per dedicarsi agli studi del liceo. Ora frequenta la scuola di Favino e quel sogno sta prendendo consistenza, anzi è già una realtà.

Si parla spesso dell’incapacità dei giovani di coltivare un sogno, qual è stata la tua spinta iniziale e dove hai trovato la forza per perseguirlo?
La forza è arrivata dal grido del bambino che era rimasto latente sin dalle prime esperienze recitative scolastiche. Per quanto riguarda i mei coetanei, posso dire che ne conosco tanti che ancora credono nella possibilità di riscatto e si mettono in gioco per questo, altri invece vivono da seduti e sedati dal vano intrattenimento che ci circonda.

È stato difficile passare la selezione per la scuola di Favino?
Sì. Su seicentoquaranta candidati ne sono stati presi tredici. Ho portato due monologhi, successivamente c’è stato un colloquio e, dopo la prima selezione, una giornata intera con tutti i docenti. Poi… è arrivata la chiamata telefonica fattami personalmente da Pierfrancesco Favino. Questa telefonata meriterebbe un racconto a sé, mi limito a dire che ho dovuto richiamarlo perché mio padre era convinto che si trattasse di uno scherzo.

È vero che il teatro è morto?
Non lo so. Direi piuttosto che sta lottando per la sopravvivenza e che il problema è strutturale, dalla politica centrale a quella periferica. Il teatro comunque non potrà mai morire fintanto che ci saranno due uomini che si raccontano storie…

A cosa serve andare a teatro?
Esistono più strati, si comincia dall’intrattenimento per scendere sempre più in profondità, secondo me, il teatro deve risvegliare l’attenzione rispetto alla condizione umana e sociale. Solo dopo questo risveglio si può sperare nella catarsi aristotelica.

È vero che è un ambiente un po’ maledetto?
Sì, però stiamo cercando di benedirlo. C’è troppo ego in giro e talvolta anche a sproposito. Dal punto di vista lavorativo, inoltre, non esiste una tutela sindacale sufficiente per evitare le ritorsioni da parte di chi crea il lavoro. Fanno presto a tagliarti fuori.

Su cosa stai lavorando in questo periodo?
Ho finito con Il mercato della carne di Bruno Fornasari che dirige il teatro filodrammatici di Milano, questo testo è stato scritto su misura per i ragazzi de L’Oltrarno, la scuola diretta da Favino.

Quale personaggio vorresti interpretare assolutamente?
Amleto potrebbe apparire troppo banale, ma quel suo tormento rispetto alle cose della vita mi appartiene molto, mi piace chi si pone domande scomode.

Il complimento più bello che ti hanno fatto?
Più che un complimento ricordo un gesto, ossia la richiesta di uno spettatore che, dopo aver visto un mio spettacolo, è venuto a trovarmi solo per chiedermi se poteva stringermi la mano…

Ti piacerebbe fare cinema o televisione?
Tantissimo, così come mi piacerebbe scrivere e produrre anche per la tv

Il ruolo che ti è costato più fatica interpretare?
Medvedenko nel Gabbiano di Checov, un personaggio determinato al punto da farmi paura

Che ne pensi della stagione teatrale di Moni Ovadia?
Non vivo a Marsala e non ho visto nulla, mi piacerebbe che si creasse nella mia città una compagnia stabile, abbiamo tantissimi attori professionisti e promettenti aspiranti. Il teatro deve offrire una scelta più equilibrata, bisogna offrire più drammaturgia contemporanea e più contestualizzata.

Perché, secondo te, il pubblico marsalese non è andato numeroso a vedere gli spettacoli proposti dal direttore artistico?
Bisogna creare il pubblico, anche per questo serve la compagnia stabile.

Vuoi ringraziare qualcuno in particolare prima di salutare i nostri lettori?
Voglio ringraziare i miei insegnanti a partire dalla scuola elementare e fino al liceo, inoltre un ringraziamento particolare a Massimo Pastore che ha alimentato il fuoco artistico dentro me. Chiudo con un augurio rivolto alla mia comunità d’origine affinché non perda mai il desiderio di scoprire nuove possibilità per se stessa.