di Leonardo Agate - In un mio recente articolo, che ha avuto molti lettori, sulle pubblicazioni di matrimonio fatte dal consigliere Calogero Ferreri nella Sala della Giunta, ad un certo punto ho nominato i “cittadini” e i “contradaioli”, che costituiscono l’intera popolazione marsalese, che da ora in poi, se vuole contrarre nozze può chiedere l’utilizzazione della Sala della giunta per le pubblicazioni di matrimonio. A un lettore non è piaciuto l’accostamento dei cittadini ai contradaioli, sembrandogli razzista. Mi ha scritto, e gli ho risposto dicendo che non intendevo offendere coloro che risiedono nelle nostre meravigliose campagne, ma solo evidenziare che sia i residenti in città, sia quelli residenti nelle Contrade hanno a disposizione un nuovo onorevole locale, se intendono fare le pubblicazioni di matrimonio.
L’occasione della reazione del mio lettore – ne avessi di più come lui, attenti alle sottigliezze linguistiche, che mi riprendessero! – mi dà l’occasione di chiarire il mio pensiero sulla città e i sui abitanti, tutti cittadini. Coloro che abitano nel centro urbano non hanno maggiore dignità di quelli che risiedono nelle Contrade. Io ho abitato per più di venti anni alla Contrada Spagnola, e tuttora vado a viverci sei mesi l’anno. Sono un cittadino contradaiolo.
C’è stato un tempo in cui si usava chiamare “viddrani” coloro che vivevano nelle campagne e facevano i contadini; e venivano contrapposti agli “spillacchi”, che costituivano l’alta classe per tradizioni aristocratiche o ricchezza di beni. In mezzo , tra le due categorie, ci stavano gli artigiani , i commercianti e tutti quanti non erano né contadini né “spillacchi”. Tutto questo quando esistevano ancora le classi sociali. Ormai da diversi decenni le divisioni in classi è cessata, e tutti sono cittadini del Comune; anche la mentalità di un tempo è scomparsa. Difatti non avviene più quello che, tra il farsesco e il drammatico, avveniva un tempo. In quel tempo i funerali procedevano con la carrozza mortuaria seguita a piedi da parenti, amici e conoscenti. Da via Roma, girava per via Itria fino al Cimitero. I marsalesi che incrociavano il funerale, se non conoscevano il morto, chiedevano al vicino: “Chi è morto?”, e si facevano il segno della croce. A volte il vicino rispondeva: “ Niente, un “viddranu”. Metà delle volte nei funerali si trattava di morti in campagna, essendo che la nostra popolazione per metà viveva e vive in campagna, metà in città.
“Niente, un “viddranu”, era tipico della mentalità arcaica di allora. Come se il “viddranu” non dovesse avere la pietà dello “spillacchiu”.
I “viddrani” ci sono ancora, anche se in minor misura vengono in tal modo definiti. Gli “spillacchi” sono scomparsi, con il loro potere di stampo borbonico e con i loro feudi. I “viddrani” in parte sono mutati; molti sono diventati imprenditori agricoli, e fanno più soldi di un impiegato al Comune. Gli antichi “viddrani” e la loro parziale evoluzione in imprenditori sono stati la base della fortuna agricola marsalese legata al vino e a altri prodotti della terra. Sono stati più meritevoli degli “spillacchi”: la base portane della nostra economia sono stati e sono loro.