di Marco Marino
Alcuni ne contano cento (e forse più, non si smetterebbe mai di enumerarle), invece altri dicono che non esiste affatto. La Sicilia ha sempre vissuto il paradosso della pluralità, o dell'inesistenza, come condizione naturale del suo statuto di isola.
Molti pensano che stia ancora a galla proprio perché ognuno è libero di vederla come vuole. E noi, oggi, ci misuriamo con quattro occhi - due appartengono a Rosario Battiato, narratore; due sono di Chiara Nott, illustratrice - che hanno raccontato e disegnato in «Creature fantastiche di Sicilia» (il Palindromo, 2018) le anime «horror» di una Trinacria che continua a conservare la sua proverbiale ospitalità pure nei riguardi dei demoni.
Perciò, se è vero che ogni storia d'amore è una storia di fantasmi, non ci resta che leggere dalle parole di Rosario e Chiara questo «fosco» innamoramento per la terra siciliana.
1- «La Sicilia è terra di arsure, lutti e visioni, nativamente propizia agli spaventi di mezzogiorno e di mezzanotte» (Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto): quali motivi narrativi e artistici hanno ispirato il vostro viaggio fra le creature fantastiche della nostra isola?
R. Abbiamo sempre osservato il mondo sotterraneo siciliano, quello del folklore più antico e misterioso, con grande passione e voracità. I nostri riferimenti arrivano dalla tradizione orale, che è stata centrale nel nostro progetto di ricerca grazie al minuzioso lavoro di tanti autori come Pitrè, e dal lavoro di altri scrittori, come Verga e Capuana, che in maniera più o meno diretta hanno pescato nel passato oscuro dell'Isola per dare corpo ai loro lavori. Proprio Capuana, pur essendo uno dei padri del Verismo, è stato un grande appassionato di spiritismo e in alcuni dei suoi racconti gli elementi fantastici, e più specificatamente protofantascientifici, sono davvero numerosi. Il critico De Turris associa addirittura un personaggio di uno dei suoi primi racconti, tale dottor Cymbalus, al Frankenstein della Shelley, al Moreau di Wells e al Raymond di Machen. A partire da questo patrimonio non indifferente, e rispondendo a una suggestione proprio di Bufalino sul nucleo del fantastico siciliano che resiste ancora oggi, abbiamo cominciato questa riscrittura del sottosuolo, senza dimenticare che non siamo impermeabili al presente e quindi, nell'operazione di revisione e modifica delle storie, abbiamo attinto a piene mani dall'immaginario contemporaneo che deriva dalle nostre letture e dalle nostre passioni. Ne sono venuti fuori degli ibridi, ancorati alla tradizione e con lo sguardo nella contemporaneità.
2- Leggendo con curiosità topografica, si scopre che anche il trapanese è infestato dai mostri: parrini disonesti, Bidditta, Birritta russa... Chi sono? C'è da avere paura?
R. Le Creature sono tutte, o quasi, potenzialmente molto pericolose, quindi la mappa serve proprio come un prontuario dell'orrore per evitare orari e luoghi che sono evidentemente esposti al rischio. Il trapanese, in particolare, è una terra del brivido per le storie tramandate da Ugo Antonio Amico. Fra le tre figure citate, quella dei parrini disonesti è la più suggestiva, perché consentirebbe agli appassionati di cerimonie oscure e di luoghi sconsacrati di assistere a una missa scurdata. Bidditta è una bellezza pericolosa e maledetta, non fidatevi del suo aspetto, mentre Birritta russa è l'ultimo retaggio di guerre dimenticate, un essere costretto a pagare in eterno il suo debito per aver ucciso un civile.
3- Nel vostro lavoro cos'è stato più difficile: descrivere l'orrore attraverso la parola o dargli volto nelle illustrazioni?
R. Noi due abbiamo sempre lavorato in perfetta sintonia, seguendo un ordine molto preciso. Prima la stesura dei testi e poi l'illustrazione, una combinazione che ci ha permesso di operare in autonomia rispetto alle fonti, in quanto le storie riportate nel libro già miscelavano riferimenti della tradizione e passaggi puramente creativi dell'autore. Le illustrazioni, inoltre, costituiscono un ulteriore passaggio, perché, pur essendo profondamente compenetrate nel testo, mantengono una decisa e precisa angolazione di rappresentazione delle storie, un ulteriore passo di ibridazione. Per semplificare: il processo che conduce da una creatura della tradizione a una creatura del nostro libro somiglia molto al gioco del telefono senza fili, c'è un punto di partenza che viene poi modificato e innestato da molte altre suggestioni in corso d'opera.
4- In un'intervista a Robinson Michele Mari ha sostenuto che «avere a che fare con dei mostri impegnativi, sublimi, anche pericolosi, dà alla tua vita un tono e una nobiltà che avere a che fare con le piccole noie, con i piccoli dispetti della vita quotidiana, non ti dà». Durante la composizione del libro anche voi siete caduti vittime di questa inquietante fascinazione? Quali sono le conseguenze per chi ne è affetto?
R. Ne siamo vittime da anni. La fascinazione per i mostri, che non sempre sono malvagi, fa parte del nostro bagaglio personale e la costruzione di questo progetto ci ha soltanto permesso di avvicinarci ancora un po' a un mondo che di fatto consideriamo un po' come casa nostra. Un mondo che, per fortuna, si muove nelle vicinanze della nostra quotidianità e spesso ne lambisce i contorni. Abbiamo la possibilità€ di avere compagni di vita con cui condividere passioni, gioie, dolori e soprattutto mostruosità e quindi, parafrasando Mari, a cui chiediamo ovviamente e preventivamente scusa, da queste parti anche i piccoli dispetti della quotidianità assumono contorni diavoleschi. Non per dire, ma noi due viviamo sulla bocca dell'inferno, come Pitrè amava chiamare l'Etna.
5- Fra le sezioni della vostra mostruosa mitologia isolana (Anime, Diavoli...) una è dedicata alle «Donne mostruose»: da cosa nasce l'esigenza di creare uno spazio apposito per queste anime prave?
R. La nostra categorizzazione non risponde ovviamente a criteri scientifici di alcun genere, ma è soltanto una scelta dettata da ragioni creative. In particolare, il capitolo dedicato alle donne mostruose è nato quasi spontaneamente per due motivi tutto sommato abbastanza banali: il primo è legato alla particolare declinazione che alcune figure fantastiche femminili, presenti anche in altri contesti immaginifici, avevano in Sicilia, e il secondo alla necessità di dare autonomia e dignità alla figura della donna mostruosa che spesso è stata interpretata soltanto nell'ottica di una derivazione o emanazione del mostruoso maschile.
6- Vi piacerebbe raccontare ai nostri lettori una creatura che è rimasta fuori dal novero di quelle antologizzate? Anche per esorcizzare possibili ripicche...
R. In questo viaggio abbiamo scoperto centinaia di creature straordinarie, la scelta di limitarci a una trentina è stata faticosa e dolorosa. Speriamo che le escluse non ci maledicano. In compenso ci piacerebbe citare da queste parti una figura che è presente in diverse località siciliane, seppur con nomi diversi, e che somiglia per certi aspetti ad alcune Creature che troverete all'interno del libro. È u immirutu che deriva da immu, cioè gobba, ed è questo vecchietto che di notte, assieme alla moglie, che ovviamente si chiama immiruta, rapisce i bambini e li porta nel suo villaggio. E secondo voi, dove li nasconde? Ovviamente nell'immu, nella gobba, come una sorta di mostro alieno che ingloba le sue vittime e le consuma poco a poco. E non pensate che l'essere grandi e grossi vi salverà, il vecchio gobbo si adatta alla sua vittima, proprio come un pitone.