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20/04/2018 06:05:00

Trapani, il caso dell'area industriale /5: la mafia, gli organi illegittimi, altri rebus

 Siamo arrivati alla quinta e ultima parte della nostra inchiesta sull’area industriale di Trapani, sul suo sviluppo mancato. Abbiamo raccontato storie davvero particolari, pareri che cambiano da un mese all’altro, dirigenti che si fanno la guerra, lotti misteriosi, l’ombra della corruzione, la cattiva politica e la burocrazia.

Manca, come in ogni storia siciliana che si rispetti, la mafia. E la mafia, nell’area industriale di Trapani, state tranquilli, c’è. Per accorgersene, però, bisogna sempre aspettare Alfonso Cicero. E’ lui, da presidente del neonato Irsap, che avvia una serie di verifiche, che coinvolgono anche Trapani.

E’ Cicero il primo ad accorgersi della presenza di Cosa nostra all’interno dell’area industriale. E prima? Eh, prima…
I Consorzi Asi sono stati istituiti nell’84. La legge prevede che le richieste di informativa antimafia alla Prefettura vadano fatte solamente nel caso in cui il giro d’affari dell’azienda superi la soglia di 150.000 euro. Questo metodo, con questo paletto, non consentiva la verifica nella stragrande maggioranza delle aziende. Ed infatti aziende vicine a Cosa nostra si sono infiltrate in molte zone industriali in Sicilia, hanno ottenuto lotti, magari anche contributi e finanziamenti.

Alfonso Cicero, da presidente dell’Irsap dà una direttiva precisa a tutti gli uffici, incluso Trapani: le informative vanno richieste a tappeto nei confronti di tutte le imprese che si trovano nella zona industriale, al di là del fatturato. 
Dopo questa verifica, tra il 2014 e il 2015 sono diversi i lotti che vengono revocati ad imprese colluse o contigue con la mafia.

A Trapani il primo provvedimento colpisce, il 27 Gennaio 2015, l’IPAC, Sas di Giovanni Gentile. Vengono revocate le autorizzazioni e viene negata all’azienda la possibilità di affittare parte del loro stabilimento. Perché? Dalle informazioni raccolte in Prefettura emerge che Giovanni Gentile (socio accomandatario della sas) e Vito Tarantolo erano collusi con la criminalità organizzata. Gentile e Tarantolo erano stati arrestati per concorso esterno in associazione mafiosa e condannati alla pena di un  anno e sei mesi di reclusione per favoreggiamento reale e personale. Sempre dalle cronache giudiziarie, Gentile e Tarantolo risultavano essere strettamente legati al capo mandamento di Trapani Vincenzo Virga.  Tarantolo e Gentile erano nel "giro" degli imprenditori vicini al capomafia di Trapani, Francesco Pace. Con altri, come Francesco Genna, Leonardo Coppola (classe '60), Nino Spezia costituiscono un cartello societario occulto che si muove attorno alla vita di società ufficiali, la Melograno, la Monte San Giuliano, la Cogeta (intestata ad un finto prestanome di Tarantolo, l'ingegnere Fernando Sortino). Tutti questi imprenditori hanno poi avuto guai giudiziari. A Tarantolo i beni sono stati confiscati (qui potete leggere un articolo di Tp24.it) L'unico che se la passa bene è Nino Birritella, imprenditore ai vertici di Cosa nostra trapanese, per sua stessa ammissione, poi diventato "pentito". Di recente è stato aperto un fascicolo per calunnia, in merito ad alcune sue dichiarazioni. La sua azienda, la Seo srl, è, a detta di molti, attualmente la più florida nell'area industriale di Trapani. 

Altro provvedimento a Marzo del 2015. L’IRSAP, dispone la revoca del lotto industriale con contestuale diniego dell’autorizzazione alla compravendita nei confronti di Antonio Messina, titolare dell’omonima azienda insediata nell’area industriale di Trapani. Dall'informativa prefettizia antimafia interdittiva emergeva che Messina era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per estorsione continuata in concorso con Cosa Nostra.

Antonio Messina venne arrestato dalla Polizia nel 2002, nell’ambito dell’operazione denominata “Isola Perduta” condotta dalla DDA di Palermo con la Squadra Mobile di Trapani perchè ritenuto responsabile, in concorso con altri, del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Una vicenda che vedeva la mafia trapanese controllare appalti e autorizzazioni edilizie anche nei comuni più lontani come Pantelleria. Accuse poi confermate in tutti i gradi di giudizio che hanno visto Messina condannato in via definitiva e sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza.

Il lotto revocato nell'agglomerato di Trapani è esteso 7.610 metri quadrati. Nel 1989 il Comitato direttivo dell'Asi di Trapani lo cedette alla ditta “Messina Antonio” che nel '99 ottenne le concessioni per l’esecuzione di opere ottenute anche con sanatoria edilizia e nel 2001 l'ok definitivo per il lotto 61. Presidente del Consorzio Asi a Trapani era Giuseppe Maurici. 

Sino alle dimissioni di Cicero (avvenute, lo ricordiamo a Settembre del 2015) , l’IRSAP aveva proceduto alle richieste ed agli aggiornamenti delle informative prefettizie antimafia nei confronti di tutte le imprese insediate negli agglomerati della Sicilia. Subito dopo le dimissioni di Cicero, l’IRSAP abbandona questa attività, in tutta la Sicilia.

GLI ORGANI ILLEGITTIMI. Finisce qua il nostro viaggio nell’area industriale di Trapani. Tutto non si può raccontare, ma quello che abbiamo detto è indicativo di come vanno le cose, quando si parla di sviluppo del territorio.

In vista delle prossime elezioni, a Trapani, quello dell’area industriale dovrebbe essere un tema sul quale confrontarsi. Ma la politica, purtroppo, in questi anni, ha fatto nell’area industriale quello che ha fatto con il porto o con l’aeroporto: l’ha utilizzata per favorire clientele, forzando regole a proprio piacimento, nell’assenza di chi doveva controllare.

E’ un regno, quello dell’area industriale, dove tutti possono fare tutto, basta saper interpretare la giusta circolare, il comma, la virgola. E si lavora di deroga in deroga, di eccezione in eccezione. Senza regole certe. E se non ci sono regole, non c’è sviluppo.

Di deroga in deroga, di eccezione in eccezione, poi, le cose sfuggono di mano. Gli organi che gestiscono i Consorsi Asi sono illegittimi da oltre due anni. Così gli organi dell’Irsap sono illegittimi da oltre otto mesi.
Come mai? A Maggio del 2016 entrava in vigore la legge che stabiliva che la Regione doveva nominare i commissari liquidatori dei vari Consorzi Asi. Cosa fa il liquidatore? Rappresenta il vertice della burocrazia e il legale rappresentante del Consorzio Asi in liquidazione. A Trapani viene nominato Piero Re, a Settembre del 2016. Ma poi succede un pasticcio: l’allora assessore alle attività produttive, la Lo Bello, fa un altro decreto, e interrompe l’attività degli appena arrivati liquidatori, per nominare gli stessi come commissari ad acta. Quindi, se tanto mi da tanto, ad oggi i Consorzi sono gestiti da Commissari ad acta. Che differenza c’è con un liquidatore? Che il liquidatore ha pieni poteri, mentre il commissario ad Acta ha poteri limitati al compito da eseguire, non è il legale rappresentate dell’ente, e non si può occupare della gestione. Morale: nel Consorzio ASI di Trapani in liquidazione, da oltre 2 anni, opera un Commissario ad Acta, Piero Re, che adotta - impropriamente - atti di esclusiva competenza del Commissario Liquidatore ovvero l’unica figura che può esercitare le funzioni di legale rappresentante nonché di organo di gestione e di amministrazione dell’ente. Re, inoltre è ricopre contemporaneamente anche il ruolo di Dirigente Responsabile dell’Ufficio Periferico IRSAP di Trapani.
L’Irsap invece è da due anni e mezzo privo dei suo organi (Presidente, CdA e Consulta) e dall’agosto del 2017 senza legale rappresentante, dato che si è dimessa Mariagrazia Brandara, commissario straordinario. E chi c’è allora al vertice?

Sino al mese di febbraio 2018 l’Irsap è stato amministrato da un Commissario ad Acta, Giovanni Clemente, componente della segreteria particolare dell’ex Assessore Mariella Lo Bello. Nel febbraio del 2018 è arrivato Gioacchino Orlando, dimessosi, inspiegabilmente, dopo qualche settimana. Da qualche giorno a guidare l’IRSAP c’è un altro Commissario ad Acta, Giovanni Pernino. Entrambi, Orlando e Pernino, sono componenti del gabinetto dell’attuale Assessore regionale delle attività produttive. Chi è? Il “nostro” Mimmo Turano.

Che ne sarà dell’area industriale di Trapani? Con certi politici, e con certi imprenditori, il destino è segnato. Affari per pochi, occasioni perse per tutti.

Piero Re ha una visione, che proponiamo qui, a morale e sugo di tutta questa storia. Dichiara infatti a Tp24.it:

“I Consorzi ASI nacquero nel 1984 con la legge regionale n. 1, già allora la legge nacque con lo “sguardo” rivolto al passato, immaginata pensando a quel periodo di uuche interessò l’Italia (del nord) dell’immediato dopoguerra; anche la nuova legge regionale del 2012, che si prefiggeva di sostituire i vecchi Consorzi ASI con la nuova IRSAP, ha praticamente ricalcato il vecchio ed anacronistico modello; con la particolarità di slegare l’Ente dal territorio centralizzando il tutto in una prima fase a Caltanissetta poi a Palermo.

Nel mondo della globalizzazione, dove nascono attività prima impensate, pensare di imporre lo schema industria-commercio-artigianato lo giudico totalmente slegato dalla necessità dell’imprenditoria, aggiungiamo poi che queste limitazioni vigono solo all’interno delle aree IRSAP-ASI e non nel resto del territorio, comportando per queste aree un difetto di competitività e sott’utilizzo; precisando anche che il 10% per le aree commerciali non è l’unico limite imposto, ne esistono numerosi altri.

Secondo la mia personale opinione si dovrebbe procedere ad una modifica normativa che escluda qualsiasi limite di utilizzo delle aree all’interno delle aree IRSAP-ASI per l’insediamento di attività produttive di qualsiasi natura”.

 

 Giacomo Di Girolamo 

Riepilogo, cliccando su questi link trovate la nostra inchiesta al completo:

(qui la prima parte)

(qui la seconda)

(qui la terza

(qui la quarta).

 

FINE