Ci furono estati, molte decadi fa, che non era inusitato trovarsi al mare con Neruda e Federico Garcia Lorca. Nei primi anni ’70, per molte delle nostre famiglie divenne normalità il transumare estivo verso spiagge e ‘caseammare’, fosse reflusso gastrico del piccolo benessere che si ingurgitava sia per l’espandersi dell’arte vitivinicola e sia per i primi effetti della ricostruzione post-terremoto.
Tra i geometrici abusivismi di Triscina, sulle dune di posidonia rinsecchita di Marausa, nel trambusto rampante del Signorino o sulle coste ‘selvatiche’ tra Makari e San Vito, era comune portarsi – oltre ad afoni mangiadischi a tracollo, sgargianti stuoie con fantasie hawaiane e sdraio che apparivano più trappole per volpi che piani di riposo, tanto erano rigide, imprevedibili e prive di pietà –, delle veloci letture da crogiolare al sole ed infarinare sulla sabbia. Siccome ancora l’Amazon onnipotente non c’era e, spesso, non era manco il caso di inquietare il povero cartolaio che poco masticava di letteratura e di poesia, pratica comune s’aveva di ‘riciclare’ qualche testo liceale (o tanto consumato da apparire affidabile, o come nuovo così da incutere un qualche timore reverenziale), e farsene scudo dell’ultravioletto o dell’ultraviolento che ti incocciava pure lì a romperti ateo i sacramenti, con le sue chiacchiere già sentite mille volte almeno.
Io c’avevo delle cugine un po’ più grandi di me, già intruppate nella torma del rinomato ginnasio locale, che contenevano in casa una libreria che conteneva decine di libri di poesia sconosciuta che contenevano migliaia di versi alla bisogna. Fiuto volle che scelsi, una di quelle estati seventine, l’incredibile “Romancero gitano”! D’altronde, per brufolosi adolescenti quali eravamo allora, rime quali “L’anima soffre il suo aldilà / in momenti del pomeriggio silenzioso. / Pierrot impolvera la faccia corrucciata / con il polline che la Morte ha lasciato. / Dolente gherminella rosea.” o “Di tutte le verità scelsero il giorno: / non s’uccisero con fili, ma con un aroma / e non spezzarono la pace né le parole. / E’ la felicità una torre trasparente.”, avevano lo stesso fascino di tragici sudoku.
Questo film racconta, romanzando ed affabulando (forse anche sbracando), come e quando l’España era per davvero ‘campeòn’, avendo fortuna di poter schierare un trio d’attacco che rispondeva ai nomi di Luis Buñuel, Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca, ‘el sangrante de Fuente Vaqueros’.
Certo che si esagera, e questa discreta idea di sceneggiatura – semenza di Philippa Goslett, st’anno tornata a colpirci basso col il writing di una cosa come la “Maria Maddalena” di Garth Davis – rischia di prendere le sembianze di quelle note afone che latravano i ‘mangia45giri’ di cui sopra, di imbarazzare tanto quanto le strisce di panno color giallo canarino mischiato a verde pistacchio su cui abbiamo asciugato i nostri primi turbamenti salini, di far male similmente a quelle sedie a molla su cui ho presto imparato a non posare il culo. Siete avvisati, insomma…
Buona domenica, buon ‘oleandro bianco della fantasia’ ed al prossimo film!
Marco Bagarella
Dicono del film
Il film vorrebbe farci credere che Dalì e Lorca sarebbero stati amanti, ma un qualche misterioso trauma ha impedito a Dalì di consumare il loro rapporto fisico. Lorca cosa voleva da lui? Non si sa… Dalì, interpretato scolasticamente da Robert Pattinson, è privo di fascino, egoista, vanitoso e soprattutto noioso. Sembra un bizzarro Pierrot. Maglioni da cricket in stile Bridget e cavalcate in bicicletta e orrende complicità, contornano il tutto. Ma non si può pretendere di poter far sesso con dei baffi pazzi come quelli disegnati sul volto di Dalì!
Fastidiosamente, il Lorca interpretato da Javier Beltran è allo stesso tempo carismatico e abbastanza interessante da portare alla mente almeno una mezza dozzina di film già visti; ed è un peccato, come spesso accade, che i registi non abbiano il coraggio di eliminare il loglio e concentrarsi sul seme artistico del loro lavoro. La ribellione di Lorca contro il dittatore Franco, il suo coraggio nel sfidare l'esercito, la passione mostrata per il suo lavoro, il fatto che le sue opere siano ancora eseguite, in inglese, a Londra, con Gael Garcia Bernal, potevano essere buoni punti di partenza. Ma il perché di quest’altra storia su Lorca, quello che sapevamo non era già abbastanza? Perché portare alla nostra attenzione questo romanzo spurio e francamente non molto eccitante, forse anche storicamente non ben documentato? Oh, non lo so perché. Ma è un peccato, perché non credo che faccia a nessuno alcun favore, e meno di tutti al pubblico. Se mai, imbratta entrambi i nomi degli artisti. Se volete, guardatelo pure. Non vi dirà molto sui fatti reali, così come si sa che si svolsero. Ma se vuoi vedere Robert Pattinson nudo ... beh, ecco la tua occasione.
(Mike Barnard)
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