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03/06/2018 13:00:00

Il latte biologico nella prima infanzia

Il latte materno rappresenta la scelta prioritaria e ideale per il neonato. Ove non sia possibile allattare il pediatra o il neonatologo hanno il dovere di fornire le necessarie istruzioni, compresa la specificazione commerciale del latte in formula. Si tratta di indicazioni che si applicano anche al latte biologico, in commercio da alcuni anni. Per essere definito biologico un latte deve rispettare una serie di standard qualitativi previsti da una normativa specifica di prodotto disciplinata da un regolamento dell'Unione Europea e deve fornire tutta una serie di garanzie, sia sul metodo di produzione, sia sul metodo di successiva preparazione.

Deve inoltre ottemperare a tutta una serie di indicazioni che ne consentono la tracciabilità dalla produzione al consumo. In particolare, tutte le aziende agricole, agro-zootecniche e di trasformazione sono tenute a rispettare la normativa UE, riportata sulla G.U. Dell'UE del 2007 e sono soggette a una serie di controlli da parte di enti autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Tale normativa non riguarda solo il latte biologico, ma in generale tutta la produzione biologica ossia l'allevamento e l'agricoltura.

L'allevamento biologico deve eseguire determinate regole: preferire le razze bovine autoctone, in quanto più resistenti alle malattie e in grado di adattarsi meglio a una determinata realtà geografica; la loro alimentazione deve avvenire mediante un sistema di produzione sostenibile che prevede l'utilizzo essenzialmente di foraggi e cereali (almeno il 50% dell'alimentazione degli animali) prodotti dall'azienda stessa o da aziende limitrofe, anch'esse biologiche. Non è consentito l'impiego di concimi chimici, diserbanti o pesticidi di sintesi per la produzione dei foraggi impiegati per l'alimentazione degli animali.

L'uso di mangimi deve essere limitato e gli animali devono avere libero accesso al pascolo, questo ne migliora lo stato sanitario e influisce favorevolmente sulla qualità del latte. Nell'alimentazione degli animali non possono essere utilizzati alimenti che abbiano subito un trattamento con sostanze chimiche, né OGM, inoltre non è possibile somministrare agli animali vitamine o altri additivi di sintesi chimica. Nell'allevamento biologico sono previste precise norme di tipo veterinario, come la corretta profilassi vaccinale che ha lo scopo di prevenire le malattie più diffuse in questi animali. Nel caso venga diagnosticata una patologia il veterinario deve utilizzare in prima battuta farmaci omeopatici o fitoterapici, e solo in un secondo tempo, o nei casi più gravi, può prescrivere antibiotici o antinfiammatori (in questo caso è previsto un tempo di sospensione del trattamento più lungo rispetto alle indicazioni valide per il metodo convenzionale).

Nell'allevamento biologico sono previste ampie aree di pascolo, con un rapporto adeguato tra ampiezza della superficie dei pascoli e numero degli animali; devono essere garantite adeguate condizioni di igiene e di areazione delle stalle e di densità degli animali al loro interno. Il rispetto di queste norme è sottoposto a verifica da parte di organismi di controllo riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, oltre che da parte degli organi ufficiali locali di controllo per quanto riguarda gli aspetti igienico-sanitari.
I prodotti ottenuti con il metodo di produzione biologico devono riportare nella loro etichetta il marchio bio europeo che, dal 1° luglio del 2010, è rappresentato dall' “euro-foglia”. Questo marchio può essere apposto solo sui prodotti chiusi, confezionati ed etichettati che abbiano una percentuale almeno del 95% di derivazione biologica: le etichette devono riportare l'elenco degli ingredienti con indicazione di quelli di origine biologica.

Quella della produzione biologica è una realtà in rapida espansione. Negli ultimi anni si è assistito a un continuo incremento delle superfici coltivate a biologico; solo nel 2016, per esempio, c'è stato un aumento del 20% rispetto all'anno precedente. L'Italia ha raggiunto la seconda posizione mondiale come esportatore di prodotti biologici. E' quindi prevedibile nei prossimi anni una forte spinta per favorire la conversione al biologico delle imprese agroalimentari, per rinforzare l'organizzazione di tutta la filiera dei prodotti biologici, per incentivare il consumo e per migliorare i sistemi di controllo e di certificazione.

La qualità del latte biologico deve essere valutata in base alle caratteristiche nutrizionali, organolettiche, sanitarie, ambientali e sociali. Per quanto riguarda le qualità nutrizionali del latte biologico, la maggior parte dei lavori scientifici ha permesso di dimostrare che, rispetto al latte convenzionale, il latte biologico non è sostanzialmente diverso per quanto riguarda il contenuto totale di proteine e di grassi. Non sono dimostrabili nemmeno differenze per quanto riguarda il contenuto di calcio e di potassio, il latte bio contiene però meno selenio, meno metalli e meno azoto oltre a maggiori concentrazioni di vitamina E, di ferro, e di luteina. Differenze sono invece rilevabili per quanto riguarda la composizione di grassi, presenta una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi; invariata la differenza tra la composizione di acidi grassi saturi e mono insaturi. La maggiore presenza di acidi grassi polinsaturi è da attribuire al tipo di alimentazione delle bovine da latte che è basata essenzialmente sul foraggio e sul pascolo. È noto che gli acidi grassi polinsaturi hanno un effetto protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari.

Molto importanti sono infine le qualità sanitarie del latte bio: si è dimostrata la presenza di qualità ridotte di residui di nitrati, pesticidi e diserbanti nei prodotti agricoli impiegati per l'alimentazione delle mucche da latte. È ridotta anche la presenza di altri contaminanti ambientali, quali ftalati e bisfenolo-A, molecole che rimangono nell'ambiente anche per decenni e che agendo da disregolatori endocrini, possono essere responsabili di tumori ormono-dipendenti, di infertilità, pubertà o menopausa precoci e malformazioni fetali. Nell'allevamento biologico è vietato l'uso di ormoni e di steroidi sessuali che sono utilizzati negli allevamenti convenzionali per accelerare la crescita degli animali. Un altro aspetto non secondario relativo alle qualità sanitarie del latte biologico è legato al problema delle micotossine prodotte da funghi parassiti che infestano alcuni alimenti, soprattutto vegetali, in particolare nella fase di conservazione, in presenza di determinate condizioni di umidità e temperatura.

A parità di condizioni ambientali, i prodotti biologici ne sarebbero meno soggetti rispetto a quelli convenzionali grazie alla maggior presenza di “pesticidi” naturali che gli alimenti biologici sviluppano per difendersi. E' vietato infine l'uso degli additivi alimentari presenti negli alimenti convenzionali, in cui sono ammessi oltre 500 tipi di additivi. Nel caso della produzione biologica le legislazione ne ammette invece solo 30, tutti di origine naturale. Un altro aspetto da considerare è relativo alle fonti di grassi impiegate nella produzione di latti, in particolare la presenza dell'olio di palma, un estratto dal frutto della palma da olio, coltivata prevalentemente in Indonesia e Malesia.

L'olio di palma è molto utilizzato nell'industria alimentare, soprattutto in quella dolciaria, perché ha una serie di caratteristiche chimico-fisiche che lo rendono particolarmente adatto. Viene tuttora utilizzato anche nella composizione dei latti in formula per il suo contenuto di acido palmitico che lo rende molto simile al latte materno. Secondo le indicazioni di legge infatti, i latti per l'infanzia devono essere il più possibile simili al latte materno. In realtà, nella produzione dei latti per lattanti si possono utilizzare vari oli tropicali, oltre all'olio di palma, anche quelli di palmisto (che ha la stessa origine) e di cocco. Inoltre, nel blend dei grassi utilizzati per la produzione dei latti formulati, sempre per garantire un profilo lipidico il più possibile simile a quello materno, si possono trovare l'olio di colza, l'olio di girasole, l'olio di borragine e quelli dei semi di lino, di soia e di rapa.

Il problema è però legato all'olio di palma perché contiene un'elevata concentrazione (circa il 50%) di acido palmitico, un acido grasso saturo. E' largamente documentato che l'eccessivo consumo di acidi grassi saturi nell'adulto è associato a un maggior rischio di malattie cardiovascolari, obesità e aumento del colesterolo. D'altra parte, gli acidi grassi saturi rappresentano anche un'importante fonte energetica, irrinunciabile per lattanti e bambini, e hanno moltissime funzioni. L'acido palmitico è contenuto nel latte materno e nel latte vaccino in percentuali praticamente uguali, pari al 20% dei grassi totali. L'olio di palma non ha di per se una tossicità specifica e contiene una quota rilevante di acidi grassi mono insaturi e di antiossidanti.

Quando però viene sottoposto a processi di raffinazione ad elevate temperature si verifica la produzione di esteri degli acidi grassi, potenzialmente cancerogeni, e la perdita degli antiossidanti. L'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare si è pronunciata sull'argomento indicando una dose giornaliera di 0,8 mg/Kg di peso corporeo quale limite massimo di esteri degli acidi grassi tollerabile nel lattante e nel bambino. Limite che nel lattante viene purtroppo superato con un'esposizione che può essere anche 10 volte il livello considerato a basso rischio per la salute pubblica. In uno studio del 2016 dell'Istituto Superiore di Sanità è stato riscontrato che i nostri lattanti assumono un quantitativo di acidi grassi saturi che supera il 20% dell'energia totale. Per i bambini che assumono oltre al latte anche altri alimenti contenenti olio di palma va pertanto valutato il regime dietetico complessivo del bambino.

Concludendo, non c'è dubbio che il principale vantaggio dell'agricoltura e dell'allevamento biologico è rappresentato in primo luogo dalla sua eco-compatibilità, mentre i maggiori svantaggi consistono essenzialmente nei costi di produzione elevati e nella minore produttività. Per quanto riguarda in particolare il latte biologico per lattanti, i soli costi per i controlli possono incidere in Italia fino al 50% del costo finale, ma garantiscono che tutti gli ingredienti impiegati nella sua produzione abbiano specifiche caratteristiche conformi alle linee guida della produzione biologica.

Anche se allo stato attuale delle conoscenze le differenze nutrizionali tra latte biologico e convenzionale non sono tali da permettere di affermare che il latte biologico influisca clinicamente sulla salute del bambino, è sicuramente vero che la dieta biologica può ridurre l'esposizione ai pesticidi e può ridurre il rischio di sviluppo di antibiotico-resistenza. Se è vero che il latte materno rappresenta la scelta prioritaria, quando l'allattamento al seno non sia possibile, come pediatri siamo tenuti a dare le giuste indicazioni per la prescrizione del latte in formula, facendo contemporaneamente attenzione a rispettare anche l'ambiente che ci ospita.

Dott. Angelo Tummarello
Pediatra di famiglia
Consigliere provinciale Federazione Italiana Medici Pediatri
Ricercatore e divulgatore scientifico
Marsala
Cell.360409851