La seconda sezione della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza cui la Corte d’appello di Palermo, nel dicembre 2016, condannò per una serie di truffe il 38enne agente di commercio marsalese Antonio Ignazio Correra, al quale inflisse un anno e 8 mesi di reclusione.
Riducendo la condanna inflitta in primo grado dal giudice monocratico Riccardo Alcamo (3 anni e 8 mesi di carcere) perché, nel frattempo, alcuni capi d’imputazione erano andati in prescrizione.
Per il resto, l’impianto accusatorio è stato confermato. Tanto che sono stati confermati i circa 700 mila di risarcimento danni alle parti civili decretati dal giudice Alcamo in primo grado (240 mila a Zolfindustria, 238 mila alla Kemia, 100 mila alla ditta Lo Porto e altrettanti alla curatela fallimentare della Kemical Green, la ditta, poi dichiarata fallita, di cui Correra era titolare).
L’indagine, coordinata dall’ex procuratore Alberto Di Pisa e dal sostituto Nicola Scalabrini, è stata svolta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura. Nella sua requisitoria, il pm Nicola Scalabrini aveva parlato di “truffe raffinate e con meccanismo diabolico che complessivamente superano gli 800 mila euro”. Ad essere truffate, secondo l’accusa mossa a conclusione dell’indagine condotta dalle Fiamme Gialle della Procura, furono ditte operanti nel settore dei fertilizzanti per l’agricoltura, tra le quali la “Zolfindustria” di Novara e la “Kemia” di Cento (Ferrara), nonché aziende e commercianti siciliani. Correra è stato accusato di aver fatto ordini di acquisto falsi (verso società inesistenti o per imprenditori che poi smentivano di aver comprato la merce) e in alcuni casi di aver trattenuto denaro che i clienti dovevano versare ai fornitori, oppure merce ordinata e non pagata. “I fatti più gravi – disse il pm nella requisitoria - sono quelli in danno di Lo Porto. Eccezionali le dimensioni di questa truffa: circa 300 mila euro. Truffa che ha determinato il fallimento della Lo Porto, il cui titolare ha dichiarato che Correra gli ha taciuto la circostanza che era soggetto ai benefici di cui gode chi è presunta vittima usura”. Proprio negli anni in cui avrebbe attuato le contestate truffe (2008-2009), il Correra ha, infatti, denunciato e fatto arrestare dai carabinieri due persone (Bellitteri e Sieri, poi assolti dalle accuse di usura e estorsione) che lui ha accusato di prestati “a strozzo”. Aver taciuto, però, tale circostanza a coloro con cui era in rapporto d’affari, per l’accusa, non è stato atteggiamento corretto. “Quello di Correra – ha, infatti, sostenuto Scalabrini - è un silenzio malizioso ai fini di un raggiro. C’è stato un abuso del diritto. Correra ha strumentalizzato la sua veste di vittima di usura recando danno ad altri”. Prima di iniziare la requisitoria, il pm depositò le sentenze di condanna di primo grado subite da Correra per calunnia e ricettazione di assegni rubati (quelli consegnati ai presunti usurai). “Di solito – disse il pubblico ministero Scalabrini a inizio requisitoria - i processi per truffa sono di tipo indiziario. In questo caso, però, è documentale”. Le prove, dunque, erano nelle carte. Il pm ha analizzato anche la “personalità” del Correra, definito: “Soggetto capace, intelligente e affidabile, cioè che ha dato prova di meritare fiducia, ma che a un certo punto decide di declinare quest’ultima al passato, tradendo la fiducia dei suoi interlocutori commerciali, tessendo una tela che ha finito per imbrigliare anche società attrezzate”. La lettura d’insieme, ha continuato il rappresentante dell’accusa, fa pensare che vi siano stati “concorrenti nel reato”, ma non si è riesciti a individuarli, nonostante “la pg abbia fatto di tutto per dare un nome e un volto ai possibili coautori del reato”. L’attività “truffaldina” dell’imputato, concluse il pm nella requisitoria, sarebbe stata “svolta con ostinazione e pervicacia, in un tempo breve perché le vittime se ne sono accorte e hanno denunciato”. Le Fiamme Gialle della Procura avviarono, quindi, quell’indagine che ha portato alla condanna di Correra. Intanto, attualmente, davanti il Tribunale di Marsala, è in corso il processo che vede Correra accusato di bancarotta fraudolenta e truffa allo Stato. E nel corso di questo processo il maresciallo delle Fiamme Gialle Salvatore Missuto ha confutato la tesi della difesa, secondo cui nel periodo delle contestazioni l’imputato era “vittima di usura”, affermando che “cospicue somme di denaro sono state prelevate da Correra dalle casse della fallita Kemical Green dopo l’arresto delle persone all’epoca accusate di usura”.