di Marco Marino - È diventato molto difficile perdersi. Basta avere uno smartphone con l'applicazione di Google Maps ed è come se avessimo il mondo in tasca: le mappe - ieri infiniti fogli di carta ripiegati, oggi percorsi virtuali definiti - abitano il nostro quotidiano, testimoniandoci silenziosamente (o no, dipende da noi dare voce al cellulare) l'esistenza dei luoghi che vogliamo visitare. Quei luoghi, potremmo dire, esistono perché un satellite li traccia, li delimita e li offre alle nostre esigenze.
E se un luogo per esistere davvero avesse bisogno d'altro? Se la sua presenza all'interno di una carta geografica non poggiasse su foto spaziali ad alta risoluzione, su cosa o su chi, allora, dovrebbe trovare fondamento?
C'è una geografia - accanto a quella fisica e politica che impariamo a scuola sui fogli di carta trasparente - che si occupa di storie. Storie che non hanno il compito di tracciare luoghi, né di delimitarli, né di offrirli alle esigenze dei viandanti. Il loro compito è crearli, i luoghi, darne un'immagine tanto veritiera che diventa impossibile non dirsi parte di quell'universo narrato.
Queste le prime sensazioni che accompagnano la lettura di «Hiram the Phoenician», il primo libro pubblicato dalla Ipotenusa Edizioni di Alfredo Sparano con una prefazione dell'archeologa Maria Pamela Toti. Ci troviamo a Mozia nei giorni che precedono l'assedio del tiranno siracusano Dionisio, il giovane Hiram - nel racconto tratto da «Fuochi nel Mediterraneo» di Antonio Licari e adattato in lingua inglese da Giorgio Torre - viene ingaggiato dallo scriba Reshef per indagare su un traffico illecito di murici ovvero dei molluschi da cui si ricavava la porpora per colorare le stoffe. Eppure, mentre seguiamo l'investigatore fenicio nelle sue ricerche, iniziamo ad accorgerci che l'indagine diventa quasi un pretesto letterario: l'obiettivo della narrazione è restituire le immagini variopinte della città, dei costumi degli abitanti, del multiculturalismo del mercato. È Mozia la vera protagonista, un'isola creata – non semplicemente descritta - perché il lettore possa trasferire le tracce passate del tempo e dello spazio nel presente del suo sguardo proiettato al largo dello Stagnone.
E da qui l'idea di Alfredo Sparano, imprenditore e promotore del progetto editoriale, di proporre ai visitatori del nostro territorio un espediente diverso per addentrarsi negli spazi isolani, come se ogni paragrafo di «Hiram the Phoenician» fosse un modo per rimpossessarsi di un metro di terra pixelato su un touch screen. Un'idea, questa di Sparano, sostenuta dalle sinergia di due realtà, Krivamar e Vinisicilia, due narratrici attente del sogno di sconfinamento che questo territorio nutre da anni. Ci saranno altri viaggi lungo il percorso dell'Ipotenusa Edizioni, nuovi luoghi a cui dare voce.
Una curiosità: l'illustrazione di copertina, che vuole dipingere la quotidianità moziese, è opera di Antonio Molino ed è stata ripresa da uno Speciale Mare della rivista Airone del 1988.