Depositate in cancelleria qualche settimana fa, sono adesso nelle mani di accusa e difesa le motivazioni con cui, il 9 aprile, il Tribunale del Riesame di Palermo, ha accolto la richiesta di scarcerazione, con concessione dei “domiciliari” al 56enne assistente capo di polizia Angelo Patriarca, arrestato il 15 marzo insieme al marocchino Rachid Dalal, di 31 anni (entrambi sono tornati in libertà una settimana fa) per la vicenda dei 400 passaporti sottratti con l’inganno alla Questura di Trapani.
Concedendo i domiciliari al poliziotto, i giudici del Riesame hanno riqualificato tutti i reati inizialmente contestati dalla Procura di Trapani, e cioè associazione per delinquere finalizzata al peculato, furto, ricettazione e corruzione, nella meno grave truffa pluriaggravata e continuata in concorso ai danni dello Stato. Un reato per il quale la pena massima prevista è di cinque anni di reclusione. Gli indagati possono, quindi, patteggiare e usufruire dello “sconto” di un terzo, evitando inoltre di tornare in carcere. Un’ipotesi, quella del patteggiamento, a cui il pm si era opposto. “Non ci sono dubbi – si legge nelle motivazioni del Riesame – sulla commissione, da parte del prevenuto (Patriarca, ndr), delle condotte materiali allo stesso ascritte (il poliziotto, presentandosi in Questura “sotto falso nome” ed esibendo una istanza del Commissariato di Mazara “contraffatta”, si fece consegnare 400 moduli di passaporto in bianco, ndr), al di la dei solidissimi dati esposti nell’ordinanza applicativa della misura in esecuzione (carcere, ndr), … va altresì evidenziata la sostanziale ammissione dei fatti compiuta dal Patriarca al momento dell’esecuzione della misura (arresto, ndr), allorché ha reso dichiarazioni spontanee alla polizia giudiziaria riferendo di avere effettivamente ricevuto denaro in cambio degli atti contrari ai doveri d’ufficio”. Per i giudici del Riesame, però, il reato da contestare è la truffa ai danni dello Stato e non quelli ipotizzati dalla Procura trapanese. Spiegando il motivo di tale conclusione con la citazione di due sentenze della sesta sezione penale della Cassazione. A difendere Angelo Patriarca sono gli avvocati Vincenzo Forti e Francesco Vinci, che hanno dichiarato “Il distacco emotivo dalla lite dovrebbe essere una luce guida capace di illuminare il cammino di tutti gli operatori del diritto, ma ahimé, talvolta, per qualcuno questa luce si spegne”. Una dichiarazione chiaramente polemica nei confronti di chi rappresenta l’accusa o ha svolto le indagini.