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28/06/2018 06:00:00

D'Alì e la sorveglianza speciale. Oggi a Trapani l'ultima udienza del dibattimento

Riprende oggi davanti al Tribunale delle Misure di Prevenzione di Trapani, il procedimento a carico dell’ex senatore di Forza Italia Tonino D’Alì. Per l’ex parlamentare azzurro, i magistrati della Dda di Palermo hanno chiesto l’applicazione per cinque anni dell’obbligo di dimora a Trapani, utilizzando le stesse motivazioni con le quali i giudici di appello hanno sentenziato la prescrizione e l’assoluzione.

Per i pm della Procura antimafia D’Alì è un soggetto socialmente pericoloso. Nel corso del procedimento il pm Pierangelo Padova ha depositato ulteriori prove, secondo le quali, l’ex senatore avrebbe mantenuto i contatti con soggetti di Cosa nostra. Quella di oggi dovrebbe essere l’ultima udienza, prima della decisione.

Il procedimento nei confronti di D’Alì iniziò il 13 luglio del 2017, un mese dopo le elezioni amministrative che avevano visto D’Alì battuto al primo turno dall’ex sindaco Fazio e da Pietro Savona del PD.

Durante la campagna elettorale lo stesso D’Alì era stato raggiunto da un provvedimento di sorveglianza speciale con l'applicazione del soggiorno obbligato a Trapani, e quasi contemporaneamente l’ex sindaco Mimmo Fazio, venne, addirittura, arrestato per corruzione.

Nel dibattimento che si chiude oggi, non ci sono novità rispetto alla posizione processuale accertata dai due processi chiusi a carico dell’ex senatore imputato per concorso esterno in associazione mafiosa: uno davanti al gup di Palermo e l’altro alla IV sezione della Corte di Appello, che hanno visto assolto D'Alì fino al 2011 sia in primo grado sia in appello e contestualmente dichiarato il non luogo a procedere per prescrizione del reato fino al 1994.

La Cassazione, però, ha annullato la sentenza d'appello e l’inizio del nuovo processo è stato fissato il 17 ottobre prossimo sempre con lo stesso capo d''imputazione. Il dibattimento avverrà davanti ai giudici della terza sezione della Corte di Appello di Palermo e con il rito abbreviato

L'accusa - Per la Procura, D’Alì avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella gestione degli appalti per importanti opere pubbliche e un suo collegamento con gli interessi mafiosi sarebbe emerso in modo significativo dalla vicenda del prefetto Fulvio Sodano che venne trasferito da Trapani mentre cercava di opporsi al tentativo della mafia di riappropriarsi della Calcestruzzi ericina, un’azienda sequestrata al boss di Trapani Francesco Virga.

Recentemente anche la carte dell'operazione antimafia “Pionica” erano finite nel procedimento trapanese. Le videocamere nascoste dei carabinieri, hanno ripreso un incontro tra D'Alì e Girolamo Scandariato, imprenditore in odor di mafia arrestato nel corso della stessa operazione. Scandariato  era interessato a prendere in affitto un appezzamento di terreno della famiglia D'Alì per piantare alberi di Paulownia, un albero dal legno pregiato. 

D’Alì è stato ripreso in auto con Scandariato e nel baglio di altri due arrestati, i fratelli Gucciardi. Baglio in cui si sarebbero tenuti, secondo gli inquirenti, diversi summit di mafia e in cui venne scoperto un gps piazzato dai carabinieri. Proprio Scandariato si occupò della bonifica dei luoghi dopo il ritrovamento.

L'incontro non ha avuto alcun valore penale, e lo stesso D'Alì non rimase coinvolto nell'operazione antimafia, ma le immagini che ritraggono l'incontro sono finite lo stesso tra le carte dell'accusa.

Altro punto su cui si basano le accuse della Procura sono le dichiarazioni dei pentiti - Di D’Alì e dei suoi rapporti con i boss mafiosi hanno parlato in questi anni diversi pentiti tra cui Giuffrè, Campanella, Birrittella, Sinacori e Ingrasciotta. Quest'ultimo ha raccontato dei rapporti di D’Alì con i Messina Denaro, campieri nelle tenute di Castelvetrano di proprietà della famiglia D’Alì che si impegnarono per la prima candidatura al Senato nel 1994. Altro rapporto personale che D’Alì avrebbe intrattenuto, secondo la Dda di Palermo, è quello con Tommaso Coppola, imprenditore valdericino, condannato in via definitiva per mafia e ritenuto il regista dei grandi appalti della Provincia di Trapani.

Nell’atto di accusa nei confronti dell'ex senatore trapanese, c'è anche, la testimonianza di don Ninni Treppiedi, ex arciprete di Alcamo ed ex direttore dell'ufficio amministrativo della diocesi di Trapani, i cui racconti in particolare nel processo di secondo grado sono stati ritenuti attendibili; racconti che riguardavano la Banca Sicula ma soprattutto i rapporti che tanti anni fa D’Alì avrebbe intrattenuto con la famiglia mafiosa di Mazara del Vallo degli Agate.