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15/08/2018 06:00:00

Il disastro di Genova. Ennesima tragedia annunciata. Le vittime sono salite a 37

16.10 - Sono 37 le vittime causate dal crollo di Ponte Morandi avvenuto ieri alle 11,50. Il dato è stato fornito dalla prefettura. Di queste, cinque non sono state ancora identificate. I feriti sono 16, di cui 12 in codice rosso.

Oggi è Ferragosto ma non è festa. Un Paese che ha subìto la tragedia di ieri a Genova, con 31 morti accertati fino a questo momento e decine di dispersi, non può essere un Paese in festa.
Un dejavu, un qualcosa, purtroppo, di già vissuto quello di un ponte che crolla e si trascina dietro morte e dolore. E’ accaduto a ottobre del 2016 con il crollo in Brianza che causò la morte di un pensionato, e accaduto ad Ancona, causando la tragica fine di una coppia e il ferimento di due persone.

Ieri, 14 agosto 2018 alle 11:50, giorno quasi festivo per la maggior parte degli italiani, è diventato il giorno nell’ennesima grande tragedia italiana, perché di questo si tratta e perché anche in questo caso, stiamo parlando di una tragedia annunciata visto che su questo stesso ponte da tempo c’erano già parecchi dubbi sulla sua solidità. Tante, troppe le vittime che oggi, ferragosto 2018, dovevano essere al mare con i propri figli, con i genitori o con le fidanzate, e invece non ci sono più, morte per aver attraversato un ponte come tante volte avevano fatto, solo che questa volta il ponte dopo cinquantuno anni, (era stato inaugurato nel 1967) non ha retto al peso del tempo e delle intemperie. Progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi, noto come "Ponte delle Condotte" dalla società che lo costruì, ma anche "Ponte di Brooklyn" per una forma che richiama al celebre ponte americano, aveva una lunghezza di 1.182 metri, un'altezza al piano stradale di 45 metri e 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza; la luce massima è di 210 metri.

“Il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l'aumento dei costi di costruzione preventivati”. E' questa la valutazione del ponte crollato fatta due anni fa dall'ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all'Università di Genova. Le osservazioni dell'ingegnere sono di carattere strettamente tecnico, ma fanno riferimento al fatto che il ponte, realizzato nei primi anni '60, fu fin dai primi decenni "oggetto di manutenzioni profonde - si legge su Ingegneri.Info - con costi continui che fanno prevedere che tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto - conclude l'articolo - sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo". Il viadotto fu interessato da imponenti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei cavi di sospensione a cavallo della fine anni '80 primi anni '90, con nuovi cavi affiancati agli stralli originari.

Il problema del ponte Morandi è che i tiranti sono stati costruiti in calcestruzzo e non in metallo, e che negli anni Sessanta non si metteva in conto che il calcestruzzo si degrada e poi collassa. Cinquant'anni fa c'era una fiducia illimitata nel cemento armato. Si credeva fosse eterno. Invece si è capito che dura solo qualche decennio.

Dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella è arrivato l’appello affinché si facciano indagini severe su quanto accaduto. Il ministro Matteo Salvini e quello dei Trasporti Danilo Toninelli vogliono i responsabili. Toninelli accusa di scarsa manutenzione l’Anas. Ecco, anche in questo caso, abbiamo già ascoltato queste dichiarazioni, puntuali come i crolli che le hanno precedute, solo che in passato non hanno portato a nulla, né all’individuazione di responsabilità né a un cambiamento radicale per cercare realmente di mettere al passo con i tempi e rendere sicura e moderna le rete viaria in Italia. Ogni volta si annuncia un piano di controllo e ammodernamento, puntualmente smentito dalla realtà dei fatti. Perché i ponti continuano a crollare, le strade rimangono vecchie e obsolete così come sono state costruite tanti anni fa, senza veri interventi. In Italia c'è bisogno di questo, di infrastrutture viarie, di ferrovie. Siamo fermi a troppi anni addietro.

Il Ministro dell’interno Salvini anche in questa occasione non ha potuto fare a meno di rimarcare il suo “prima gli italiani”:"Se ci sono vincoli europei che ci impediscono di spendere soldi per mettere in sicurezza le scuole dove vanno i nostri figli o le autostrade su cui viaggiano i nostri lavoratori, metteremo davanti a tutto e a tutti la sicurezza degli Italiani”.

 Lo faccia, dato che è il vicepremier del governo che si dice del cambiamento, parli di meno, lui e i suoi colleghi di governo, e realizzi le cose che dice di voler fare. Fino a prova contraria siamo ancora in una Repubblica che ci vede lontani dai Paesi più avanzati dal punto di vista delle infrastrutture e se non riusciamo a rendere sicura la viabilità attuale come si può pensare di fare degli step successivi legati alla mobilità futura.

 In Italia ci sono 60 mila ponti, visto che gli esperti dicono che sono sostanzialmente sicuri, perché costruiti bene e che non bisogna avere paura di attraversarli, bene, si inizi da lì, lo dimostrino, perché dopo quello che è accaduto a Genova, i dubbi e le apprensioni degli italiani di certo non sono diminuiti. 

Questo il commento del Consiglio Nazionale dei Geologi in merito al cedimento del viadotto sul torrente Polcevera a Genova:

“Il crollo del ponte autostradale Morandi avvenuto a Genova, che si sarebbe verificato per cause di natura strutturale, conferma ancora una volta la necessità di dare avvio a una svolta culturale che veda finalmente l'adozione di un vero piano nazionale di manutenzione dell'edificato e di controllo del territorio”. .

“Molte delle infrastrutture viarie italiane – prosegue la nota del CNG - sono state costruite negli anni ‘60 e ‘70 e si rifanno dunque a normative tecniche non adeguate agli utilizzi e ai carichi di esercizio attuali, ma molte di esse sono anche carenti dal punto di vista della sicurezza geologica e sismica, perché il contributo di queste discipline non era contemplato dalle allora vigenti normative. E in tutto il Paese sono migliaia i ponti e i viadotti che rientrano in questa casistica. Per evitare che si ripetano tragedie simili, secondo i geologi è indispensabile attuare una seria politica di prevenzione dai rischi, finalizzata alla sicurezza e alla pubblica incolumità dei cittadini e a un sicuro risparmio economico solo attraverso un piano straordinario di manutenzione e messa in sicurezza delle opere esistenti e del territorio, richiamato dopo ogni tragedia ma subito dopo sempre finito nel dimenticatoio.

“La manutenzione è stata normata solo con la legge quadro sui lavori pubblici del 1994, - afferma il CNG - in cui trova una prima esplicita definizione e risulta parte integrante della progettazione, esecuzione ed esercizio delle opere pubbliche. Anche le successive discipline dei lavori pubblici (D.Lgs 163/2006 e relativo regolamento attuativo e l’attuale D.Lgs 50/2016) riportano integralmente la disciplina sulla manutenzione contenuta nella precedente legge quadro. Lo sforzo del legislatore a partire dal ‘94, apprezzabile dal punto di vista culturale e giuridico, è stato di fatto vanificato dalla carenza di cultura della manutenzione nella pubblica amministrazione, i cui decisori ne hanno sottovalutato l’importanza, facendo sì che il piano di manutenzione e/o di monitoraggio strutturale e geotecnico fossero eseguiti dal progettista e dai progettisti specialisti, ma spesso senza previsione del finanziamento per l’attuazione, come prevede la legge” concludono i geologi".