di Rossana Titone - Se la politica perde umanità, se la politica deride chi nella vita è portatore di disabilità, allora non è politica. Lascia un graffio, profondo, la kermesse di Beppe Grillo a Roma. Un graffio che è anche il segno di come non si dovrebbe essere. Questa volta ad essere derisi sono gli autistici. Adesso si dirà che il senso era un altro. Non ci sono doppi sensi quando si parla di autismo o di altre forme di disabilità. Ci sono sensibilità, che vanno coltivate e accarezzate, perchè il solco diventi un tenue tocco di nobiltà d'animo.
Per Beppe Grillo, al Circo Massimo di Roma, è stato un momento di show. Da uomo di spettacolo è avvezzo ad attirare l'attenzione della platea, insopportabili i sorrisini e i sghignazzi dei tanti attivisti e politici accorsi nella capitale da ogni parte d'Italia. Tra quei grillini ci sono amministratori locali, deputati nazionali e regionali. Insomma, rappresentanti delle istituzioni.
Grillo parla, gli altri ascoltano e ridono, di qualcosa che non conoscono. Non sanno che molti degli autistici non amano il contatto, che si nascondono dietro lunghi silenzi, che si isolano nel loro mondo, perchè è lì che nessuno li può ferire, giudicare, guardare. Caro Grillo, la disabilità è un limite per chi non si è mai confrontato con nessuno di loro, con chi non ha mai affondato lo sguardo dentro quel pozzo, che non è un buco nero ma una diversità da valorizzare e non emarginare. Si chiama inclusione. Che fiducia si può avere nelle istituzioni se queste deridono i deboli?
Eppure, il disabile conosce un aspetto della vita non comune ai più: il potere della conquista. Il misurarsi con i propri limiti e superarli, raggiungendo obiettivi e potendo fieramente dire: ce l'ho fatta. Questa politica rabbiosa, incattivita, aggressiva, incapace di dialogare se non imponendo il proprio pensiero, irrispettosa delle opinioni altrui, sempre alla ricerca dello scontro e del nemico da abbattere, cosa sta costruendo? Solo la paura del diverso.
Del resto è il governo degli slogan, adesso tocca agli autistici, ai disabili. Domani sarà il turno di altri. Bisognerebbe ricordare che lo spazio in politica non si conquista con il turpiloquio e con l'aggressione verbale, ci vogliono i programmi. Sui grandi temi del Paese non ci sono colori politici, ci sono le istituzioni. Perdonatemi la battuta: qui, il disordine sociale non è degli autistici ma di chi domenica se la rideva di gusto, dimenticando che chi ha un ruolo pubblico deve dare l'esempio, a casa tanti ragazzini potrebbero svegliarsi con lo sfottò facile verso il compagno di classe, che poi diventa bullismo.
C'è un dovere morale che dovrebbe guidare chi ha sbandierato ai quattro venti lo Stato etico, senza mai, però, avere letto Hegel. A tornare di moda, invece, dovrebbe essere la vergogna.