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24/10/2018 06:00:00

Il limbo dei rifiuti in Sicilia, la nuova legge e i casi degli impianti di compostaggio

La situazione dei rifiuti in Sicilia non gode certo di ottima salute e superate le emergenze estive che ogni anno si presentano puntuali e precise come un orologio svizzero, rimane sempre impantanata tra le decisioni della politica e conseguentemente nelle lungaggini burocratiche degli uffici regionali.

In particolare sono due gli aspetti principali che al momento bloccano tutto in una sorta di limbo. Da un lato c’è quello normativo, con l’attesa della nuova legge. Dall’altro c’è quello tecnico-pratico di come riuscire a smaltire i rifiuti visto che le discariche siciliane non bastano e non riescono più farlo.

Nuovo disegno di legge all'ARS - Il Governo regionale ha presentato un nuovo disegno di legge, ora all’esame dell’ARS, che abroga la riforma varata con la legge 9/2010, ritenuta «contraddittoria», «difficilmente applicabile» e «illogica» e che prevedeva entro il 2015, di raggiungere il 65% di raccolta differenziata. Purtroppo tutto questo non si è verificato e la Sicilia, secondo il Rapporto Ministeriale dell’ISPRA, è ancora ferma al 15% di differenziata. Numeri imbarazzanti nei confronti del resto d’Italia, con il 64% al Nord, il 49% al Centro e persino il 38% al Sud. Quella legge che doveva semplificare tutto il sistema della raccolta rifiuti non solo non lo ha fatto ma nel 2013, oltre ai 10 ambiti territoriali e alle 18 SRR, si permise ai comuni di organizzare in proprio la gestione dei rifiuti portando alla nascita di 200 ARO, causando non solo spreco di denaro ma anche zero risultati. La nuova riforma ora prevede il coordinamento, l’organizzazione e il controllo del servizio a livello regionale diviso però nei territori in nove ambiti, ognuno per ogni provincia. 

Impianti di compostaggio bloccati - La Sicilia rimane però bloccata anche per la costruzione di quegli impianti di compostaggio e biometano che dovrebbero sostituire le vecchie discariche ormai sature ma tra le discussioni alla Regione e i ricorsi al Tar dei sindaci e delle comunità locali, ci sono sei impianti bloccati e altri quattro, il cui iter che deve ancora iniziare, è già abbastanza nebuloso.
In pratica sono quegli impianti che lavorando la parte umida e organica dei rifiuti già differenziati, con un processo di fermentazione producono prima metano e poi anche compost da utilizzare come fertilizzante in agricoltura. Anche su questi impianti che, almeno sulla carte dovrebbero essere rispettosi dell’ambiente e della salute pubblica, ci sono comunque degli scontri e delle paure da parte delle comunità locali che non vogliono che dei privati mettono su degli impianti del genere nei loro territori. Ma vediamo quali sono in Sicilia questi impianti che per il momento sono stoppati.

Il caso Alcamo - Ad Alcamo c’è quello della ditta Asia. Un impianto di compostaggio per cui la ditta ha chiesto una variante secondo la quale accanto alla produzione di metano verrebbe realizzata una caldaia che brucerebbe ciò che resta dalla fermentazione producendo così energia per autoalimentare l’impianto stesso. Il Comune di Alcamo ha già detto no, nella seduta straordinaria del consiglio comunale che si è tenuta al Centro congressi Marconi. Ad affiancare e a rafforzare tale opposizione c’è il comitato civico appena costituitosi per promuovere la petizione popolare intitolata «Alcamo capitale della munnizza? No grazie». L’iniziativa consiste in una raccolta di firme, sia su appositi modelli cartacei che on line, per contrastare il progetto di creazione in contrada Citrolo (quasi alle porte del centro urbano alcamese), di un impianto per la produzione di biometano da biogas derivato da rifiuti. Il comitato ha tra i principali promotori Massimo Fundarò ed è presieduto da Rosa Alba Puma, consigliera comunale del M5S. La quale tiene comunque a puntualizzare: «È un comitato apolitico e apartitico, il problema tocca tutti». L’obiettivo dichiarato è di raccogliere firme quante più possibile per presentare la petizione alla Regione. Fundarò dichiara: «Noi siamo contrari a quest’impianto perché danneggia la popolazione di Alcamo, che ha una produzione di circa 20 mila tonnellate annue di rifiuti. Se si realizza sia quest’impianto di produzione di biometano, sia l’allargamento della ditta D’Angelo che tratterà i rifiuti, avremo un quantitativo enorme: 273 mila tonnellate di rifiuti l’anno: la “munnizza” di metà Sicilia». E aggiunge, assieme a Rosa Alba Puma: «Non riusciamo a comprendere il perché della localizzazione di quest’impianto intorno a un polo privato, tra l’altro con degli impianti che, secondo noi, non rispondono alle normative italiana ed europea. Alcamo fa una buona raccolta differenziata, era stato già finanziato un impianto aerobico a Calatafimi, che potrebbe assolvere benissimo alle necessità del nostro territorio. Ma il governo Musumeci – conclude Fundarò - ha tolto i soldi da quest’impianto pubblico e li ha dirottati. Gli impianti privati fanno solo gli interessi dei privati».

Caso Marsala - A Marsala la ditta CH4 Energy di Catania vorrebbe realizzare un suo impianto. C’è già il parere positivo dell’assessorato regionale all’Energia rilasciato a giugno di quest’anno ma la pratica è ferma in attesa della conferenza di servizi. A dire no a questo progetto il capogruppo UDC Eleonora Lo Curto e in generale il M5S. Ricordiamo inoltre che a Marsala potrebbe nascere anche un altro impianto di trattamento dei rifiuti, quello della Asa Group srl. del quale potete leggere in questo nostro articolo di alcuni mesi fa.

Altro caso complicato è quello di Calatafimi Segesta. Qui l’impianto della "Solgesta Srl" (potete leggere qui un nostro articolo) prevede la produzione di biometano e compost tramite la lavorazione dei rifiuti e gli scarti provenienti dall'agricoltura e dall'industria alimentare ma anche la possibilità di bruciare parte dei rifiuti inviati dai Comuni. Dopo l’iniziale parere favorevole del Comune, il sindaco ha revocato in autotutela il precedente parere. Dura la protesta di Legambiente secondo la quale siamo di fronte ad un impianto di trattamento termico dei rifiuti (Gassificatore) rivolto alla produzione di Syn-Gas. Questi tipi di impianti sono dei veri e propri inceneritori. E a questi no si è aggiunto anche quello della Regione.

A Biancavilla la stessa CH4 Energy ha tutto pronto per realizzare un impianto senza emissioni in atmosfera che produrrebbe metano e fertilizzanti dai rifiuti umidi. Qui è stato il sindaco a fare ricorso al Tar per bloccarlo.

A San Filippo del Mela in provincia di Messina l’azienda milanese A2A, dopo i no della Regione al termovalorizzatore di nuova generazione ha convertito il progetto al biometano da produrre senza emissioni in atmosfera. Il progetto per cui c’è stato il plauso di Legambiente e ancora allo stato iniziale.

Anche a Terrasini è stato bloccato dai no dei comitati civici un impianto di compostaggio destinato a smaltire la parte organica dei rifiuti producendo fertilizzanti.

La cautela della Regione - All’assessorato all’Energia sono arrivate altre quattro richieste per la realizzazione di impianti di compostaggio che ora attendono di iniziare il loro iter certamente con un clima non favorevole. Almeno per questo tipo di impianti anche Legambiente rispetto al passato si dice favorevole chiede alla Regione di autorizzarli. Ma a tirare un po’ il freno a mano è Aurelio Angelini, il consulente di Musumeci a cui è stato affidato il compito di redigere il piano rifiuti. “Alcuni impianti di biogas non sono inquinanti - afferma Angelini - contro questi non abbiamo nulla e sono previsti nel nostro piano rifiuti. Ce ne sono anche altri che dietro la parola biometano nascondono processi produttivi che prevedono di incenerire i rifiuti, come quello di Alcamo e Segesta e noi non siamo d’accordo". 

L’incertezza tra impianti sicuri e non sicuri e i tempi delle cose della politica regionale non promettono nulla di buono a breve termine nel percorso per arrivare ad una sistema efficiente di raccolta e smaltimento dei rifiuti.