Giorni infuocati tra il Ministro dell'Interno Matteo Salvini e i sindaci del Partito Democratico.
La rivolta parte da Palermo, Leoluca Orlando marcia contro il Decreto sicurezza di Salvini, non ne consentirà l'applicazione, tutelando i diritti umani e la protezione internazionale.
Disumano, dicono in molti, un decreto che non tiene conto delle persone, una legge senza coscienza.
Ed effettivamente, a leggere bene il decreto si comprende come non sia per la sicurezza ma contro alimentando l'illegalità.
Ma si sa, la Lega non parla di altro se non di immigrati.
E a Palermo, a Piazza Pretoria, sede del Municipio, in tanti hanno manifestato in favore del sindaco Orlando, circa 500 persone sotto la pioggia per dire con forza il loro “No” al decreto Salvini.
E si annunciano battaglie innanzi la Corte Costituzionale.
A chiedere di schierarsi apertamente contro il decreto e in appoggio ad Orlando è il segretario regionale del Pd, Davide Faraone.
Apertamente e senza giri di parole, pure a mezzo facebook, ha inviato a tutti gli amministratori locali la nota che il sindaco di Palermo ha trasmesso al dirigente dell'anagrafe con la quale si chiede di sospendere il decreto, esortandoli ad applicarla anche nei loro Comuni.
La direttiva di Faraone non ha trovato conferma in molti dei sindaci del trapanese, non di certo in quello di Marsala, Alberto Di Girolamo, che ha già applicato il decreto a mezzo della dirigente Matilde Adamo.
Non si tratta solo di punto di diritto nell'applicazione di una legge, si tratta anche di politica.
Dove sono i consiglieri comunali che avevano chiesto il riconoscimento della cittadinanza onoraria a Mimmo Lucano, sindaco di Riace?
Il sindaco Di Girolamo non farebbe mai una azione contra legem, nemmeno se di mezzo c'è il buon senso chiamato in questo caso umanità.
Troppo facile, però, dirsi inclusivi, schierarsi pro accoglienza e poi vedersela dal balcone.
Dare l'esempio è importante, rispettare leggi e regole altrettanto, ma è altresì netto spiegare alla città se si è ancora di un partito oppure si occupano caselle a convenienza.
Questo deve spiegarlo alla città il Primo Cittadino, così anche la giunta.
Banale per taluni assessori, come Anna Maria Angileri, schierarsi per le primarie in favore di Davide Faraone e poi non dare seguito alle direttive di partito.
E allora si faccia chiarezza, la città deve sapere se questa Amministrazione è ancora del Partito Democratico, ovvero, per come più volte ha fatto intendere il sindaco, è autonoma.
Non si faccia nemmeno mistero del fatto politico, importante e non a se stante, che per la campagna delle primarie la giunta, ad eccezione della Angileri, e il sindaco si sarebbero astenuti dal voto.
Tutti quanti in trepidante attesa aspettano il mese di marzo per scaraventare i voti su Nicola Zingaretti, indicato come successore alla segreteria nazionale.
Amministrare è difficile, si sa, però è necessario farlo con chiarezza e trasparenza, senza sorprese finali.
Il sindaco è del Pd o no? Gli assessori sono del Pd o sono tecnici? O metà carne e metà pesce? Sono domande che si pone una parte della città, quesiti non secondari per comprendere quale potrebbe essere lo scenario delle alleanze in vista del
2020.
Il partito non può essere una casa da occupare solo quando splende il sole, sarebbe opportuno, anziché fare mille conferenze stampa pure per dire che è caduta la pioggia, senza equivoci uscire dallo stagno.
Rossana Titone