Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
17/01/2019 19:33:00

Messina Denaro, a processo i magistrati che cercavano il boss castelvetranese

Sono Maria Teresa Principato e Marcello Viola, i due magistrati antimafia, a processo su richiesta della Procura di Caltanissetta per rivelazione di segreto d'ufficio. I fatti si riferiscono alle indagini sulla cattura del latitante Matteo Messina Denaro.  I due magistrati, Principato all'epoca  procuratore aggiunto di Palermo e Viola procuratore capo di Trapani, sono accusati di rivelazione del segreto d'ufficio - secondo quanto riporta l'AGI -.  I fatti risalgono al 2015 e le indagini sono rimaste top secret per oltre un anno. I due magistrati all'epoca conducevano le indagini per la cattura del latitante Messina Denaro: la Principato (adesso applicata alla Direzione nazionale antimafia) in virtù dell’appartenenza alla Dda di Palermo con delega al territorio trapanese e titolare del pool di ricerca del capomafia; Viola (ora procuratore generale a Firenze) perchè a capo della Procura di Trapani. 

 Si tratta di due fascicoli differenti, il primo aperto nel 2016 e l’altro nel 2017. Entrambi i procedimenti sono già al vaglio dei giudici del Tribunale nisseno: a fine gennaio uno dei due magistrati sarà processato con il rito abbreviato condizionato. Per l'altro la Procura di Caltanissetta aveva chiesto l’archiviazione ma alcuni giorni fa il gip ha disposto l’imputazione coatta.  

Il fascicolo di indagine originario da cui è scaturito il processo contro il magistrato Marcello Viola e un appuntato della Guardia di Finanza per violazione del segreto d’ufficio nell’ambito delle ricerche del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro, comprendeva “l’aggravante di aver favorito Cosa nostra”, prevista dall’articolo 7 delle legge 203 del 12 luglio del 1991 "Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa”. Il procedimento sulla base del quale sono adesso imputati è quindi uno stralcio dell’inchiesta originaria.   Il procedimento iniziale – nel cui ambito erano state eseguite anche attività tecniche di intercettazione - ebbe inizio in seguito alla perquisizione effettuata dalla Guardia di Finanza nell’ottobre 2016 contro l’ufficiale di pg applicato alla segreteria dell’allora procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato. Durante il successivo accertamento informatico fu trovato un sms in cui si faceva riferimento alla consegna di una pen drive al magistrato Viola contenente “copia informatica di atti coperti da segreto investigativo” riguardante la cattura del latitante Messina Denaro. La competenza delle indagini antimafia è riservata alle Procure distrettuali antimafia e nel distretto della Sicilia occidentale è la Procura di Palermo a coordinare le inchieste sul territorio trapanese. In base a questo la Procura di Caltanissetta riteneva che “lo scambio illecito di atti coperti da segreto investigativo” potesse oltre che violare un protocollo di coordinamento anche danneggiare le indagini della Dda di Palermo per la cattura di Messina Denaro. Di qui la contestazione dell’aggravante, poi caduta.