Dieci anni e sei mesi di carcere. E' quanto chiede la Procura di Caltanissetta per l'ex presidente degli industriali siciliani Antonello Montante, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione nell'ambito del processo sul cosiddetto"sistema Montante", che si celebra con il rito abbreviato davanti al gup Graziella Luparello. Chiesta una sola assoluzione: quella di Alessandro Ferrara, dirigente della Regione.
Secondo l'accusa, Montante avrebbe cercato di ottenere informazioni - da usare a proprio vantaggio - su persone che hanno rivestito un ruolo politico di ambito regionale e che erano entrate in rotta di collisione con lui. In media, come spiegato dai pm durante la requisitoria, sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull'ex presidente dell'Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino. Per la procura di Caltanissetta la catena di fuga di notizie sarebbe stata alimentata da alcune "talpe" istituzionali, appunto gli imputati. Allo stesso tempo avrebbe elargito favori per assicurarsi l'appoggio di questo o quel personaggio.Per il pm Stefano Luciani "la raccomandazione era elevata a sistema".
Alla sbarra, oltre a Montante, Gianfranco Ardizzone, ufficiale della guardia di finanza, per il quale sono stati chiesti quattro anni e sei mesi; Marco De Angelis, funzionario della Questura di Agrigento, per il quale vengono chiesti sei anni e undici mesi di carcere; Andrea Grassi, attuale questore di Vibo Valentia, per lui chiesti due anni e otto mesi di reclusione; Diego De Simone, responsabile security di Confindustria, per il quale la procura chiede sette anni e un mese di carcere, accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, alla rivelazione di notizie coperte dal segreto d'ufficio, al favoreggiamento.
Montante, come emerso durante la requisitoria, è ancora indagato dalla procura di Caltanissetta, per concorso esterno in associazione mafiosa. La requisitoria dei pubblici ministeri Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso è iniziata dalla posizione di Andrea Grassi, attuale questore di Vibo Valentia, all'epoca dell'inchiesta funzionario del Servizio centrale operativo della polizia. Il dirigente è accusato di aver fatto filtrare la notizia dell'indagine condotta dalla squadra mobile nissena su Montante. Per le rivelazione sono indagati anche l'ex capo dei servizi segreti Arturo Esposito, l'ex presidente del Senato Renato Schifani, il tributarista palermitano Angelo Cuva e l'ex capocentro della Dia di Palermo, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D'Agata, che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario.
Al centro dell'attenzione la figura dell'ex presidente dell'Irsap Sicilia, Alfonso Cicero, parte civile nel processo, che
avrebbe subito minacce e intimidazioni da Antonello Montante. Montante, secondo l'accusa, avrebbe voluto che Cicero firmasse una lettera con data retroattiva al 10 luglio 2014 e "avrebbe dovuto dichiarare che l'azione di denuncia contro mafia e affari nelle aree industriali della Sicilia era frutto delle sue indicazioni", hanno detto i pm. La data della lettera doveva essere firmata prima del 10 luglio 2014, poiché quel giorno Cicero era stato sentito dalla commissione Antimafia nazionale.
"Nessuna sorpresa dalla richiesta di condanna. La richiesta della Procura è in linea con l'impianto accusatorio - commenta all'Adnkronos l'avvocato Giuseppe Panepinto, legale di Montante - La nostra linea difensiva durante le arringhe saranno di tutt'altro tenore".