Il nostro globo terracqueo, questo luogo unico in cui dobbiamo trovare il modo migliore di convivere e da cui non si fugge, è percorso da file innumerevoli di fuggiaschi, migranti, cercatori d’oro o di pace, donne e uomini che passano da un esilio a un altro, costruendo nidi arradicati o mobili come barche nelle acque di tutti i fiumi del mondo.
Gezim Hajdari è uno di questi migranti, venuto dall’Albania, ha costruito il suo nido in Italia, ha scelto questa lingua per la propria poesia, sbalzato continuamente fra nostalgie che si combattono. Voce che canta il mondo nomade in cui viviamo.
Giovanni Lombardo
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DUE POESIE DI GEZIM HAJDARI ( da Poesie Scelte 1990 - 2007 , Edizioni CONTROLUCE, 2014 )
QUELLI CHE CONTINUANO A FUGGIRE.
Quelli che continuano a fuggire nella neve,
lasciando dietro le spalle cieli rimpiccioliti,
muri fragili che tremano, sono in balia delle dimore ignote,
se non delle pallide lune notturne.
Perché spinti a bruciare i ricordi
e a rinunciare alla nostalgia?
E le ceneri dei morti, gli altari
che fine faranno?
Volgetevi verso il richiamo, benedite
i fiori calpestati, l’acqua dei pozzi
che avete bevuto,
vi proteggeranno durante l’esilio intrapreso
fra selve incantevoli
e stagioni impietose.
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PER VOI
Per voi uomini d’Europa che vi arrangiate ogni giorno,
per voi donne dell’Est che lavate per terra o accompagnate
a prendere aria i vecchi dell’Occidente,
per voi immigrati che dormite sulle panchine e vi svegliate
con un’immensa nostalgia,
per voi barboni che non volete padroni
e vivete in pace con l’universo,
per voi prostitute che offrite il vostro sesso a negri, bianchi,
gialli, fino al sangue,
per voi ciechi che siete abbandonati al buio più profondo ed eterno,
per voi malati e disoccupati, come solidarietà e misericordia,
per voi missionari che portate consolazione ai deboli prima di morire,
per voi contadini che fate pascolare il gregge e arate
i campi da nord a sud,
per voi folli che c’insegnate gratis la follia,
per voi che siete soli e fuggite come me
scrivo questi versi in italiano
e mi tormento in albanese.