Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
20/05/2019 06:00:00

Castelvetrano, permalosi a 5 Stelle

 Idiota, zero assoluto, pseudo giornalista…

Sono soltanto alcune delle invettive che attivisti e simpatizzanti 5 Stelle hanno rivolto dai social al giornalista e scrittore Giacomo Di Girolamo, direttore di Tp24. Non hanno gradito il suo editoriale, che potete leggere qui, interpretandolo come se avesse dato del cretino al neo sindaco del M5S Enzo Alfano e a tutti i suoi elettori.

Certo, un editoriale può non piacere a tutti ed i commenti aspri possono anche starci.

Qui però si è andato molto oltre, interpretando una posizione critica nei confronti del movimento come una specie di imperdonabile lesa maestà.

L’editoriale, nella percezione alterata dei social, è diventato un articolo di cronaca fazioso perché pregno di opinioni personali. Ma che senso avrebbe un editoriale, senza l’opinione personale del suo autore?

 

E allora, ecco che sui social si è scatenato il branco.

Qualcuno ha proposto di togliere tutti i mi piace alla pagina di Tp24, un altro ha scritto di volerlo prendere a schiaffi e di strappargli la “licenza da giornalaio”.

Un altro ancora, lontano dai 5 Stelle e vicino alla “vecchia politica”, si è unito al coro accusando la redazione di aver “buttato fango da anni su tutto e tutti”.

Ed infine c’è stato anche chi ha proposto di querelarlo. Più siamo e meglio è, allora vediamoci e raccogliamo le firme.

 

Ma non è mancato nemmeno il ricorso a complotti e dietrologie.

Della serie: “Come mai l’articolo compare proprio nel giorno dell’insediamento del nuovo sindaco?”.

O addirittura: “Dietro quest’articolo c’è qualche soggetto che faceva parte del meet up che poi è ritornato alla sinistra. Non vorrei che parlassimo di rancore personale”.

 

Quasi nessuno ha letto quell’editoriale per quello che è. Il direttore di Tp24 ha fatto un ragionamento attorno alla propaganda 5 Stelle in salsa europea del ministro Di Maio.

E non c’è bisogno di vivere a Castelvetrano per capire che la sola elezione di un partito politico non possa bastare a liberarla dalla mafia. Così come non c’è bisogno di essere dei fini linguisti per capire che nel testo di Di Girolamo non c’è alcuna offesa né al neosindaco Alfano, né tantomeno ai suoi numerosi elettori.

 

Ma cosa ha detto Di Maio su Castelvetrano?

Abbiamo vinto nel paese del boss Matteo Messina Denaro, che aveva visto due anni fa il commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose, insieme al nostro Enzo Alfano Candidato Sindaco M5S Castelvetrano”.

In questo caso, il contesto delle parole è importante forse più del loro significato: se avesse detto di aver vinto nella città dei templi e dell’olio, per lui (e per il movimento) non sarebbe certo stata la stessa cosa.

E ad Emanuele Buzzi del Corriere della Sera, ha detto che “A Caltanissetta, così come a Castelvetrano, abbiamo sconfitto le solite accozzaglie di partiti messi insieme solo per conquistare il potere”.

 

Peccato che per Castelvetrano le cose non stiano affatto così.

I sei candidati sindaci si sono presentati tutti con una sola lista, a parte Calogero Martire che è stato supportato da due liste civiche.

Anzi, a volerla dire tutta, il Movimento 5 Stelle ha vinto al secondo turno proprio per lo scioglimento di una coalizione alternativa a pochi giorni dal termine di presentazione delle liste.  Una coalizione fatta dalle due liste civiche di Martire insieme a Città Nuova, Castelvetrano Avvenire, La Nostra Svolta ed un’altra lista fatta dagli appartenenti al Partito Democratico e dalle altre anime della sinistra cittadina.

I numeri parlano chiaro: se quella coalizione si fosse presentata alle elezioni avrebbe senza dubbio vinto al primo turno.

 

Queste cose Di Maio non le sa. O forse fa finta di non saperle.

Poi, nella stessa intervista al Corriere dice: “Per quanto riguarda il tema delle alleanze, ho già avviato con tutti i portavoce una fase di discussione dove uno dei temi è l’alleanza alle amministrative con liste civiche. Ci stiamo lavorando, ma le cose vanno fatte bene”.

E su questo non può che trovarci d’accordo. Soprattutto perché nei comuni, spesso nelle liste ci sono le stesse persone della cosiddetta continuità.

 

Ma per i 5 Stelle locali più acritici, Di Maio non si tocca, non si può criticare.

Se qualcuno lo fa, verrà considerato una sorta di oppositore del vero cambiamento ed ogni cosa sarà percepita come offensiva, penosa e distruttrice.

Col risultato che un editoriale, che può anche essere critico ed irriverente, trasforma il giornalista che lo scrive in un militante del Pd che ha preso per cretini il sindaco della rinascita ed i suoi elettori.

 

Questa di sentirsi sotto attacco per qualsiasi cosa si dica, a Castelvetrano è però una tendenza abbastanza diffusa.

Basti ricordare quel corteo di mille persone “sonocastelvetranesemanonsonomafioso”, organizzato in seguito ad una affermazione del commissario straordinario Salvatore Caccamo in un’intervista ad Uno Mattina.

Caccamo aveva detto che “Quella diffidenza iniziale, non si è trasformata nell’auspicata collaborazione, purtroppo. Non penso che sia una questione di diffidenza oramai, ma probabilmente proprio di cultura.

Orrore! Ci ha preso tutti per mafiosi!

Ed ecco che l’affermazione diventò “un attacco gratuito e palesemente diffamatorio alla città ed ai suoi cittadini”.

 

Forse oggi, l’unico in grado di incidere positivamente contro questa deriva social persecutoria è proprio il sindaco Enzo Alfano. Che potrà avere tutti i difetti di questo mondo, ma è tutt’altro che un cretino.

 

Egidio Morici