Ho avuto come una visione.
Ci sono io, e ho una felpa addosso.
In questa felpa c’è scritto “PRIMA GLI ITALIANI”. E che cavolo, domenica si vota per le Elezioni Europee. E basta con questa Europa dei banchieri, delle tasse, della Merkel.
Basta! Facciamo prima gli interessi degli italiani, mi dicevo, contento della mia felpa.
Solo che io non sono italiano italiano. Sono meridionale. Di più, siciliano. E quindi italiano di serie B. Dai Savoia ai giorni nostri, quante risorse ha rubato il Nord Italia al Sud? Quanto ci hanno sfruttato, lasciandoci in povertà, i ricchi bauscia meneghini, gli imprenditori brianzoli, i signori delle auto e i politici di Roma ladrona? Mi sono levato la felpa. Sotto ne avevo un’altra: “PRIMA I SICILIANI”. Ora si, che ragioniamo.
Ma cos’è la Sicilia? Un’isola? No. Un continente. E infatti io mica sono un siciliano e basta. Sono un siciliano della provincia di Trapani. Che non è Messina, non è Catania, non è Palermo. Anzi, è una provincia periferica che non potrà crescere mai a causa delle potenti lobby palermitane, che ci vogliono isolare sempre più. Avevamo un aeroporto che funzionava, a Trapani, ora quel cattivone del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, lo sta facendo chiudere, perché a lui, e a quelli come lui interessa solo la crescita di Palermo. Dunque, un bell’800A per tutti. Io mi levo la felpa. Sotto ne ho un’altra. C’è scritto “PRIMA TRAPANI”. Ora si.
Prima Trapani, già. Nel senso della provincia? Del territorio? O della città? Non sia mai! Perché io non sono trapanese. Appartengo alla città di Marsala, che è più grande e florida di Trapani, ma che non è capoluogo di provincia perché a Trapani c’è la mafia, ci sono le logge segrete, i banchieri e i poteri forti. E loro hanno deciso che Trapani doveva diventare capoluogo, e la mia laboriosa Marsala, no. E infatti, per esempio, Marsala da secoli aspetta un porto degno di questo nome. E non si farà mai, perché Trapani non vuole. “Si Marsala avisse u porto / Trapani fusse morto” dicevano i miei nonni. E già: Marsala non potrà mai svilupparsi. Per Trapani sarebbe letale. E Trapani non vuole.
"PRIMA MARSALA" è il logo stampato nella mia nuova felpa. Al diavolo Trapani. Prima viene, Marsala, la mia città. I suoi quasi 100.000 abitanti, sparsi nelle centodieci contrade. Marsala, la città famosa in tutto il mondo per il suo vino. Che ha arricchito, però, pochi spilacchi frequentatori dei circoli del centro, a danno di migliaia di poveri contadini onesti che fanno la fame. E questo non è giusto. Ma d’altronde hanno sempre comandato quelli del centro a Marsala. Notai, avvocati, dottori, tra Via Roma, il Cassaro, Via Mazzini. E noi che viviamo in campagna? In centro è sempre tutto pulito, c’è vita, il Sindaco organizza feste e concerti. In campagna funziona un palo si e un palo no, la strada è piena di buche, e quest’anno non ci sono i soldi neanche per la festa del santo della contrada. Buttana la miseria, non può essere così.
“PRIMA L’OLIVA”, è questa la mia felpa. Fa tanto gioco aperitivo, lo so. Ma “Oliva” è il nome della zona dove abito, e per la quale mi batterò per avere servizi, infrastrutture, strade, acqua, luce e il gas. Dignità per l’Oliva, come per Santa Venera, per Via Trieste, come per Colombaio Lasagna, Timpone! Contrade di Marsala, alla riscossa. Riprendiamoci ciò che è nostro, le feste per i santi, e il metano. Che poi, a pensarci bene, all’Oliva c’è chi vive bene – i villoni dei ricchi, ad esempio – e chi no. Nella salita di casa mia, la strada è dissestata, i pali della luce sono marci, siamo pieni di gatti randagi dai colori indefiniti. Davanti casa mia, inoltre, manca proprio un pezzo di asfalto. A casa mia, chi ci pensa?
Ci devo pensare io, sono il capo famiglia. “PRIMA CASA MIA" è la felpa che indosso, allora. Fanculo i vicini. Conta solo il mio giardino, e il cortile sul retro. Voglio una differenziata come si deve, una connessione ad internet che non balbetti, e qualcuno che ogni dieci giorni faccia bottino dei gatti randagi, soprattutto di quelli in calore.
E voglio un pensiero superficiale, che renda la pelle splendida, dice una vocina dentro di me. Cos’è? Il verso di una canzone, penso. Ma quale? Non ricordo. D’altronde, come potrei. A casa mia si ascoltano solo canzoni dello Zecchino, e filastrocche, nanne per dormire e canzoncine per la pappa, per la cacca nel vasino, per la paura del buio, per lavarsi i denti. Mio dio, c’è una canzone per tutto. E in tv vediamo superpigiamini e peppe pig, conigli che parlano e castori che cantano. E io non ho più una vita mia, una canzone mia, un film mio, una felpa mia. Basta con questa famiglia che ti tortura, ti giudica, ti sequestra. Non è il cancello del mio giardino che mi interessa, e nemmeno la porta, ma sono io, io, io. “PRIMA IO” c’è stampato nella mia ultima felpa. Ma si dice “PRIMA IO” o “PRIMA ME”? Non mi interessa. Anzi, se è sbagliato, è meglio. La corretta grammatica, oggi, desta sospetti in chi ti sta accanto.
Ho avuto come una visione.
Ci sono io e ho una felpa con scritto “PRIMA IO”. E sono felice, realizzato, adesso so.
Fa caldo, caldissimo. La felpa è bella, ma fa sudare. Devo togliermi la felpa, troppo caldo, non ce la faccio più.
Ho avuto come una visione.
Mi sono levato la felpa, finalmente. Volevo stare a petto nudo, la pancia molle e pallida in fuori. Invece mi guardo allo specchio. Non ho pancia e non ho petto, non ho fianchi, né ombelico, nè peluria. Nulla.
“PRIMA IO” c’era scritto sulla mia felpa.
Sotto, di me, non era rimasto, assolutamente, nulla.
Giacomo Di Girolamo