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16/06/2019 06:00:00

Il tabaccaio “eroe”e la legge del Far West

Un tabaccaio ammazza un ladro che di notte è entrato nel suo negozio. Esplode sette colpi di pistola, e con uno di questi gli trapassa il cuore e lo spedisce all'altro mondo. Interrogato a caldo dai carabinieri dichiara di essere stato aggredito, e di avere sparato per legittima difesa. Stop. Sono queste le tre righe di agenzia che il mattino dopo vengono diffuse da tutti i media italiani. Tre righe che andrebbero prese con le pinze, nell'attesa di ricevere conferme e chiarimenti sulla dinamica della tragedia. E invece no, al diavolo la prudenza! Perché subito si scatena l'inferno. A valanga, i leoni da tastiera inneggiano all'eroico uccisore e infieriscono sul cadavere di colui che è stato “giustamente ucciso”, perché “se l'è cercata”. (E oltretutto era uno straniero, che colpa imperdonabile!)

Ma questo sarebbe ancora normale...si fa per dire! Il fatto sconvolgente è un altro: al coro dei fanatici si aggrega immediatamente un potente uomo di governo, un uomo che per la sua carica istituzionale dovrebbe essere il primo a suggerire al popolo la calma e la prudenza nell'attesa degli accertamenti legali. E quest'uomo è addirittura il ministro dell'Interno! Matteo Salvini, il Capitan Fracassa, non perde un istante per dichiarare la sua totale solidarietà col tabaccaio che ha sparato. Le sue dita fremono sulla tastiera, per sfruttare l'occasione, per infierire implacabile con le sue formule di propaganda, con la sua idea di “sicurezza” chiaramente ispirata al famigerato Secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (Paese che per questo vive da sempre in un clima di Far West legalizzato, tra folli sparatorie e stragi insensate). E così l'uccisore diventa subito un eroe nazionale, e chi se ne frega di come si sono svolti realmente i fatti. È il ministro che lo dice! Incredibile ma vero.

Ma ecco che dopo pochi giorni, mentre anche la Meloni e Casapound soffiano sul fuoco e ancora si svolgono le fiaccolate di solidarietà per il tabaccaio sparatore, una ben differente versione dei fatti comincia a venire a galla. Con evidenza scientifica, l'autopsia sul corpo del giovane ladro e gli esami balistici rivelano che la versione fornita dal tabaccaio è quasi certamente fasulla. L'uomo non avrebbe sparato dal piano terra dopo essere stato aggredito dai ladri, ma dal balcone di un piano superiore, colpendo alle spalle il giovane che stava fuggendo nella strada. Dunque, a quanto pare, non c'è stata nessuna legittima difesa. Solo un esercizio ben riuscito di tiro al bersaglio. Solo uno “sfogo emozionale”, un gesto di rabbia per vendicarsi del ladro che aveva sottratto un pugno di dollari dalla cassa del  negozio.

 

Cosa dedurre allora da tutto questo? Che giudizio dare della tristissima vicenda, al lume della serena ragione e non a quello delle viscere infuriate? Questo, io credo:

Primo: un ladro è un ladro. Rubare è reato. Chi ruba deve essere ricercato, catturato, processato e condannato in proporzione alla gravità e alle modalità del furto commesso, fermo restando il principio della certezza della pena. (Ed essendo anche superfluo ricordare che in Italia la pena di morte non è prevista nemmeno per le stragi e i delitti più efferati).

Secondo: chi spara alle spalle di un uomo che sta fuggendo (oltretutto disarmato), e lo uccide, commette un omicidio. Punto. Gli si potranno accordare delle attenuanti (la paura, lo stress, l'esasperazione o altro), ma sempre di omicidio si tratta.

Terzo: un ministro dell'Interno che, senza ancora sapere nulla di certo circa il reale svolgimento dei fatti, dichiara la sua “totale solidarietà” a un individuo che sicuramente ha sparato e ucciso, e al tempo stesso ironizza sul fatto che “il mestiere di ladro è pericoloso”, non è una persona degna di ricoprire quell'alto ruolo istituzionale.

Quarto (e qui al giudizio della ragione si affianca quello del cuore): tutta la vicenda è una tragedia, e sia all'ucciso sia all'uccisore si dovrebbero accordare pietà e compassione.

Pietà e compassione per l'ucciso, perché aveva solo 24 anni, e in un mondo migliore avrebbe potuto anche pentirsi, crescere, cambiare, vivere una vita da persona onesta. Ma questa possibilità non gli è stata data. Complice lo sciagurato decreto sicurezza del Capitan Fracassa.

Pietà e compassione per l'uccisore, perché d'ora in poi maledirà amaramente e per sempre quella notte, quella sua improvvida reazione, quella stupida pistola che invece di metterlo “al sicuro” (come la politica dell'odio e degl'inganni va predicando), lo ha fatto precipitare in un terribile doppio incubo: quello di dover subire un probabile processo per omicidio, e quello del rimorso per avere stroncato – lui, anziano, che di vita ne ha già vissuta tanta – la vita di un ragazzo che per l'età poteva essere un suo figlio o perfino un suo nipote.

 

Selinos