Ci sono 27 bandi universitari costituiti su misura per i figli, gli amici e gli amici degli amici al centro delle indagini che hanno svelato l'esistenza di un'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, alla truffa e alla turbata libertà dei procedimenti. Un sistema di ricatti e di guadagni ben consolidato, basato su un accordo di intenti tra l'attuale rettore dell'Università di Catania Francesco Basile e il suo predecessore Giacomo Pignataro, ritenuto il promotore dell'associazione. Le indagini tra giugno 2016 e maggio di quest'anno hanno portato alla luce un codice di comportamento «sommerso» all'Università di Catania secondo cui gli esiti dei concorsi dovevano essere predeterminati dai docenti interessati, in cui nessuno spazio doveva essere lasciato al merito e nessun ricorso amministrativo poteva essere presentato.
Questo hanno ricostruito gli agenti della Digos della Questura che con l'operazione denominata «Università bandita» hanno eseguito 10 misure interdittive nei confronti dell'attuale rettore Francesco Basile, dell'ex rettore Giacomo Pignataro e di otto docenti universitari con ruoli apicali all'interno dell'Ateneo. Sono: Giuseppe Uccio Barone (Scienze Politiche), Michela Cavallaro (Economia), Giovanni Gallo (Matematica), Carmelo Monaco (Agraria), Giuseppe Sessa (Medicina), Filippo Drago (Medicina), Giancarlo Magnano di San Lio (Filosofia), Roberto Pennisi (Giurisprudenza).
E ci sono anche l'ex capo della Procura di Catania, Vincenzo D'Agata e la figlia Velia Maria tra gli indagati: D'Agata è accusato di avere accompagnato la figlia ad un concorso per la sua assunzione in un Dipartimento dell'Università. Significativa è un'intercettazione in cui il rettore Francesco Basile spiega le regole dell'Università. «Ne ho uno al giorno che viene per un problema di parentela o di... perché poi alla fine qua siamo tutti parenti… sì, sì, sono tanti parenti… penso perché sono… alla fine l'Università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta una specie di élite culturale della città perché fino adesso sono sempre quelle le famiglie…».
Il Gip del Tribunale di Catania ha riconosciuto l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 40 persone coinvolte nella richiesta cautelare avanzata dalla Procura. Nel procedimento sono complessivamente indagate 66 persone: 40 professori dell'Università di Catania, 20 professori delle Università di Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona e altre sei persone collegate a vario titolo con l'Ateneo di Catania. Bandi «sartoriali» cuciti ad hoc in base ai requisiti dei candidati già individuati, con i vincitori di concorso già decisi a tavolino. Tra gli indagati c'è Roberto Pennisi, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza: «...poi, c'è la possibilità, se si vuole... ma è solo eventuale di mettere un tetto al numero di pubblicazioni... che comunque non può essere inferiore a dodici…»