"Ha mai pagato tangenti?". "Non lo escludo". Comincia con questo scambio di battute con il pm che lo interrogava, lo scorso 13 Giugno la collaborazione di Vito Nicastri, il re dell'eolico, alcamese, al centro di un sistema corruttivo che vede anche l'ombra della mafia di Messina Denaro e arriva fino alle stanze del potere romano. Nicastri ha già raccontato di una tangente da mezzo milione di euro, e sono scattati i primi arresti di questa nuova fase delle indagini su quello che sta dietro ad autorizzazioni e concessioni sulle energie rinnovabili. Con Nicastri, lo ricordiamo, qualche settimana fa è finito in manette il consulente della Lega, Paolo Arata, suo figlio Francesco Paolo, e Manlio Nicastri, figlio di Vito.
Per spiegare il personaggio Nicastri può bastare una sua frase, intercetta nel 2013: «Il bello di vivere qua? Senti il territorio, lo percepisci, avverti che bisogna muoversi in un certo modo, capire le esigenze del sindaco, dei consiglieri, la festa, cinquemila euro sono minchiate, però tu ti fai un rapporto, crei un rapporto di...». All''imprenditore alcamese dell'energia eolica e alternativa il Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani ha confiscato oltre un miliardo di euro tra titoli, quote societarie, patrimonio, denaro , e applicato tre anni di sorveglianza speciale.
“Ogni volta che dovevo parlare con Alberto Tinnirello, responsabile dell’ufficio III dell’Assessorato e colui il quale avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione, mi rivolgevo al responsabile del procedimento, Giacomo Causarano”, ha raccontato il “re del vento” ai pm Paolo Guido e Gianluca De Leo. Causarano,accusato di corruzione, avrebbe fatto da tramite tra l’imprenditore alcamese e Tinnirello, dirigente dell’assessorato che doveva rilasciare un permesso necessario a Nicastri per un progetto di realizzazione di due impianti di biometano a Francofonte e Calatafimi. Tinnirello è finito ai domiciliari nelle scorse settimane.
La mazzetta pagata da Nicastri è tosta: 500mila euro. “Ho consegnato a Causarano personalmente nei miei uffici 100 mila euro in tranche da 10-12 mila euro, – racconta Nicastri – denaro che secondo quanto riferitomi da Causarano avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello”. La mazzetta veniva pagata con banconote da 500 euro: un taglio che non piaceva al funzionario e che quindi venne cambiato.
In totale Nicastri avrebbe pagato mezzo milione per far approvare un progetto da rivendere a grosse imprese del settore incassando fino a 15 milioni di euro.
Altro pilastro delle indagini sono le intercettazioni di Arata con il figlio. Parla ad esempio di un impianto per il biometano da realizzare a Gallitello, tecnologia a cui alcuni tra i Cinque Stelle si erano opposti: «Ma loro - confida Paolo al figlio Francesco Arata, il 12 settembre scorso - non ci possono contestare il biometano, perché io l'ho fatto inserire, li ho fottuti, l'ho fatto inserire nell'accordo di governo Lega-Cinque Stelle». E da chi l'ha fatto inserire? « Ho fatto inserire anche nel programma proprio da Armando Siri!».
Al suo socio Carlo Buonfrate, Arata cercava di far capire che non era certo per amicizia che i funzionari si mettevano a disposizione: «Ecco, ma io non voglio sapere niente e allora non fare saper niente... gli faccio una battuta... perché sono amici, anche perché hanno qualche altro vantaggio...». C'è un altro passaggio ritenuto fondamentale, quello in cui Giacomo Causarano, il funzionario del dipartimento Energia arrestato lunedì, viene definito «l'olio degli ingranaggi» della burocrazia regionale.
Arata si muoveva tanto con i politici. Cercò di arrivare ad esempio a Toto Cordaro, assessore regionale all'Ambiente, attraverso Calogero Mannino. Un'iniziativa che aveva trovato «il pieno assenso di Causarano», annota la Dia, perché «Toto» era anche «espressione dell'ex parlamentare Saverio Romano». Lo stesso funzionario aveva suggerito di chiedere a Romano e Mannino se Cordaro fosse «un vostro allievo. Se ti dice sì, vai tranquillo». Però Cordaro non era, verso Arata, «particolarmente affabile».
È lo stesso faccendiere a dirlo con riferimento all'assessore al Territorio: «Sì, l'ho conosciuto ma non mi ha dato simpatia». E però poi riportava le parole che gli avrebbe «fatto capire» su di lui Mannino: «Fa tutto il puro e lo fa solo per i soldi». Con la conseguenza che, se pagato, «poi lui vedrai che ti incontrerà in un modo diverso».
Alberto Dell'Utri per fare breccia con Gianfranco Miccichè e per farsi raccomandare dal presidente dell'Ars con l'assessore all'Energia, Alberto Pierobon. Giri tortuosi che in apparenza avrebbero potuto portare a ottimi affari, ad agevolazioni e risultati concreti. E però gli ostacoli non venivano scavalcati: ancora una volta a chiarire come va il mondo è «Giacomino» Causarano. Ad Arata, che sosteneva di avere instaurato un ottimo rapporto con Pierobon («Domani sera è a cena da me con sua moglie»), il funzionario "Giacomino" Causarano cercava di spiegare che certi nomi, negli assessorati, non andavano per la maggiore: «L'unica persona che ancora si sente che non gira come nome è proprio Miccichè... Deleterio! Con (Mario, dirigente regionale, ndr) Parlavecchio hanno litigato a morte - omissis -. Quindi chiunque lì dentro faccia il nome di Miccichè, secondo me lui ci mette una pietra. O se Miccichè si avvicina con qualcuno hanno già chiuso. Io non lo tirerei più fuori». E Arata, subito: «Vabbè, ma io chiamo Mannino...». Causarano: «Tu non dimenticartelo, però a Miccichè posatelo. Qua negli assessorati non gira. È un nome che non si può spendere. Sarà una brava persona...». Mentre Mannino - insiste Arata - è «un uomo di potere, questo c'è ancora, veniva gente da Sciacca a parlargli... Un occhio di riguardo male non fa... sono tutti uomini... eh a me con Totò Cuffaro me l'aveva presentato lui, mi aveva portato in palmo di mano».