Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore: Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come sé stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo. (Mc 12, 2834)
Cari fratelli e care sorelle nella comune fede in Cristo Gesù, mi si impone una premessa prima di sviluppare il tema di questa meditazione. Ogni volta che mi raccolgo in preghiera prima di stendere lo scritto del sermone mi sento inadeguato e presuntuoso, mi chiedo: con quale coraggio posso aiutare la fede degli altri, se spesso la mia vacilla? Come posso riprendere i miei fratelli se io sono manchevole in tanti aspetti della mia vita cristiana, che spesso ha poco di cristiano? Come posso esortare alla speranza, se spesso la depressine e lo scoraggiamento sembrano offuscare le mie giornate? A maggiore ragione oggi, che viene proposto alla nostra meditazione un testo famoso, ricco, condensato in pochi versetti del vangelo di Marco, al cap.13 dal versetto 28 al versetto 34.
Questo vangelo ci presenta spesso la contrapposizione fra Gesù e gli scribi, sicuramente eco delle dispute fra i discepoli di Gesù e la classe sacerdotale del tempio ebraico di Gerusalemme. Immediatamente prima del nostro testo un gruppo di sadducei, ebrei che non credevano nella risurrezione dei morti, hanno posto a Gesù una domanda molto tendenziosa per coglierlo in contraddizione. Conoscete l’episodio. Una donna resta vedova e sposa in sequenza i sei fratelli di suo marito. Alla risurrezione chi sarà il vero marito?. Gesù non teme questo dilemma: nell’altra vita non c’è marito e non c’è sposa. Gli scribi presenti ascoltano e restano meravigliati della sapienza di questo Gesù, ma una domanda vogliono porla anche loro: fra tanti comandamenti quale sarà mai il più importante? Ricordiamoci che gli ebrei avevano da rispettare non solo i dieci comandamenti (le dieci parole) riportate nel libro dell’Esodo, ma anche le 613 prescrizioni, codificate nel Talmud. Sicuramente Gesù è ben lieto di poter dare una lezione su questo argomento, una lezione che oggi interpella anche noi.
Primo punto. Innanzitutto Gesù ribadisce il fondamento di ogni etica religiosa. Il Signore Dio è l’unico nostro Signore. Così viene ribadita la signoria di Dio su tutto il creato, e noi non abbiamo altri signori da servire, da riverire, da adorare. Dio è il nostro unico Signore, da lui prende vita la nostra vita, dal suo spirito nasce il nostro spirito, dal suo amore prende forma il nostro amore. Riflettiamo un attimo. Cosa sarebbe del nostro cielo, della nostra terra, dei nostri alberi, dei nostri fiori, del nostro amore se non ci fosse all’origine la presenza creatrice o, se volete, la spinta evolutiva di questo Signore Dio? Per questo noi siamo suoi, gli apparteniamo. E appartiene a Lui tutto quello che abbiamo, che possediamo in questa vita, sempre troppo breve, anche se dovessimo vivere oltre i cento anni. Che rapporto possiamo costruire con questo Signore? Sicuramente un rapporto di gratitudine e di amore. Ma cosa significa amare Dio?
Secondo punto. Io penso e ho capito che amare significa avere relazione. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua . In questo piccolo versetto troviamo gli elementi che fanno di noi degli esseri viventi e razionali. Gesù fa riferimento al nostro cuore, alla nostra anima (lett. alla nostra psiche), alla nostra mente e alla nostra forza. Ama il Signore Dio tuo, il testo greco del nostro vangelo usa la parolina ¢gap»seij per dire ‘ama’, quasi a dire ‘fai agape’ col tuo Signore Dio’. E cosa portiamo in questa mensa davanti all’eterno Dio? Se è una agape, per avere una relazione col Signore, qualcosa dobbiamo portare: il nostro cuore, cioè i nostri affetti, la nostra sensibilità, la nostra compassione, la nostra partecipazione, il nostro dolore, la nostra gioia. Ecco cosa significa amare con tutto il cuore. Scavando nelle parole troviamo significati inattesi, che devono farci riflettere. Dobbiamo portare anche la nostra psiche, il nostro stato d’animo, le nostre sicurezze e le nostre debolezze, la nostra euforia e la nostra depressione. Sul tavolo di questa agape divina dobbiamo condividere con Dio anche questa nostra psiche, intera come dice Gesù. La nostra mente sicuramente è il terreno della nostra conoscenza scientifica, della nostra ricerca intellettuale per capire le leggi dell’universo, per capire il decorso delle malattie, per sperimentare cure e medicine, per viaggiare nello spazio, per chiudere le ferite provocate alla nostra terra. Anche tutto questo, frutto della nostra razionalità, deve essere posto al tavolo dell’amore/agape col nostro unico Signore. E cos’è la forza che dobbiamo utilizzare in questo rapporto d’amore? Non è certo la forza fisica, ma ciò che abbiamo, che possediamo, su cui ci facciamo forza nel programmare il nostro breve futuro umano. I nostri soldi, la nostra moto, la nostra auto, la nostra casa….in definitiva appartiene tutto a Dio e dobbiamo servircene come segno d’amore verso di Lui. Non possiamo e non dobbiamo essere avari nel servizio che intendiamo rendere a Dio. Certo il computer mi serve per tenermi aggiornato, ma in questo momento scrivo la mia meditazione e lo metto a disposizione del servizio che devo rendere alla comunità, anche il computer che uso appartiene al Signore, fa parte della forza che mi è richiesta come elemento della relazione d’amore fra me e Dio, fra una creatura e il suo Creatore. A quale grandezza siamo chiamati, che dono meraviglioso è la vita! Il 13 agosto di quest’anno ci ha lasciato una bella persona, la Nadia Toffa, che ci ha conquistato col suo sorriso giovane e con la forza della sua disponibilità a vivere i giorni della sua breve vita. Nadia ha capito che tutto è un dono, ha accettato come un dono anche la sua malattia, perché le ha permesso di capire che quello che conta è l’attimo presente, è il profumo di un fiore, è l’odore della pelle di un bambino. In una intervista ha rovesciato il senso di una domanda: ‘non mi chiedo perché a me, ma mi chiedo perché non a me?’ Mi sembra un bell’esempio di esistenza vissuta con la forza tutta umana di uno spirito libero e in armonia anche col dolore. A me sembra la confessione di una fede profonda, anche se non dichiarata e non vissuta fra le mura di una chiesa.
Terzo punto. Gesù aveva risposto esaurientemente allo scriba che l’aveva interrogato. Poteva fermarsi qui. Invece prosegue. Il secondo comandamento più grande è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». Ilprimo comandamento non è completo senza fare riferimento al secondo: bisogna amare il prossimo come se stessi. In un altro passo del vangelo Gesù ci invita ad amare anche i nostri nemici. E come si fa? Ho fermato la stesura di questa meditazione per riflettere in preghiera davanti al Signore. Che significa? Nessuno ama i propri nemici, anzi… Ma siamo scemi? Il nostro nemico uccide un nostro familiare e noi gli diciamo ‘ti amo’? non è possibile, mi sono detto. E allora vi partecio la soluzione che è affiorata nel mio spirito. Il testo greco dice 'Agap»seij tÕn plhs on sou æj seautÒn’ , che tradotto letteralmente recita: fai agape con chi è presso di te come con te stesso. Fai agape, cioè stabilisci una relazione, entra in sintonia, non alzare un muro, dialoga. Solo così è possibile amare non solo il prossimo, ma anche il nostro nemico. Se stabiliamo una relazione col nostro nemico, è possibile superare l’inimicizia, è possibile capire i problemi del nostro prossimo e del nostro nemico. Comprendiamo allora anche quello che scriveva l’apostolo Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, che abbiamo già letto: E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi l'amore, niente mi gioverebbe. Se non avessi l’amore è da intendere ‘se non fossi capace di avere una relazione’.
In definitiva il segreto della nostra esistenza umana e cristiana sta tutto nella nostra capacità di avere relazione sia con Dio e sia con il nostro prossimo. Avere relazione significa anche sapersi guardare negli occhi. Se comprendiamo questo, non siamo lontani dal regno di Dio, come ci assicura Gesù nel testo che abbiamo letto. A nulla valgono i sacrifici e gli olocausti offerti al Signore.
Cari fratelli e care sorelle, non voglio dilungarmi oltre. Penso che sia sufficiente meditare su questo testo per imparare cos’è l’amore che ci chiede Gesù. E’ un bel programma anche per me. E per tutti noi, che dobbiamo anche imparare ad avere relazione fra noi, non basta il momento del culto, lo sappiamo. Speriamo di trovare il modo di incontrarci oltre questo spazio. Ma soprattutto cerchiamo di avere relazione con lo spirito di Dio, meditando sulla nostra vita, e non tralasciando la preghiera e lo studio delle sacre scritture, che ci mettono subito in relazione con Dio. Amen.
Franco D'Amico - culto del 25 agosto 2019