Una stele con un'iscrizione fenicia. C'è scritto “Servo di Melqart”, titolo aristocratico dell'epoca. E' l'eccezionale scoperta fatta a mozia dalla missione archeologica dell'università la Sapienza.
Tanta emozione per il professore Lorenzo Nigro che dirige la spedizione con circa 50 studenti dell'università romana. Sono stati infatti scoperti i resti di una importante sepoltura, all'interno di una delle due camere cieche di una torre difensiva (la numero sei) del primo circuito murario della città, databile alla metà del VI secolo a.C.
Inoltre sono stati scoperti vasi, resti umani, un cippo funerario con un'iscrizione. “Della stele rastremata è conservata la parte superiore alta circa 45 centimetri. La sommità conserva ancora tracce della pittura rossa viva, che la rendeva facilmente identificabile. Su un lato il cippo reca un'iscrizione monumentale in fenicio conservata su quattro linee che recita: «tomba del servo di Melqart' figlio di…». Melqart è il dio protettore del re di Mozia e, con Baal, la principale divinità della città, adorata nel tempio che si trova ad un centinaio di metri da dove è stata effettuata la scoperta”, spiega Nigro.
In questo caso, il dio dinastico di Mozia era Melqart, equiparato dai Greci di Sicilia a Herakles.
Gli scavi a Mozia della Sapienza sono condotti in convenzione con il Dipartimento Beni Culturali della Regione Siciliana - Soprintedenza di Trapani (dott. Riccardo Guazzelli) e in collaborazione con la Fondazione Whitaker.
L'iscrizione è stata trovata proprio l'ultimo giorno di spedizione.