“Troppo pochi 10 mila euro per il danno che abbiamo subito”. E infatti la richiesta era stata per 50 mila. Non accontentandosi, quindi, della cifra riconosciuta due anni fa, in primo grado, dal giudice civile di Palermo Giuseppe Rini, i legali del 69enne marsalese Pietro Caimi, vittima di un caso di “malasanità” (per errata diagnosi) in seguito al quale è andato in pensione anticipata, hanno presentato appello.
A rappresentarlo sono le a
vvocatesse Valentina Gori e Valentina Biagioli del Foro di Roma, insieme agli avvocati Flavia Sammartano e Claudio Messina, del foro di Palemro.
Era il maggio 2005 quando
Pietro Caimi, originario di Mazara, ma residente a Marsala, all’epoca funzionario dell'Ente di Sviluppo Agricolo, di cui era dipendente dal 1978, a seguito di un malore, viene prima ricoverato e poi sottoposto ad accurati accertamenti sanitari da parte dell’Asl.
Il verdetto dei componenti della Commissione Medica dell’Asl di Trapani fu lapidario e terribile: all’uomo venne diagnosticata
una fase avanzata del morbo di Alzheimer. E per questo viene collocato in aspettativa per causa di servizio. Inizia il lungo calvario sanitario dell'uomo e della moglie in vari ospedali italiani. E sono i medici dell'Ospedale Maggiore “Mangiagalli” di Milano a stabilire che Caimi non è affetto da Alzheimer, ma da una
forma depressiva curabile con somministrazione di psicofarmaci. Nel 2012, l'uomo decide di ricorrere al Tribunale Civile di Palermo per chiedere il risarcimento dei danni. Ma dopo 5 anni di processo civile (nel quale viene espletata una consulenza tecnica d'ufficio che
stabilisce l’errore medico dei sanitari dell’Asl di Trapani) il giudice Giuseppe Rini condanna l’Azienda sanitaria di Trapani e il Ministero dell'Economia e delle Finanze ad un risarcimento danni di appena
10 mila euro, a fronte dei 50 mila richiesti. Ma il pensionato non ci sta e, tramite i suoi legali, ha proposto ricorso alla Corte di Appello di Palermo. Intanto la moglie commenta: “E’ assurdo che a mio marito sia stato riconosciuto un risarcimento quasi simbolico per un errore medico così grave e grossolano”. Una banale forma di depressione, infatti, fu scambiata (e curata) per morbo di Alzheimer. Un errore nella diagnosi che a Caimi è costato il posto di lavoro (dal 2006 in pensione anticipata per “inabilità”) e la sicurezza economica. “Ci hanno ammazzato – disse la moglie nel novembre 2008 – ci siamo già mangiati buona parte della buonuscita. E a causa delle difficoltà economiche ho dovuto dire a mio figlio di abbandonare l’università”. Queste le tappe dell’odissea vissuta da Pietro Caimi: La storia ha inizio nel 2005 esattamente il 26 maggio, quando il responsabile dell’USL 9 PO di Mazara del Vallo, emette la sentenza agghiacciante: sindrome demenziale di n..d.d. con turbe comportamentali e della memoria.
Il 14/9/2005, con il Collegio Medico Legale dell’ASL 9 di Trapani, Distretto di Marsala giudica il paziente “
soggetto non idonei permanentemente alle mansioni del profilo di appartenenza, ne impiegabile in mansioni diverse“.
Il 7/11/2005, secondo quanto riportato nel verbale della Commissione Provinciale dei Servizi Vari del Ministero dell’Economia, al paziente viene diagnosticato :”
demenza tipo Alzheimer con deficit dell’autonomia personale, grave depressione cronica MMSE 15,2, IADL, I, ADL 4″. CSM di Mazara del Vallo”.
Il 6/12/2005 la Commissione Medica di Verifica di Trapani con verbale 077/01, conferma le diagnosi emesse dagli organi dell’ASL e certifica che il soggetto ”
è INIDONEO in modo assoluto e permanente a prestare servizio nella qualifica di appartenenza” e si trova ” nella assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa così come previsto dal coma 12 art 2 l. 335/1995″.
Come spesso succede in Sicilia, si prende la via del nord Italia. Tappa all’Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano. Dopo Le visite di ruotine e test, il paziente viene dimesso con la diagnosi: depressione maggiore. E l’Alzheimer? Niente di niente.
Ma ecco che l’Alzheimer ritorna con il ritorno in Sicilia. Infatti il 16/6/2006 Il Dipartimento Salute Mentale di Marsala con certificato n. 758 emette la diagnosi : “
demenza senile tipo Alzheimer ed insorgenza precoce con grave depressione e manifestazioni deliranti (DSM IV F 00,03) ed in cura con Achei e Neurolettici Atipici“.
Come diretta conseguenza il pensionamento per inabilità ma non riconosciuta per cause di servizio. Dall’Alzheimer non si guarisce e quindi non c’è scampo, il soggetto colpito da Alzheimer non può svolgere attività lavorativa!
Per ben 9 mesi il paziente viene curato con i farmaci tipici del protocollo Alzheimer fino a quando, visto il peggiorare della situazione clinica, la famiglia pensa di rivolgersi definitivamente a strutture esterne alla Sicilia.
Prima tappa l’Ospedale San Giovanni Battista di Torino. Il 26 luglio 2007 il paziente viene dimesso e nel certificato medico viene chiaramente indicato che ” non si rendono evidenti elementi clinici e testistici a favore di una diagnosi di Sindrome di Alzheimer”. Quindi di nuovo niente Alzheimer.
Per una conferma del referto del Mangiagalli e poi del San Giovanni Battista, i parenti del paziente si recano presso la Fondazione Centro S. Raffaele di Milano. Dopo una attenta visita specialistica al paziente viene riscontrato un disturbo depressivo maggiore ricorrente. Quindi, ancora una volta, e per la terza volta in tre strutture diverse dalla Sicilia, niente Alzheimer.
Finalmente il 12/3/2008 il Responsabile del Centro Salute Mentale di Trapani, interpellato privatamente conferma la diagnosi di depressione ed esclude quella di Alzheimer.
Tre anni di inferno a cui nessuno sembra adesso porvi rimedio. La famiglia ha vissuto una tragedia infinita, è stata costretta, ed è ancora costretta a causa della pensione anticipata, a vivere con circa 800 euro al mese e chiede giustizia. Il paziente ha chiesto di rientrare in servizio ma dall’ESA sembra che neanche gli abbiano risposto. Ha chiesto i danni all’ASL ma questa ha scaricato sul Ministero dell’Economia (?).
Un girone infernale iniziato con un clamoroso errore di un medico a Mazara del Vallo seguito a catena, forse per abbrivio, da quanti, in provincia di Trapani, hanno trattato il caso. Dopo il caso della donna morta a seguito della dimissioni dall’Ospedale di Marsala, questo caso di malasanità allarma la collettività e non sembra ci sia interesse di alcuno a chiarire i fatti e ad individuare i colpevoli di questo ulteriore caso che non sembra “presunto”.