«Giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta molta folla, e gli dissero: "Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano". Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre"». Mc 3,31-35
Il vangelo di Marco è la testimonianza più antica che abbiamo sulla figura e l’opera di Gesù. Marco non ci dice nulla della nascita e dell’infanzia di Gesù, temi sviluppati dagli altri evangelisti. Apre il suo vangelo con la figura di Giovanni che battezza nel fiume Giordano e che introduce Gesù nella vita pubblica, battezzandolo e testimoniando la sua grandezza.
Nel capitolo 3, poco prima del brano che oggi meditiamo, si parla della famiglia di questo Gesù, ma per dirci che sua madre e i suoi fratelli lo ritenevano un pazzo, un ’fuori di sè’, che adunava tanta gente nella casa dove si era recato per pranzare, ma dove non riusciva nemmeno a mangiare per la troppa folla. Ma Gesù è a proprio agio, ha una parola per tutti, non usa i doppi sensi, dice la verità, guarisce gli ammalati, coltiva la speranza della povera gente, sfida le autorità che opprimono il popolo, negando giustizia e verità. Non sappiamo se è la stessa casa dove si svolge il nostro episodio, anche qui c’è molta gente, ma stanno seduti attorno a Gesù, non sembra esserci confusione. E Gesù intesse una particolare relazione con queste persone, che lo ascoltano con molto interesse. Ma fuori lo aspettano sua madre e i suoi fratelli, venuti a prenderlo, forse temendo una reazione violenta da parte delle autorità. Due gruppi di persone, con interessi diversi. Sicuramente, per un gioco della nostra psiche, noi ci identifichiamo con le persone sedute attorno a lui, in ascolto e in riverente silenzio. Arriva qualcuno, lo mandano a chiamare i suoi familiari, che restano fuori, non osano entrare nella casa dove Gesù svolge la sua predicazione. Si accosta a Gesù questo intermediario: ‘ci sono i tuoi familiari, c’è anche tua madre, ti cercano, ti aspettano fuori’.
A questo punto centrale della scena così abilmente dipinta dall'Evangelista, ecco risuonare l'interrogativo di fondo del Maestro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Esso è accompagnato da un gesto assai eloquente, che vien descritto come al rallentatore: «Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui», con cui Gesù esprime plasticamente la sua scelta di campo. Egli, infatti ora, col suo sguardo penetrante abbraccia la sua vera famiglia, prendendo le distanze da quella carnale. Nella sua domanda e nel suo gesto c'è effettivamente una presa di distanza dalla famiglia fondata sui legami di sangue. E nella sua risposta vengono disegnati nettamente il contorno e l'ambito della sua "nuova" famiglia, che trovano la loro radice nel riconoscimento assoluto del primato del Regno di Dio che tutto rende nuovo. Se Gesù prende le distanze dalla sua famiglia naturale, non è certo per disprezzo di essa, né perché i suoi familiari non comprendono la sua missione, ma perché è giunto il Regno di Dio, che crea una nuova appartenenza. Con le sue parole Gesù non soltanto afferma il distacco, ma anche l'universalità e la libertà della sua appartenenza.
La battuta che conclude il brano evangelico dilata i confini della famiglia di Gesù ben al di là e oltre la folla che gli sta attorno, perché offre a chiunque lo voglia, quindi anche a me e anche a voi che ascoltate, la possibilità di farne parte, a condizione di "compiere la volontà di Dio". Le parole conclusive di Gesù possono sembrare a prima vista alquanto dure. Ma nella logica del Vangelo sono ben comprensibili. Gesù ha scelto il Regno di Dio e non si lascia rinchiudere da nessun altro legame, neppure da quello della famiglia carnale. Questo vale per ogni discepolo: non è la parentela che conta, ma il coraggio della fede. Eppure spesso noi anteponiamo i nostri legami familiari, facilmente ci assentiamo dal culto per un invito a pranzo che spesso si risolve in una assenza dalla nostra chiesa, incuranti degli altri fratelli nella fede, che scelgono la partecipazione al culto come un dovere assoluto, per ricevere dal nostro Maestro una parola particolare, per tessere con lui una meravigliosa relazione d’amore.
Come accennato, il vangelo di Marco, letto come un cammino catecumenale alla ricerca dell’identità profonda di Gesù, sottolinea la necessità di decidere se “stare con lui” o contro di lui. Se da un lato vediamo una comunità radunarsi attorno a lui, dall’altro l’evangelista sottolinea una distanza, una crescita di incomprensione dei più, tra i quali vengono posti anche i suoi parenti (cfr soprattutto in 3,21). Costoro giungono da Nazaret a Cafarnao perché vogliono incontrare Gesù. Il motivo non è detto ma possiamo intuire che forse si tratta di una richiesta di prudenza, di ripensamento vista la piega che stanno prendendo gli avvenimenti, oppure del desiderio di ricevere un ruolo emergente all’interno del gruppo dei suoi seguaci nel caso egli avesse successo. A differenza della folla che è in casa “seduta” attorno a Gesù, i suoi parenti non entrano, se ne stanno “fuori” (un avverbio ripetuto due volte) mandandolo a chiamare. Si tratta di un tocco magistrale con il quale l’evangelista non intende semplicemente esprimere una situazione spaziale, ma esistenziale. In tal senso i parenti sono realmente “fuori” dalla cerchia dei discepoli, addirittura pretendono che sia Gesù ad “uscire” verso di loro, a venir “fuori” per rientrare nell’orbita del clan. Ma Gesù appartiene totalmente al Regno di Dio e alla sua missione e in base a ciò egli non acconsente ad alcuna pretesa nei suoi confronti da parte di nessuno. È pienamente libero. Se questa comunità “seduta attorno a Lui”, icona della Chiesa, è la nuova famiglia che Gesù ormai riconosce come sua di fronte a quella che “fuori” lo cerca sulla base di legami di sangue, con la sua risposta provoca i suoi familiari ad una scelta nei suoi confronti. Li provoca ad un ‘oltre’ che sia disposto ad accogliere una realtà che va al di là e più in profondità della stessa parentela. Anche a loro è rivolto il vangelo che Gesù proclama a tutti: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. E a tale domanda, Gesù per primo risponde con un semplice gesto: «girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno» (3,34a). Con tale sguardo egli rileva tutta la dignità e la distinzione della nuova famiglia da quella segnata solo dai legami di sangue: con quello sguardo Gesù si identifica in certo qual modo con coloro che sono seduti ai suoi piedi per ascoltare la sua parola. Quanto amore c’è in questo sguardo di Gesù! Posa il suo sguardo su ognuno di loro, uno sguardo intenso, soddisfatto, luminoso. Li guarda perché questi sono la sua nuova famiglia, la famiglia dell’ascolto e della fede. La condizione per far parte della nuova famiglia di Gesù di Nazaret è chiara: “Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre”. Si tratta di ritrovarsi riuniti nel desiderio di compiere, come Gesù stesso, la volontà del Padre. A tale proposito notiamo come la figura del Padre sia emergente e collocata come punto di riferimento per tutti - Gesù compreso -: la familiarità è con Cristo, ma ciò che decide l’essere famiglia con lui è il fare insieme a lui la volontà del Padre.
Io penso che tutti noi vogliamo fare parte della famiglia di Gesù. Mettiamoci all’opera. La nostra vita ha sicuramente uno scopo, e fare la volontà di Dio significa anzitutto riconoscere che Dio è l’origine della nostra vita, il fondamento del nostro amore, la serenità del nostro spirito. Amen.
Franco D’Amico – www.chiesavaldesetrapani.it