Inside Licata. Un’inchiesta a puntate di Tp24 sul re delle sale ricevimenti a Marsala, Michele Licata, il sistema andato avanti per anni che ha portato a milioni di euro di tasse evase, alle truffe sui contributi pubblici, soldi nascosti, fornitori compiacenti, in quello che è diventato un caso studiato in tutta Italia. Questa inchiesta entra nel cuore del sistema Licata. Nel suo Monopoly.
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Mentre da giorni raccontiamo il sistema Licata, come ha fatto negli anni ad evadere le tasse, a truffare sui contributi pubblici e a distrarre soldi, arriva un aggiornamento sulla vicenda.
Tutti i beni di Michele Licati restano sequestrati. Per l'imprenditore di Marsala, infatti, arriva una brutta notizia: la sezione compentente in appello per la Corte d'Appello di Palermo, sezione V - Misure di Prevenzione, ha congelato il provvedimento che, in primo grado, aveva questa estate parzialmente restituito i beni a Licata.
Il Baglio Basile, la Volpara, il Delfino, eccetera, rimangono tutti, pertanto, gestiti in amministrazione giudiziaria. Questo in attesa che in appello si decida in maniera definitiva su quanto dei beni di Licata vada sequestrato. Per la Procura di Marsala, che aveva chiesto proprio la sospensiva, si tratta di un punto a favore.
Veniamo a noi. Anzi, ai soldi, tanti soldi. Michele Licata, emerge dalle indagini, era un artista nel spostare soldi. Non era solo. Ha una famiglia molto ampia, moglie, madre, figlie, generi, e altri parenti a cui intestare beni, società, e anche movimentare somme di denaro da nascondere allo Stato. Un movimento vorticoso, da capogiro, fatto di assegni, bonifici, e tentativi anche maldestri di nascondere quei soldi.
I beni di Michele Licata vengono sequestrati, la prima volta, nell’aprile del 2015.
Il re delle sale ricevimenti aveva sentore che qualcosa andasse per la strada sbagliata. Sapeva che era sotto indagine, visti gli accertamenti tributari che aveva subito lui, e quindi le sue società, ma anche i fornitori che emettevano le fatture false.
Per sfuggire alle indagini allora c’era da fare qualcosa. Nei giorni precedenti al sequestro preventivo operato dalla Procura di Marsala Licata e i suoi familiari avevano effettuato diversi bonifici e richiesto l’emissione di numerosi assegni circolari in favore di Silvia Liata, una delle figlie di Michele Licata, Vita Maria Abrignani, la moglie, e Maria Pia Li Mandri, la madre di Licata. Ai familiari vengono smistati in pochissimi giorni qualcosa come 4 milioni 180mila euro con lo scopo di sottrarre queste somme al sequestro.
Licata, dicevamo, era consapevole che c’era un’inchiesta in corso nei suoi confronti.
Infatti il 3 aprile aveva presentato alla Procura istanza per rendere dichiarazioni sull’indagine che lo coinvolgeva, interrogatorio che avvenne il 20 aprile. Dal mese di marzo 2014 al marzo 2015 le sue società e quelle che avevano emesso fatture per operazioni inesistenti erano state sottoposte a verifica fiscale dal Nuleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Trapani. Ad inizio aprile, poi erano cominciati gli interrogatori dei titolari delle aziende che avevano emesso fatture false.
Quindi Licata per tentare di nascondere parte delle sue risorse, in quei giorni, aveva smistato oltre quattro milioni di euro ai suoi familiari. In pochissimi giorni girano assegni e bonifici per centinaia di migliaia di euro.
Questa, in basso, la mappa dei soldi nascosti da Licata prima del sequestro.
Michele Licata, quindi, nelle fasi calde delle indagini, in pochi giorni, ha tentato di sottrarre al sequestro oltre 4 milioni di euro stipulando polizze e versando denaro nei conti dei familiari che non avevano ruoli di amministratore nelle società oggetto di indagine e poi finite sequestrate.
Ma secondo quanto emerge dall’inchiesta, Licata, negli anni, si è adoperato nel distrarre fondi dalle sue società. Il reato è quello di appropriazione indebita. Le fatture false servivano anche a questo.
Si legge nel decreto di prevenzione che Licata si sarebbe appropriato, negli anni 2009-2014, di risorse nella disponibilità delle società da lui stesso gestite per un totale di 9.5 milioni di euro.
In particolare in cinque anni Licata si sarebbe appropriato in maniera illecita di 5,5 milioni di euro dalla Delfino Srl, 2,4 milioni dalla Roof Garden, 1 milione dalla Delfino Ricevimenti, 587 mila euro dalla Rubi Srl.
I conti che hanno fatto gli inquirenti sulle movimentazioni del gruppo Licata danno risultati enormi. Le indagini hanno riguardato il periodo 2006-2014. In questo arco di tempo si è scoperto che le società del gruppo Licata avevano contabilizzato fatture per operazioni inesistenti per 25 milioni di euro. Inoltre sui conti correnti riferibili alle società del gruppo Licata erano state eseguite movimentazioni in uscita, prive di causale ma apparentemente riconducibili al pagamento delle false fatture, per 13 milioni di euro.
In più si legge che “Licata e i suoi familiari avevano negoziato assegni oppure avevano versato sui propri conti correnti personali importi complessivamente pari a 19.097.762 euro”.
Da qui arriva l’ipotesi che Licata e i suoi familiari avessero distratto, appropriandosene, le risorse della società apparentemente utilizzate negli anni per pagare i cosiddetti fornitori di fatture per operazioni inesistenti.
Nonostante le dichiarazioni dei redditi Licata e i suoi familiari avevano a disposizione ingenti risorse. Secondo le perizie il gruppo familiare di Licata in 25 anni, tra il 1990 e il 2015, ha usufruito di risorse sproporzionate per 35 milioni di euro, e dal 2006 la sproporzione è di 22 milioni di euro. Eppure negli ultimi 25 anni Licata e i suoi familiari avevano percepito, sulla carta, redditi pari a 1.342.912 euro.
Scrivono i giudici che “non vi è dubbio che le ingenti movimentazioni finanziarie tra le persone fisiche e le società unitamente alle notevoli e sproporzionate risorse di cui disponevano i Licata e i suoi familiari costituiscono il riflesso di una preordinata confusione tra i patrimoni personali e sociali”.
Era Licata ad orchestrare e gestire tutto. “Ha utilizzato le attività imprenditoriali - anche con modalità illecite - per accumulare un’ingente quantità di risorse in parte destinate a soddisfare i propri bisogni personali (e quindi distratte) e in altra parte immesse nuovamente nelle medesime aziende”.
Soldi, tanti soldi che riusciva a fare e a nascondere in modo confuso ma “ragionato”. Durante le operazioni di sequestro i familiari di Licata avevano nella loro disponibilit ben 6 milioni di euro. Soldi smistati tra i membri della sua famiglia, e non dichiarati. Soldi che per anni sono stati nascosti allo Stato.
PUNTATE
1 - Così sono cominciati i guai per il re degli hotel di Marsala
2 - Il “modus operandi”, le aziende compiacenti, le fatture false
3 - Soldi pubblici con fatture false. I progetti al Baglio Basile e Delfino
4 - La maxi evasione, ecco tutte le imposte non pagate
5 - La confessione: "Sì, ho usato fatture false"
6 - La fedina penale. Dal cibo avariato al caso Torrazza: tutte le condanne