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22/10/2019 06:00:00

Verso Marsala 2020. Troppi nomi, e ancora poche idee

 La marcia verso elezioni amministrative a Marsala si tinge di comicità. I nomi dei candidati sono così tanti che non basterebbe una lista intera a contenerli.


E di tutti questi nomi che circolano non vi è certezza alcuna, si parlano addosso, qualcuno spolvera metodi, qualche altro chiede un posto in giunta forte della lista che avrebbe già preparato.


E i partiti? Li stanno a guardare tutti, poi sceglieranno il meno peggio, quello che darà certezze di non rottura con il sistema. Perché, diciamolo, è inutile nasconderlo: i partiti svolgono ancora un ruolo fondamentale che è parte integrante di un sistema che si chiama Democrazia.
Ci si può vestire, o travestire, di civismo, per evitare bandiere che danneggerebbero, per creare quella trasversalità che unisce sotto il segno sacro del “Bene per la città”, ma in ogni caso, e lo sanno tutti, a giocare a carte sono i politici di lungo corso, quelli che hanno chiaro il territorio, che negli anni hanno trovato consenso.

Chi si illude che senza i rappresentanti dei partiti si possa costruire la rivoluzione si illude e basta.
Senza dialogare con il Pd, e quindi con l’unico parlamentare regionale dem della provincia, Baldo Gucciardi, non ha capito niente di equilibri e soprattutto di politica. E chi gioca a casaccio perde. Malamente.

Questo vale anche per gli altri rappresentati del territorio che sono parte in causa, dettandone le linee, da Mimmo Turano ad Eleonora Lo Curto a Forza Italia. Al momento, ed è chiaro a molti, lasciano fare, mandano avanti tutti, ma a breve ci si dovrà sedere al tavolo.
E tra le mille e più trattative, con tavole imbandite di soliti volti noti che rimuginano sul nome del candidato, manca la bellezza di un programma.

Perché qui è diventato difficile parlare di programmi, che dovrebbero essere la costante e il denominatore comune di qualunque alleanza, di centro, sinistra, destra, sopra e sotto.

Non è il nome a fare la sintesi ma la visione della città, per il futuro che evidentemente non c’è, altrimenti ci sarebbe anche il nome.
E in questo affannarsi di apparenze, qualcuna anche insopportabile, e di misteri che in politica valgono come le barzellette di Pierino, c’è da chiarire in che misura si è pronti.

Cosa significa? Chiaro: chi è già in grado di parlare di viabilità, decoro urbano, programmazione, edilizia scolastica, piano del traffico, piano del verde, cultura, sicurezza, innovazione, turismo, agricoltura?
Da questi tavoli di giganti è uscita una programmazione? Se dopo mesi la risposta è “no” meglio non cambiare persone ma ribaltare il tavolo.

C’è bisogno di coraggio, di lungimiranza, chi pensa che ancora sia presto non ha capito che Roma non si è costruita in un giorno, ma soprattutto ha già dato dimostrazione che la programmazione non è il suo forte.