Sul bambino trovato morto a Parigi nel carrello di un aereo ecco cosa scrive Il Corriere della Sera:
«Parigi. Il volo Air France AF 703 tra Abidjan, la capitale economica della Costa d’Avorio, e Parigi si è concluso in orario, poco dopo le 6 del mattino, martedì all’aeroporto Charles De Gaulle. Il tempo di fare scendere i passeggeri, e sono cominciati i preparativi per il viaggio in direzione opposta verso il Paese africano. I tecnici si sono avvicinati come al solito al carrello di atterraggio del Boeing 777, ma stavolta, intorno alle 6 e 40, la routine si è interrotta. Nel vano del carrello c’era il cadavere di un bambino. «Si direbbe intorno ai dieci anni», hanno detto le autorità. Non aveva con sé documenti o lettere, per adesso la sua età e il nome sono sconosciuti e forse lo resteranno per sempre. Il bambino è morto per il freddo - a 10 mila metri di quota la temperatura arriva a meno 50 gradi - e per la mancanza di ossigeno, come tanti adolescenti (e qualche adulto) prima di lui, cercando di raggiungere l’Europa da clandestino. È una delle morti più terribili e inevitabili che attendono i migranti pronti a tutto pur di lasciare il loro Paese di origine. Fonti della sicurezza ivoriane fanno notare che l’aeroporto di Abidjan è dotato di controlli speciali per evitare questo tipo di tragedie, e a differenza di un adulto un bambino non può farsi passare per dipendente dello scalo per eluderli. Si sospetta quindi che un complice adulto lo abbia aiutato a passare, magari facendosi pagare, pur sapendo che il tentativo si sarebbe concluso con la morte del bambino».
Già lo scorso luglio il corpo di un uomo che si era intrufolato su un aereo a Nairobi è precipitato nel giardino di una casa londinese durante le fasi d’atterraggio.
«La Costa d’Avorio produce più ricchezza di qualsiasi altra nazione dell’Africa occidentale, ma non è capace di farla colare lungo i gradini della scala sociale e il quaranta per cento dei suoi abitanti conosce la miseria assoluta. Il bambino doveva far parte di quel quaranta per cento. Ma non era un numero. Era un bambino. Lo vedo dilatare gli occhi nella contemplazione degli enormi carrelli che si ritraggono nel grembo degli aerei, una volta spiccato il volo. Lì dentro mi sentirò al sicuro, avrà pensato, mentre aggirava i tiepidi controlli per andare a sistemarsi nella sua bara di gelo. Una follia, ma non aveva esperti con cui confidarsi: solo disperati da cui scappare» scrive invece Gramellini.