Parla e non parla il boss definito dai suoi “Madre Natura”. Non vuole parlare dell’Agenda Rossa di Borsellino. "Lo farò solo quando avrò letto tutte le intercettazioni che riguardano. Fino ad allora non dirò niente". Ha risposto così il boss Giuseppe Graviano, al processo sulla 'ndrangheta stragista a Reggio Calabria.
Le intercettazioni registrate nel 2016 nel carcere di Terni, lo hanno registrato con il compagno di carcere Umberto Adinolfi. "Almeno fino a quando non avrò un computer con il quale poterle ascoltare" in carcere. Nuova scena muta, sul contenuto delle intercettazioni di 4 anni fa, del capomafia di Brancaccio all'udienza sulla 'ndrangheta stragista nel processo che si celebra a Reggio Calabria.
Il boss, collegato in videoconferenza, ha chiesto di potere ascoltare le intercettazioni con Adinolfi. Si tratta di 32 conversazioni tra il boss Giuseppe Graviano e Umberto Adinolfi in cui Graviano parla, tra le altre cose, anche di Silvio Berlusconi. "Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi...", dice Graviano nell'intercettazione registrata dalla Dia. E ancora: "Gli faccio fare la mala vecchiaia... 30 anni fa mi sono seduto con te...".
Ma pur essendo disposto a chiarire di cosa parlava nelle intercettazioni, Graviano le vuole prima ascoltare. Da mesi. Già la volta scorsa il pm Giuseppe Lombardo aveva chiesto al carcere di Terni di occuparsi del computer. Ma ad arrivare sarebbe stato solo un vecchio lettore cd.
"Vittima e capro espiatorio" - Al processo che si sta svolgendo contro la ‘ndrangheta Giuseppe Graviano, non solo non parla ma si ritiene vittima dei pentiti rancorosi nei suoi confronti, Sinacori, Spatuzza, Cangemi. Un complotto nei suoi confronti ben orchestrato e vittima della Procura di Palermo che lo voleva incastrare. Graviano parla da boss ma si ritiene un capro espiatorio, un po’ quello che era l’atteggiamento del capo dei capi Totò Riina. Graviano si ritiene al centro e vittima di grandi interessi, costretto a 26 anni di carcere duro prima di poter dire la sua. In futuro dice che racconterà tutto in un libro che chiamerà “Madre Natura” come il suo soprannome.
Vuole parlare ma poi non ricorda - Parla di don Pino Puglisi, lo definisce buonanima e la stessa cosa di Libero Grassi, per il cui omicidio è stato indagato. Qui respinge le accuse, dicendo che sono solo bugie. Poi annuncia di voler parlare di documenti e fatti riguardanti la strage di Via d’Amelio ma non specifica di cosa si tratta. Stessa cosa riguardo all’omicidio del poliziotto Nino Agostino. Alle domande incalzanti risponde però di non ricordare. Dice di non aver fatto le stragi, di non aver fatto patti né trattative e che le lamentele per il carcere duro le ha fatte a tutti i politici. Per il figlio concepito mentre era al 41 bis parla di una “distrazione" degli agenti di polizia penitenziaria. Aveva detto alla donna di farsi una vita, ma non ne ha voluto sapere, era troppo innamorata dell’uomo che per i giudici è tra coloro che hanno ideato le stragi in Italia.
I Graviano e il loro tesoro di famiglia - Giuseppe Graviano e il fratello maggiore Filippo, boss di Brancaccio sono in carcere dal gennaio 1994. Le loro famiglie, mogli, figli e altri familiari vivono una vita certamente agiata fra Palermo e Roma. Con un tesoro di famiglia ben conservato dai due boss. Filippo Graviano, un segreto sempre sfuggito alle indagini.
La villa in Francia - "Noi compriamo una villa di tanti miliardi, come facciamo a giustificarla?". Si sono affidati ad un insospettabile, un commercialista palermitano Giorgio Puma che alla Dia e rivelò ai pm Michele Prestipino e Maurizio de Lucia che era stato l'avvocato Memi Salvo, il legale dei boss di Brancaccio, a coinvolgerlo. Nel 1996, due anni dopo l'arresto dei boss a Milano. I Graviano organizzano il loro trasferimento e il loro futuro a Nizza. Lì volevano trasferire gran parte del tesoro. « Cerca una grande villa » , insisteva l'avvocato Salvo con Puma. E il commercialista palermitano, soldi alla mano, ripartì per la Francia. La richiesta dei clienti era chiara: «Villa con tre appartamenti indipendenti, immersa in un grande parco, preferibilmente con piscina » . L'ultima raccomandazione del legale al suo collaboratore era stata perentoria: « Tu devi fare come se fossi ricco, miliardario. Per cui, vai lì e compra».
Nessun problema per avere i documenti - Il direttore della banca chiese alla prefettura di Nizza che chiedeva notizie sulle due italiane, le mogli dei Graviano, che stavano prendendo casa sulla Promenade. «Le signore hanno sufficiente denaro per poter vivere tranquillamente» . Dopo circa un mese arrivarono le carte d'identità. Francesca Buttitta e Rosalia Galdi, consorti di Filippo e Giuseppe Graviano, 77 Avenue des frerès Roustan, Residence Port Azur, Le Golf Juan 06, Nizza.
La sorella Nunzia - Ad occuparsi degli affari di famiglia anche in Francia è la sorella Nunzia. Filippo la sollecitava a seguire attentamente il mercato borsistico: «Meglio il televideo di Canale 5 e " Il Sole 24 Ore" » , così la istruiva. Doveva occuparsi delle loro azioni. Nunzia eseguiva, come sempre. Si fece installare Internet nella sua casa di Nizza. Il suo senso della famiglia veniva prima di ogni cosa. Confidò ai fratelli di avere delle simpatie per un medico siriano conosciuto in Costa Azzurra. La risposta di Giuseppe fu severa: «Io sono siciliano, a casa nostra ci sono delle tradizioni, da noi non si usa il divorzio, qualsiasi frequentazione deve essere finalizzata al matrimonio.