di Rossana Titone -
C’è un termine che mi piace, è “disobbedienza”.
Ho sempre pensato che disobbedire significasse alzare lo sguardo e gettarlo lontano, lì dove ti dicevano di non guardare. Prendere il cuore e l’anima e buttarli oltre l’ostacolo più alto.
Tanto ci arrivo, questione di determinazione e tempo.
Disobbedire, non amalgamarsi al sistema delle convenzioni sociali, ribellarsi ai luoghi comuni, non battere la stessa strada di altri ma percorrerne diverse, nuove, mai calpestate, sicuramente ancora non sterrate.
Ebbene per chi è abituato a vedere il bicchiere sempre pieno, oltre la metà, oggi è necessario pensare che obbedire sia l’unica azione possibile.
Obbedire significa rispettare le regole di un decreto che ci vuole salvare la vita, stando a casa (pensateci, non è mai capitato di avere imposto un sacrificio da fare direttamente in pigiama e dalle vostre comodità casalinghe).
Obbedire, significa salvare la vita nostra, delle persone che amiamo, di quanti vogliamo bene.
Passerà questo tempo e torneremo ad essere disobbedienti, quelli che andranno controcorrente e ne faranno una bandiera, un manifesto di vita.
Ma questa vita oggi impone una selezione, forte, drastica, estrema.
Pensate a come sarà bello potersi abbracciare quando tutto sarà finito, come sarà bello potersi accarezzare le guance e i capelli, come sarà emozionante tornare a parlarsi vicini vicini. Sottovoce.
Alle cose che verranno, e che racconteremo, omaggeremo non il tempo del ricordo ma quello delle cose nuove, ripulite da orpelli di superficialità e di irriverenza.
Ci aspettano tempi scremati dall’inutilità della noia e del cinismo.
Se avremo vinto questa battaglia, tutta umana, avremo dato un senso a tutto ciò che facciamo e faremo.