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15/03/2020 06:00:00

Una regia occulta dietro i delitti eccellenti di Cosa nostra in Sicilia

Ci sarebbe una regia occulta dietro ai delitti eccellenti di Cosa Nostra. Mandanti che facevano parte del mondo politico economico e finanziario, che avrebbero avuto un vantaggio dall’eliminazione di Mauro De Mauro, il giornalista de L’Ora di Palermo, scomparso il 16 settembre del 1970. E dall’assassinio di Pietro Scaglione, assassinato il 5 maggio del 1971.

La pensavano così sia il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che il commissario di polizia Boris Giuliano. I rapporti dei due investigatori sono stati desecretati e pubblicati on line dalla Commissione parlamentare Antimafia. Le analisi di Dalla Chiesa e Giuliano sono contenute in alcuni rapporti della polizia giudiziaria di Palermo datati 1971.

Ai primi di maggio del ’71 il Procuratore di Palermo Scaglione cadde vittima di un agguato insieme all’autista Antonino Lo Russo. Il delittto del procuratore Scaglione è il primo delitto ‘eccellente’ compiuto dai mafiosi di Corleone. All’epoca si pensava che la mafia non potesse uccidere magistrati.
Nel mese di maggio Scaglione avrebbe dovuto lasciare Palermo per Lecce dove era stato nominato procuratore generale. A Liggio, divenuto latitante un’altra volta dopo che era scappato dalla clinica romana dove era ricoverato, vennero dati cinque anni di confino ma la Cassazione annullò il provvedimento.
Il 6 maggio si sarebbe dovuto discutere il caso nella 1 sezione del tribunale di Palermo. Proprio alla vigilia di questo nuovo procedimento il procuratore Scaglione venne assassinato.

Quell’omicidio venne raccontato dai giornali dell’epoca come un fatto clamoroso dato che con quel delitto la mafia si era spinta dove non aveva mai osato.
E infatti “La mafia ha osato” è il titolo dell’editoriale de La Stampa di Torino a firma di Michele Tito pubblicato il 6 maggio.
Scrisse il giornalista: “Tutti capiscono che se oggi la mafia ha osato ciò che non era mai stato ritenuto possibile , questo significa che lo Stato registra la propria sconfitta.

È una sconfitta in tutti i casi. Lo è se, come dicono a Palermo, l’alto magistrato ucciso ha pagato per la sua dedizione alla giustizia e la severità nel perseguire senza indulgenze i mafiosi. Lo è se, come dicono a Roma alcuni esponenti della commissione antimafia, c’era un’ombra nel passato del giudice, qualcosa la vittima rappresentava, lo dice l’onorevole Li Causi, per l’equilibrio tra cosche mafiose e nel singolare svolgersi della vicenda di Liggio, il bandito che potè fuggire e scomparire. È comunque una sconfitta assoluta, che né l’ambiente né le pur forti ragioni sociali, economiche e storiche che spiegano lo scandalo della mafia valgono a giustificare. Questa sconfitta lo Stato italiano l’ha voluta”.

Il giornalista del quotidiano torinese accenna a delle ombre nella vita di Scaglione avanzate dall’Antimafia.
Aspetto questo che venne sottolineato anche dal giornalista del quotidiano Il Giorno Guido Nozzali quando scrive: “ E nella storia del Commendator Scaglione non mancano certo capitoli scabrosi e pagine di difficile lettura”.

Il quotidiano Avanti! Fu ancora più chiaro: “con Pietro Scaglione muore un uomo simbolo: il simbolo del legame tra potere statale e potere mafioso. Lo hanno ucciso con la stessa tecnica e la stessa messa in scena con cui l’onorata società eliminava le sue propaggini pericolose: come il medico Navarra anche Scaglione è stato crivellato di colpi nella sua macchina, mentre era convinto di essere al sicuro.

La commissione antimafia ha indagato a lungo ed approfonditamente sul suo conto: fu l’antimafia a documentare in modo inoppugnabile che Scaglione ‘sconsigliò’ in maniera molto autorevole la polizia di arrestare Liggio fuori Palermo, garantendo al ricercato una assurda, ma eloquente impunità”.
Il delitto Scaglione è da ricordare soprattutto come il primo attacco diretto della nuova mafia targata Corleone ad un rappresentante dello Stato. Un grande successo per Liggio, Riina e Provenzano. Erano riusciti a farsi largo a Palermo con tutta la ferocia e la determinazione di cui erano capaci.

Per far calmare le acque e su consiglio di Tano Badalamenti, Liggio si rifugiò a Catania dove venne affidato a Pippo Calderone, capo della ‘famiglia’ di Catania. Il posto di Liggio nel triumvirato( gli altri due boss: Stefano Bontate e Tano Badalamenti) venne preso da Totò Riina che in quegli anni si dedicava ai sequestri di persona per rimpinguare le casse di Cosa Nostra. Vennero così i sequestri di Pino Vassallo ( grazie ai 400 milioni del riscatto si guadagnò le simpatie delle ‘famiglie’ palermitane) e di Luciano Cassina figlio di quell’Arturo Cassina che da imprenditore aveva in appalto la manutenzione della rete stradale di Palermo.

I documenti pubblicati dall’Antimafia per la prima volta sono quattro: un verbale di denuncia del 6 giugno 1971 e i rapporti giudiziari del 20 settembre, 26 ottobre e 15 luglio 1971. Sono delle informative che furono redatte in un momento particolare per la storia di Cosa Nostra, in seguito ad indagini congiunte, da alcuni uffici di Polizia giufdiziaria dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato della città di Palermo e che furono firmate- tra gli altri- proprio da Carlo Alberto Dalla Chiesa e da Boris Giuliano. I materiali sono consultabili on-line. A rendere nota la pubblicazione è il Presidente della Commissione Nicola Morra, mentre il lavoro di desecretazione è curato dal magistrato Roberto Tartaglia.

Nei rapporti si fa riferimento anche a vicende oscure come la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, l’omicidio del Procuratore della Repubblica Pietro Scaglione e del suo autista fino agli inquietanti atti dinamitardi della notte di Capodanno del 1971 eseguiti a Palermo ai danni di vari enti e uffici pubblici: “Fatti questi che appaiono talmente aberranti da far ritenere che si agitino o si occultino a monte degli esecutori materiali grossissimi interessi ai quali non sarebbero estranei ambienti e personaggi legati al mondo politico ed economico-finanziario e che, in forma più o meno occulta, hanno fatto ricorso, dal dopoguerra in poi, a sodalizi di mafia per conseguire iniziali affermazioni nei più svariati settori, per garantire quanto via via acquisito, per speculare sugli ulteriori locupletamenti”.