Signore, la preoccupazione della malattia ha bussato alla mia porta;
mi ha sradicato dalle mie consuetudini,
mi ha trapiantato in un altro mondo: quello della fragilità.
È un'esperienza inaspettata e dura, Signore,
una realtà difficile da accettare.
Eppure mi sta togliendo tante illusioni
e mi fa toccare con mano, più delle parole,
la fragilità e la precarietà della vita.
Scopro cosa vuol dire dipendere,
aver bisogno di tutto e di tutti
e sto imparando ad apprezzare
i mille lavori nascosti e silenziosi
ed essere riconoscente
a chi si adopera per tutti noi con dedizione,
a chi si prende cura dei malati e degli anziani,
a chi ci sorride alla cassa del supermercato
a chi si assume la responsabilità di prendere coraggiose decisioni.
Benedicili!
Sto provando la solitudine
ma anche l'affetto che non si ammala
e le premure di chi mi è vicino pur stando lontano,
ma che non è distaccato.
Mi mancano gli abbracci e le carezze e gli sguardi
di chi è caro al mio cuore.
Donami in questo periodo di clausura
la capacità di riflettere, Signore,
la capacità di individuare il superfluo
e la capacità di cambiare
e di apprezzare ciò che veramente è essenziale.
Sopra ogni cosa infondimi coraggio e fiducia, Signore,
e una fede che non muti in angoscia le mie umane paure.
In Te confido e nella tua pace adagio la mia anima
dove è dolce sapermi accompagnato
dalla Tua amorevole presenza,
dove è rassicurante sapere che più tempestosa è la notte
più radiosa sarà l’alba di domani. Amen.
(Giuseppe La Torre)
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