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01/05/2020 09:27:00

Il Vescovo di Mazara. "A messa con turni e prenotazioni"

 A messa con turni e prenotazioni. E' l'idea lanciata dal Vescovo di Mazara, Domenico Mogavero.

“Se riusciremo a fare entrare di volta in volta in chiesa una cinquantina di persone – ragiona mons. Mogavero – organizzandoci al meglio con i volontari e celebrando anche al pomeriggio, non sarà il massimo ma sempre meglio di nulla. Il punto è non escludere i fedeli, che nessuno sembri privilegiato o escluso e lasciato ai margini. Quindi, pensando anche a raddoppiare le celebrazioni”.

Il vescovo Domenico Mogavero si rivolge al governo che sta dialogando con la Cei per consentire una ripresa dell’attività religiosa nella fase 2: “Io credo che un minimo di discrezionalità a noi vescovi ce la debbano lasciare. Sul posto poi vediamo il da farsi: se ordinariamente si fanno due messe, vediamo di arrivare a quattro. Io sono disposto ad andare in qualsiasi posto ad aiutare qualche sacerdote. E’ vero, non abbiamo tante forze ma se ci organizziamo potremo garantire un numero di celebrazioni per i fedeli che chiedono di essere presenti. Ormai si fa tutto on line. Si faccia anche una prenotazione per la messa e discipliniamo il tutto. Può sembrare artificioso ma chi ci crede penso subisca questo piccolo ‘fastidio’ senza troppe storie”.

Nella fase due, dunque, come sintetizza il vescovo di Mazara del Vallo, il governo “dovrebbe consentirci di fare entrare 50 persone alla volta in chiesa, non meno. Le nostre chiese, per piccole che siano, non creano situazioni di assembramento con quel numero. Se sarà così, ognuno si organizza e farà prenotare on line ai fedeli per potere organizzare i turni. La gente accoglierà anche queste forme che possono sembrare da prenotazione aerea o da acquisti internet, c’è bisogno di tornare a ricevere l’eucaristia”.

In questo lungo periodo di celebrazioni a porte chiuse, al vescovo Mogavero “è mancato il contatto con la gente e la possibilità di celebrare con un’assemblea celebrante perché dire messa davanti ad una telecamera o ad un telefonino non è la stessa cosa. Il cuore si inaridisce e quelle parole che uno dice di omelia – non è che siamo abituati come chi legge il telegiornale ed è soddisfatto davanti ad un occhio elettronico – hanno bisogno del riscontro col popolo di Dio. Noi abbiamo bisogno della gente, di dialogare e di vedere nelle facce se ci stiamo intendendo o se facciamo discorsi che non interessano a nessuno”.