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02/05/2020 10:20:00

Come saremo? Una riflessione sulla cultura di domani

Come saremo?

Vivo come molti di noi una dimensione ovattata, “disturbata” da qualche fila per spesa farmacia o altro e poco più. Dal 7 marzo più o meno ho adattato la mia vita a qualcosa che non avrei mai pensato ovvero a stare. Ad avere un tempo dilatato, e essendomi abituato negli ultimi anni a correre come il coniglio di Alice nel paese delle meraviglie e come motto, non c’è tempo non c’è tempo, allora ho accettato la sfida: siamo animali che si abituano al cambiamento, e se all’inizio ogni giorno alle 18:00 succedeva qualcosa al balcone, poi abbiamo capito che la cosa non sarebbe stata breve. E allora letture, panico da convivenza, le prime fotografie con le nostre città deserte, film da riscoprire, cantine da riordinare stanze studio insopportabili da vedere in quelle condizioni e allora si è fatto avanti in tutti noi o quasi il sentore che vivessimo una condizione di troppo. Eravamo, siamo circondati di troppo.

Troppi appunti, troppo libri (forse), troppi vestiti scarpe troppo di tutto, nel mentre le settimane corrono e il dibattito se ci ledono o meno le libertà costituzionali francamente mi affascina poco in una condizione in cui l’Italia ad oggi ha perso oltre 26.000 donne uomini per causa di un virus gestito forse maldestramente da qualche parte.

E sempre in questa condizione di sospensione ho iniziato a immaginare scenari su come vivremo tra un po’ - saremo diversi, nulla sarà come prima e via con queste frasi poi però se cambiamento radicale ci deve essere - perché questo ci hanno narrato - osservo che ci stiamo preparando al 4 maggio esattamente come eravamo il 4 marzo, con qualche distanza in più mascherine guanti. Forse è troppo poco, e non intendo in termini di sicurezza per tutti noi, non ne ho le competenze; dico che forse è troppo poco per la lezione che il mondo tutto sta vivendo, dobbiamo rallentare da qualche parte. Qualche giorno addietro sono stato ospite in una rubrica di un quotidiano di un programma in radio “Seguirà rinfresco” (la terza pagina del Volatore) e alla domanda come riprenderemo, come sarà il Festival poi, non solo non ho saputo rispondere ma la domanda che mi ronza in testa da giorni è: siamo pronti a uscire? Abbiamo la serenità di ripartire con questa cosa subdola che gira per l’aria? Abbiamo una economia in ginocchio, tutta. Io vivo di cultura di economia della cultura e l’aria che sento è da dopoguerra (credetemi detesto questi termini, ma purtroppo questa è la situazione) e dovendo ripartire faccio miei i pensieri di Salvatore Settis di domenica scorsa sul Faro di Treccani che cita l’articolo 9 della nostra Costituzione «La Repubblica promuove la cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

Fu scritto questo e gli altri articoli con una nazione letteralmente lacerata, distrutta nelle costruzioni e nello spirito ma proprio da dove ripartirono poi grandi paesi europei come la Germania dopo la Prima guerra mondiale e la Spagna dopo la guerra civile che misero la Cultura al centro dei loro programmi di rinascita, così i nostri Padri Costituenti ( a proposito Marsala ne vanta uno, l’Onorevole De Vita) posero l’accento, ed è una pietra angolare.

Il Pil è fondamentale, lo spread anche, la liquidità per le aziende tutte è vitale per risalire sull’orlo dell’abisso in cui nostro malgrado siamo finiti. Per molto tempo vivremo tra la rete e il reale, per molto tempo ho come l’impressione che la nostra quotidianità sarà segnata da una diffidenza neanche tanto latente tra le persone, e allora propongo di puntare nell’immediato su poche cose - prima che si possa tornare alla normalità - puntiamo a ripartire elevando alla massima potenza la nostra storia, il nostro enorme potenziale di cultura. Siamo l’Italia, giochiamoci questa carta bene investendo risorse serie sul futuro, ripartiamo dalla Scuola restituendo centralità alla formazione. Ripartiamo dalle biblioteche facendole diventare piazze di scambio e rinnovando la loro funzione primigenia. Ripartiamo dal fare rete tutti, perché credo l’avremo compreso da soli non ce la faremo. La politica dovrà essere supportata in questo dal privato e il privato dalla politica in un patto di mutuo scambio. rinascere e ripartire solidalmente. Il Teatro avrà senso se tornerà ad avere il suo pubblico, un Festival se riavrà il suo pubblico di prossimità, i Musei e le mostre se torneranno a stupirci per bellezza e idee, e allora facciamo leva sulle idee e su come poter tornare a occupare in sicurezza questi spazi. Non possiamo vivere nel silenzio irreale e nell’attesa, ripartiamo con proposte e idee localmente che possano innestarsi anche e sopratutto nell’economia di una comunità.

Queste righe nascono dall’ascolto di una canzone dei Rolling Stones Living in A Ghost Town, è la colonna sonora per voi che leggerete questo, con l’auspicio consapevole che resti ricordo vivo quanto stiamo vivendo e per una volta affidiamoci alla visione distaccata degli artisti che scevri da condizionamenti o altro, spesso hanno visioni che si rivelano profetiche. Andiamo oltre e proponiamo idee concrete per rinascere insieme.

Giuseppe Prode, direttore 38° parallelo tra libri e cantine