Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
07/05/2020 08:03:00

In Italia il coronavirus sta perdendo forza

 “Stiamo osservando che il virus perde potenza. Evolve, ma perde contagiosità e, probabilmente, letalità”. Sono parole di speranza quelle pronunciate davanti alla Commissione Sanità del Senato da Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Un parere condiviso da numerosi esperti. Come Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al San Martino di Genova: “A marzo questo virus era uno tsunami, ora è diventato un’ondina. Forse è perché ha già colpito i soggetti più fragili, facendo una selezione naturale, o forse si è depotenziato”.

E Francesco Le Foche, primario di Immuno-infettivologia al Day hospital dell’Umberto I di Roma: “Oggi vediamo sindromi meno importanti dal punto di vista clinico. Potrebbe essere dovuto a una riduzione della potenza del virus, ma i progressi non devono far pensare a tana libera tutti”». Sono dichiarazioni riportate dal Corriere della Sera. 

Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Bergamo: "Non dobbiamo farci prendere dal panico. Le pandemie passano, anche quelle più gravi, e una volta che la curva inizia a decrescere è difficile che quella curva torni a salire in modo drammatico, specie quando un paese ha compreso, a tutti i livelli, l’entità della sfida. Non so se è il virus a essere mutato o se a essere cambiata è la carica virale di ogni paziente ma posso dire che sembra di essere di fronte a una malattia molto diversa da quella che ha messo in crisi le nostre strutture all’inizio della pandemia: oggi su tre pazienti che arrivano, uno viene ricoverato e due vengono curati a casa; fino a qualche settimana fa la stragrande maggioranza dei pazienti che arrivava aveva difficoltà respiratorie".