Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
12/05/2020 07:59:00

Mafia a Marsala, verso la conclusione l'appello per l'abbreviato di Visir

Si avvia verso la sentenza, davanti la Corte d’appello di Palermo, il processo di secondo grado ai dieci presunti mafiosi marsalesi coinvolti nell’operazione dei carabinieri “Visir” (14 arresti il 10 maggio 2017) che l’11 luglio 2018, in abbreviato, sono stati condannati a quasi 115 anni di carcere dal gup di Palermo Nicola Aiello.

Nel processo, stanno per concludersi le arringhe degli avvocati difensori. Gli ultimi ad intervenire sono stati Luigi Pipitone, Pietro Riggi e Daniela Ferrari, che in sintesi hanno sostenuto: “Dalle conversazioni telefoniche intercettate emergono dinamiche attinenti a rapporti di lavoro e professionali, non dinamiche mafiose. Crediamo, quindi, che ci sia stata una interpretazione errata delle frasi intercettate”.

Nel luglio 2018, la pena più severa (16 anni di carcere) fu quella decretata per il nuovo presunto “reggente” della cosca marsalese: Vito Vincenzo Rallo, 60 anni, pastore, (nella foto) già tre condanne definitive per mafia sulle spalle per una quindicina d’anni di reclusione. Quattordici anni, invece, sono stati inflitti a uno dei due “colonnelli” della cosca: Nicolò Sfraga, 53 anni, considerato il “braccio destro” di Rallo. Per l’altro presunto “braccio” operativo, Vincenzo D’Aguanno, di 59, il gup ha decretato 12 anni e 8 mesi. A 12 anni ciascuno, invece, sono stati condannati Michele Lombardo, di 58, imprenditore, Simone Licari, di 61, con precedenti per fatti di droga, e Ignazio Lombardo, detto “il capitano”, di 49 anni, nipote (e per un certo periodo, pare, anche suo sostituto) dell’anziano “uomo d’onore” Antonino Bonafede. Dieci anni e 8 mesi, poi, per Giuseppe Giovanni Gentile, detto “testa liscia”, di 46 anni, dieci anni per Aleandro Rallo, di 27, nipote del boss Vito Vincenzo, nove anni per Calogero D’Antoni, di 38, e cinque anni e 4 mesi per Massimo Salvatore Giglio, di 44. Quest’ultimo condannato per concorso in associazione mafiosa e favoreggiamento. Adesso, l’avvocato Luigi Pipitone è intervenuto per Simone Licari e Michele Lombardo (per quest’ultimo anche Pietro Riggi), mentre Daniela Ferrari lo ha fatto per Nicolò Sfraga. Hanno già effettuato le loro arringhe gli avvocati Paolo Paladino (per Rallo e Lombardo) e Giuseppe Oddo. Il prossimo 28 maggio, dopo l’ultimo intervento difensivo (Raffaele Bonsignore), potrebbe essere emessa la sentenza. Il Pg ha chiesto la conferma delle condanne emesse in primo grado. L’inchiesta “Visir” è nata nell’ambito di quella più complessiva che mira a catturare il superlatitante Matteo Messina Denaro. I reati contestati, a vario titolo, ai 14 arrestati del maggio 2017 sono associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi e altri reati aggravati dalle finalità mafiose. Le indagini hanno delineato i nuovi assetti e le gerarchie della cosca di Marsala. E alla luce sono venute anche alcune tensioni interne sull’asse Strasatti-Petrosino (che stavano per sfociare in gravi fatti di sangue) per la spartizione delle risorse finanziarie derivanti dalle attività illecite. Tensioni che all’inizio del 2015 hanno visto l’intervento di Matteo Messina Denaro, che ha imposto la pace facendo intendere che altrimenti sarebbe sceso lui in campo con il suo “esercito”.

Nel processo, sono parti civili Sicindustria e Associazione antiracket e antiusura Trapani, rappresentate dall’avvocato Giuseppe Novara, l’Associazione antimafie e antiracket “La Verità Vive” di Marsala, il cui legale è Giuseppe Gandolfo, l’Associazione Antiracket Alcamese (legale Davide Bambina) e il Centro “Pio La Torre” di Palermo (legale Ettore Barcellona). Per loro il gup Aiello ha disposto il risarcimento danni, rinviando però la quantificazione economica al giudice civile.