La Regione Lombardia sta aggiustando i dati sul coronavirus per paura di un altro stop? Ne è convinto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, organizzazione indipendente che si occupa di studi e formazione in ambito sanitario.
«C’è il ragionevole sospetto che sia così, anche perché in Lombardia si sono verificate troppe stranezze sui dati nel corso di questi tre mesi», ha detto Cartabellotta a 24 Mattino su Radio24.
Le stranezze riguardano «soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti andando ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti; alternanze e ritardi nella comunicazione dei dati, cosa che poteva essere giustificata nella fase dell’emergenza quando c’erano moltissimi casi ma molto meno ora. Eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase 2. È come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati».
Come risposta, la Regione ha annunciato una querela. Più in generale, nello studio sul post-lockdown la Fondazione Gimbe sostiene che Lombardia, Liguria e Piemonte non sono pronte alla riapertura dei confini prevista per il 3 giugno perché, pur facendo un numero limitato di tamponi, hanno la percentuale più elevata di test positivi e il maggior incremento di nuovi casi rispetto alle altre regioni. L’incidenza per 100 mila abitanti, quando la media nazionale è 32, in Lombardia è di 96, in Liguria di 76 e in Piemonte di 63.
«I dati delle Regioni non sono attendibili e quindi non possono essere di aiuto alle decisioni della politica. Secondo Walter Ricciardi, consulente del ministero alla Salute, il 3 giugno è troppo presto per riaprire i confini. Un via libera in queste condizioni “esporrebbe a rischi”. In più, la situazione in Lombardia è preoccupante» scrive Repubblica.