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29/05/2020 06:51:00

I processi a Michele Licata, tra misure di prevenzione ed evasione fiscale 

 In relazione al caso dell’imprenditore marsalese Michele Licata, del quale abbiamo parlato ieri su Tp24, dobbiamo precisare che l’udienza che mercoledì scorso ha visto la Corte d’appello di Palermo rinviare al 12 ottobre per “diversa composizione del collegio giudicante” non era relativa al processo penale che il 2 dicembre 2016, in abbreviato, ha visto Licata condannato in primo grado dal gup di Marsala Riccardo Alcamo per evasione fiscale e truffa allo Stato (con patteggiamento delle figlie Clara Maria e Valentina), bensì il procedimento relativo alle misure di prevenzione patrimoniali. E cioè quello relativo al sequestro, operato nel 2015, dei beni dell’imprenditore a lungo leader del settore alberghiero nel territorio.

Il maxi-sequestro (beni per circa 127 milioni di euro), disposto su richiesta dell’allora procuratore di Marsala Alberto Di Pisa (pm è Antonella Trainito), fu la più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale” a livello nazionale. Lo scorso anno, su istanza della difesa (tra i legali, gli avvocati Carlo Ferracane e Salvatore Pino), una parte di questi beni era stata dissequestrata, ma poi, su ricorso della Procura di Trapani, il dissequestro fu sospeso. In ottobre, dunque, accusa e difesa riprenderanno a discutere sulla questione. Nel tentativo, da parte dei legali, di far restituire all’imprenditore quantomeno una parte (se non tutto) il complesso dei ristoranti e degli alberghi attualmente in amministrazione giudiziaria.

Qualche tempo fa su Tp24 abbiamo raccontato in una lunga e approfondita inchiesta a puntate il modo di funzionamento di quello che appare come un vero e proprio sistema criminale (qui la sesta puntata, con l'elenco delle precedenti). 

Confessando l'evasione fiscale, Licata dichiarò: “Sono disponibile a pagare per i reati da me commessi, per le irregolarità fiscali che saranno accertate e anche per riparare il danno da me causato”.