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09/06/2020 06:00:00

Psicologi, farmacisti e biologi protestano anche in Sicilia per avere un tirocinio abilitante

 Manifestazioni un po’ ovunque in Italia. Da Roma davanti a Palazzo Chigi, a Milano in piazza Duomo, Catania, Torino e ieri anche a Palermo in piazza Massimo.

Protagonisti della protesta i laureati in Psicologia, Farmacia e Biologia, candidati all’imminente esame di Stato per l’abilitazione alla professione.

Stanno protestando perché non si sentono tutelati dalle Istituzioni, prima tra tutte il Ministero dell’Università e della Ricerca.

Non vogliono l'abolizione dell'esame di stato, come qualche giornale ha scritto sbrigativamente e disinformando.

Le tre categorie professionali chiedono invece che il tirocinio abbia valore abilitante.

Un passo indietro per meglio capire.

Per ottenere l’abilitazione ad esercitare la professione è necessario superare un esame di Stato che si tiene due volte l’anno: la prima sessione a Giugno e la seconda nel mese di Novembre.

Un esame piuttosto complesso che si articola in quattro prove, per la durata di diversi mesi.

Una sorta di corsa ad ostacoli.

Per accedere alla prova successiva è necessario il superamento di quella precedente.

Ma quest’anno c’è stata la grossa novità dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di COVID-19, che ha sconvolto tutto.

Per lo svolgimento di tali esami, in questi mesi sono state prese diverse decisioni politiche.

Sempre però in assenza di una consultazione con le categorie interessate.

Questa la sequenza cronologica degli avvenimenti.

Il 25 Marzo 2020 il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), massima espressione della rappresentanza studentesca universitaria e organo politico e ministeriale, redige un documento nel quale si richiede al Ministero dell’Università della Ricerca di legiferare in merito agli esami di abilitazione alla professione.

Tale documento si era reso necessario in quanto a meno di 2 mesi dal loro inizio non erano state date disposizioni in merito agli stessi da parte del Ministero.

L’ 8 Aprile 2020 viene approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto “Decreto Scuola” (n. 22/2020).

Dove, finalmente e per la prima volta, dopo più di un mese dall’inizio dell’emergenza sanitaria, viene affrontato il problema degli esami di abilitazione.

Nello specifico, all’articolo 6, si fa riferimento alla possibilità, da parte del Ministero dell’Università e della Ricerca, d’individuare modalità di svolgimento alternative a quello finora vigente, comprese le modalità a distanza, in remoto.

Il 24 Aprile 2020 con il DM n. 38/2020 il Ministro Manfredi fa differire i termini della prima sessione degli esami di Stato, dal 16 di Giugno al 16 di Luglio.

Dopo cinque giorni, precisamente il 29 Aprile viene approvato e pubblicato il DM n. 57/2020, con il quale, sempre il Ministro Manfredi, in deroga alle disposizioni normative vigenti, convoglia l’Esame di Stato di abilitazione all’esercizio delle professioni - per la prima sessione dell’anno 2020 - in un’unica prova orale, da svolgersi in modalità a distanza, omnicomprensiva di tutte le materie previste dall’Esame di Stato canonico.

Nel prendere tale decisione, Manfredi consulta gli Ordini professionali per chiedere il loro parere: questi ultimi accordano il proprio consenso come riportato nella sezione iniziale dello stesso DM.

Gli Ordini, dunque, esprimono tale parere senza considerare le richieste che il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari aveva sottoposto all’ attenzione degli organi competenti.

Niente. Come parlare al vento. Ignorati per oltre 2 mesi.

Tutte le richieste dei neo laureati disattese e rimpallate da un organo all’altro nel silenzio più assordante.

A questo punto farmacisti, psicologi e biologi hanno capito che occorreva unirsi sotto un’unica bandiera.

Hanno raccontato la loro paradossale vicenda in un lungo documento che si è via via ingarbugliata creando, sostengono i futuri professionisti, solo confusione e incertezza.

Tre le questioni sollevate che riguardano tempi, modi e necessità degli esami di abilitazione. 

Intanto, che l’Esame di Stato venga tramutato nel riconoscimento del tirocinio professionalizzante, così com’è accaduto per i laureati in Medicina, grazie al DL Cura Italia nello scorso mese di Marzo.

Una richiesta è più che legittima, essendo la loro una professione sanitaria, ben sapendo che l’abolizione degli esami di abilitazione risulterebbe anticostituzionale (Art. 33 comma 5.

Tutto sembrava filare per il verso giusto. Sul piano politico, sia da parte della maggioranza, sia da quella della opposizione tutto sembrava procedere ricorrendo ad emendamento nella 7^ Commissione 7° del Senato (Istruzione, beni culturali) con il quale si riconosce che l’abilitazione alle professioni di cui si parla avvenga per mezzo della valutazione dei tirocini professionalizzanti.

Ma per certa politica, quando tutto sembra essere risolto, lo sgambetto è sempre dietro l’angolo.

L’ emendamento, a sorpresa, viene ritirato dai senatori che lo avevano proposto (Gruppo Lega-Salvini Premier-Partito Sardo d'Azione).

“Sarebbe sicuramente stato bocciato dalla maggioranza” dicono come giustificazione. Meglio trasformarlo in “Ordine del Giorno” da discutersi in aula.

Peccato però che nemmeno l’ordine del giorno andrà in aula.

I lavori parlamentari procederanno con un maxi-emendamento, e dell’emendamento promesso, nemmeno l’ombra, smarrito tra gli scranni del Senato.

Un cinico giochetto consumato sulla pelle di tanti giovani laureati, a cui spesso viene retoricamente ripetuto che il futuro è nelle loro mani, ma, quando si presenta l’occasione per dimostralo concretamente, tutti Ponzio Pilato!

E, come se non bastasse nel frattempo sono arrivati i primi bandi delle università.

Nei quali, udite udite, viene specificato che, nel caso le connessioni internet saltassero durante il colloquio d’esame, tutto dipenderà dalla volontà delle commissioni esaminatrici e la decisione di una eventuale bocciatura.

Non solo. Ma se ci dovesse essere una bocciatura per tale motivo, la tassa di iscrizione non verrebbe rimborsata. Cornuti e mazziati, insomma!

Il colloquio telematico ha un costo non indifferente. In alcune sedi universitarie si superano i 400 euro . Una cifra notevole, in un momento di crisi economica.

Da un estremo all’altro.

Da un esame che normalmente si svolge in più di 3 mesi, con prove intervallate da finestre temporali di più settimane, adesso tutto accorpato e svolto in un colloquio telematico di cui non si conoscono nemmeno le tempistiche.

Siamo sicuri che non si creeranno disuguaglianze tra i candidati? Si troveranno nelle stesse condizioni di parità quelli che sosterranno l’esame nella prima settimana e gli altri che invece verranno esaminati alcune settimane dopo? Si chiedono questi giovani aspiranti professionisti.

Intanto il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari è ritornato a chiedere al Miur di “analizzare a valutare immediatamente la possibilità di effettuare una revisione della procedura di abilitazione per i corsi di laurea che prevedono già un percorso con tirocinio abilitante”.

Ad oggi, nessuna risposta è arrivata, nemmeno dal ministro. Si prevede una lunga lotta, anche sul piano legale.

Franco Ciro Lo Re