"Il Coronavirus è comparso tra il 6 ottobre e l′11 dicembre 2019: i dati sull’epidemia sono sbagliati e i modelli matematici hanno fallito” è quanto afferma il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, sul suo profilo Facebook, ricordando che “Oggi è il fatidico 8 giugno, quello che se non stavamo attenti avremmo avuto 151.000 malati in terapia intensiva”. Il virologo si scaglia contro i modelli matematici in base ai quali si sono decise le misure restrittive anti-Covid bollandoli come “inadeguati a prevedere l’andamento reale dell’epidemia”.
“Oggi è il fatidico 8 giugno, quello che se non stavamo attenti avremmo avuto 151.000 malati in terapia intensiva (invece sono 286). E dopo 34 e 20 giorni dalle ‘aperture’ di maggio non c’è alcun segno di quel ritorno della pandemia che certi esperti davano per scontato. Questo ultimo punto è importante e deve essere ricordato con chiarezza” ha scritto Silvestri sul suo post. “Infatti, prima del 4/5, questi esperti, basandosi su modelli matematici, hanno detto al Paese: ‘Sappiate che non appena si riapre i casi sicuramente saliranno – di poco se riapriamo un po’, e tantissimo se riapriamo molto’. In altre parole: ci aspettava un disastro. Mentre altri esperti hanno detto: ‘Il virus dovrebbe avere andamento stagionale, non c’è motivo di temere una catastrofe estiva’.
“Le cose sono andate come sappiamo – continua Silvestri – e questo mostra come questi modelli siano stati inadeguati a prevedere l’andamento reale dell’epidemia. Senza fare polemiche (perché ognuno fa del suo meglio), credo sia giusto verso i cittadini italiani – che per mesi hanno compiuto sacrifici durissimi – ammettere questo fatto e promettere che tali modelli non saranno più usati per prendere decisioni politiche (ad esempio per le scuole)”. Il virologo, poi, illustra alcuni dati inerenti gli Stati della Georgia e della Florida, i quali, a suo avviso dimostrano “come i modelli epidemiologici che al contempo (i) postulano un massiccio effetto positivo dei “lockdowns” e (ii) non tengono conto del fattore climatico-stagionale, non spiegano l’andamento della pandemia in modo universalmente valido, e come tali non dovrebbero essere usati per guidare le scelte della politica”.
Infine, cita uno studio dei ricercatori della Francois Balloux all’Istituto di Genetica di University College of London basato su una “complessa analisi di 7666 sequenze di SARS-CoV-2 provenienti da numerosi paesi di varie aree geografiche e raccolte fino al 20 aprile scorso” che “arriva a due importanti conclusioni” secondo Guido Silvestri. “La prima è che l’origine temporale del virus può essere stimata tra il 6 ottobre ed il 11 dicembre 2019 (quindi ben prima dei cosiddetti “primi casi” del mercato di Wuhan di fine dicembre 2019). Le implicazioni di questa nuova datazione sarebbero enormi, in quanto si dimostrerebbe quello che molti sospettano da tempo, cioè che i numeri e le curve epidemiologiche di COVID-19 in Cina fornite il 10 marzo 2020 da Zunyou Wu a CROI, WHO, e CDC sono sbagliati (e probabilmente di molto, su questo torneremo in futuro). Ricordo che sui numeri ‘cinesi’ si sono basati sia il famoso modello Ferguson/Imperial del 16 marzo 2020 che i tre modelli pubblicati su Science tra aprile e maggio 2020. Modelli che, come sappiamo, formano l’impalcatura scientifico-epidemiologica dell’argomento politico in favore dei ‘lockdowns’, delle ‘travel restrictions’, e delle chiusure delle scuole. Non esattamente un dettaglio, direi”.
“La seconda conclusione è che l’evoluzione di SARS-CoV-2 nelle diverse parti del mondo è caratterizzata da alti livelli di omoplasia. Ricordo che l’omoplasia (homoplasy) è il fenomeno per cui un virus muta in modo ‘indipendentemente simile’ in diverse aree geografiche, e senza avere un progenitore comune. L’articolo è molto tecnico, e magari è per questo che è stato discusso poco, chissà. Ad ogni modo la presenza di omoplasia così marcata (pensate che è stata trovata anche in Islanda, dove in tutto ci sono stati 1.800 casi e 10 morti) ed in così breve tempo porta evidenza scientifica — indiretta ma solidissima – a favore dell’ipotesi di un rapido, progressivo e convergente adattamento di SARS-CoV-2 all’ospite umano. Siccome i dati globali sulla letalità cruda di COVID-19 indicano che questa diminuisce col tempo in ogni sito epidemico, e siccome la maggior parte degli adattamenti virus-host vanno nella direzione di una ridotta patogenicità, solo degli analfabeti della virologia possono tacciare di ‘pseudo-scienza’ l’ipotesi secondo cui tale robusto pattern di mutazioni omoplasiche possa risultare in un fenotipo virale a virulenza attenuata”.
Fonte: tpi.it