Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
14/06/2020 00:00:00

Processo Messina Denaro, il pm: "Il suo consenso fondamentale nelle stragi"

 “Il consenso di Messina Denaro e’ fondamentale, senza di questo Riina non avrebbe mai potuto ordinare le Stragi del 92′ e l’attacco allo Stato”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci, durante la requisitoria in corso davanti la corte d’Assise, in cui Matteo Messina Denaro e’ accusato di essere il mandante delle Stragi del 1992: ruolo determinante quello del latitante originario di Castelvetrano nelle due bombe di Capaci e via d’Amelio.

“In fin dei conti si potrebbe dire che Riina si muoveva come un treno, avessero detto di no nel trapanese, sarebbe andato avanti lo stesso. Ma andiamo al contrario, cosa poteva succedere in caso di dissenso dei trapanesi? Se non avessero avallato la strategia di Riina, quale sarebbe stato il risultato del dissenso? Nessuno sarebbe potuto andare latitante a Mazara del Vallo, dopo le Stragi non avrebbero potuto contare sui contatti con la massoneria e probabilmente avrebbero perso decine di case e immobili acquistati negli anni ottanta”, ha detto il pm, dopo aver ricostruito i contributi dei trapanesi all’ascesa di Toto’ Riina all’interno di Cosa Nostra.

Nell’atto di accusa il procuratore aggiunto ha ricostruito gli equilibri all’interno della mafia di Trapani, che fino agli anni novanta era stata identificata con don Ciccio Messina Denaro, padre di Matteo, e Mariano Agate. Entrambi pero’, in prossimita’ delle Stragi si sfilarono dalle riunioni determinanti. Comprese quelle del settembre-ottobre 1991 alle quali avrebbe invece partecipato il figlio Matteo. “Il collaboratore Vincenzo Sinacori (boss di Mazara del Vallo, latitante nei primi anni novanta assieme all’erede di don Ciccio ndr) racconto’ che la forza di Riina era tale che non dovevi dire “si”, ma dovevi essere convinto nel dirlo, perche’ se cosi’ non era, rischiavi di essere ucciso e non tornare a casa”, ha detto Paci; aggiungendo che “i trapanesi hanno fatto le loro fortune grazie a Riina, ma lui deve tutto ai trapanesi, basta pensare che nelle gare d’appalto i mazaresi arrivano sempre al risultato”.